DIVERSIFICARE FA CRESCERE L'ECONOMIA

Le ingenti risorse finanziarie delle compagnie sono pronte per essere destinate alle Pmi. Ma il ricorso agli investimenti alternativi è frenato da fattori culturali, oltre che dalla mancanza di un coordinamento da parte dello stato. Nel corso di un convegno organizzato dal network Gmg - Italrevi è stata proposta l'idea di istituire un tavolo tecnico ad hoc presso il Mise

DIVERSIFICARE FA CRESCERE L'ECONOMIA
È giunta l’occasione, per le assicurazioni, di sostenere l’economia reale finanziando le imprese. Le riserve tecniche hanno raggiunto un’incidenza sul Pil del 38,5%: una risorsa importante che, a oggi, viene ancora investita per il 44% in titoli di Stato e, per il 19,2%, in obbligazioni. Ma è una somma che sarebbe utile destinare in impieghi alternativi, come gli stessi orientamenti nazionali e internazionali, suggeriscono. 
Sul tema si sono confrontati imprese, regolatore ed esperti, riuniti a Roma in un convegno organizzato dal Network Gmg - ItalRevi e Fondazione Lab Pa sulle riserve tecniche come investimento per l’economia. Punto di partenza l’idea che una parte di queste riserve vada a rimpolpare i bilanci delle Pmi. Le assicurazioni, infatti, sono un comparto sano che ha bisogno di diversificare gli investimenti, migliorare i rendimenti, monitorare i rischi e indirizzare risorse verso scelte che consentano la crescita del Paese, come spiega Roberto Piccinini, presidente della Fondaziona Lab-Pa e della società di revisione ItalRevi. 
Tra le alternative, spicca il private equity che può favorire la ricapitalizzazione delle imprese e affiancare le compagnie nella gestione ottimizzata delle risorse finanziarie, in quello che sarà “il circolo virtuoso dei prossimi anni”, afferma Piccinini.


IL FRENO CULTURALE

Tuttavia, permane ancora una resistenza degli imprenditori nell’accettare il controllo da parte delle assicurazioni. Secondo Piccinini “siamo di fronte a un problema di cultura” a cui si aggiunge una classe dirigente non adeguata. Da qui emerge la necessità di un coordinamento, da parte del Mise, degli strumenti a disposizione, “attraverso un tavolo tecnico efficiente, rapido ed operativo”. Su questo punto concorda anche il sottosegretario Mise, Antonio Gentile, che si dichiara disponibile a “un documento di indirizzo e pianificazione strategica a supporto del rilancio e della crescita”, auspicando anche il supporto di Ania e Ivass.





UN MERCATO PIÙ TRASPARENTE

Chiamata in causa, l’associazione degli assicuratori evidenzia che, dal 2013, il comparto ha incrementato le scelte alternative, pur ribadendo che investire nelle Pmi non significa fare credito: “un ruolo – afferma Dario Focarelli, direttore generale dell’Ania – che resta delle banche”. Serve, quindi, una forma mediata, attraverso fondi, mini bond, private placement e soprattutto cartolarizzazione che, secondo il dirigente, può essere lo strumento più idoneo, nonostante attualmente il mercato non sia trasparente e presenti forti asimmetrie informative. In sintesi, spiega Focarelli, serve “un salto di mentalità nelle compagnie, che sta già avvenendo, ma anche un approccio garante da parte del settore pubblico, una politica fiscale che incentivi e una maggiore trasparenza, anche in termini regolamentari”. 





OPPORTUNITÀ DA SOLVENCY II

Su una chiara logica di mercato e sul ruolo del pubblico concorda il regolatore, che sottolinea l’impulso dato dalla direttiva europea. “Solvency II – sottolinea Stefano De Polis, segretario generale dell’Ivass – ha dato un’ampia varietà di investimenti, purché le compagnie siano in grado di gestire i rischi”. E anche in ambito nazionale, è stata introdotta la possibilità per le compagnie di concedere finanziamenti alle imprese, a cui si è aggiunto un trattamento più favorevole per gli investimenti in infrastrutture di alta qualità. “Tutto ciò, a oggi, è stato poco percorso a causa di fattori di resistenza esogeni ed endogeni: in particolare, la debole congiuntura economica”. 
Un’occasione può arrivare dalla revisione della formula standard, che mira a rimuovere gli ostacoli allo sviluppo di investimenti a lungo termine, così come dall’Unione dei mercati di capitale. “Molte imprese – conferma De Polis – si stanno orientando verso forme di private placement”. Ma anche i Pir sono importanti “per far confluire capitali freschi verso l’economia reale grazie a un abbassamento della tassazione”; infine, la costituzione di appositi fondi dedicati alle assicurazioni “genererebbe indubbie sinergie tra i due comparti, anche per favorire il flusso di risorse verso il sistema produttivo”. 





TRE OSTACOLI

Sono tre i fattori che frenano le assicurazioni nel ricorso agli alternative, spiega Edoardo Palmisani, principal di The Boston Consulting Group: l’assorbimento di capitale, il limite culturale e la difficile rinuncia alle plusvalenze dei titoli di Stato. “Tuttavia crediamo molto nel futuro incremento degli investimenti alternativi: se ci fossero più progetti imprenditoriali da finanziare, le assicurazioni sarebbero pronte a farlo”.
I presupposti, dunque, sono buoni. “L’Italia – osserva Ruggero Battisti, socio di Gmg – è pronta e guarda al private equity anche se non in tutti i comparti”. Soltanto sul private debt, spiega, ci sono 298 operazioni possibili. “Lo spazio esiste: i rendimenti sono buoni e i fondi sono ormai strutture attente e regolamentate. È necessario dunque – conclude – riservare liquidità alle imprese che ne hanno bisogno, e al Paese”. 

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