LA MOBILITA' DEL FUTURO

Lo sviluppo delle tecnologie connesse e la capillare diffusione delle driverless car potrebbero incidere fortemente sui nostri spostamenti, semplificando la nostra vita ma aprendo le porte a nuovi rischi. Ne ha parlato il Professor Carlo Ratti, ospitato da Unipol per la presentazione del web-magazine Changes

LA MOBILITA' DEL FUTURO
Immaginate di dover andare da qualche parte con la vostra auto. Per prima cosa prenderete in mano lo smarthphone e aprirete l’apposita App per chiamarla. Dopo che sarà arrivata a prendervi sotto casa, potrete accomodarvi: magari vi capiterà di appisolarvi, fino a quando una voce non vi chiamerà per nome, avvisandovi di essere giunti a destinazione. 
Questa potrebbe essere una scena di vita quotidiana in una città del ventunesimo secolo. Città in cui le auto senza pilota potrebbero ridefinire le aree urbane, “rimettendo al centro l’uomo”. È quello che immaginano alcuni studiosi, come Carlo Ratti, architetto, ingegnere e docente presso il celebre Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, dove dirige il Mit Senseable City Lab. Ospite di Unipol, lo scorso novembre a Milano, per il lancio di Changes, web-magazine del gruppo (vedi box), Ratti ha tenuto un’affascinante lezione sui cambiamenti che potremmo attenderci nei prossimi anni, a partire da quelli nel campo della mobilità, con significative ricadute sulle caratteristiche dei rischi che l’assicurazione dovrà proteggere.


MENO AUTO PER TUTTI

Cosa accadrebbe, ad esempio, se tutti noi fossimo effettivamente pronti a condividere i nostri attuali mezzi di trasporto? Il professor Ratti ne è certo: “in un futuro non molto prossimo, le auto che si guidano da sole avranno un impatto straordinario sulle nostre vite”. Non solo guida autonoma ma anche il sempre più capillare ricorso al car sharing o al car pooling potrebbero favorire grandi cambiamenti. Ad esempio, la nostra auto del futuro, “dopo averci portato al lavoro, invece di restare parcheggiata potrebbe rimettersi di nuovo sulla strada, per dare un passaggio a qualcun altro”. Già ora, con le nostre attuali vetture, una mobilità davvero efficiente non avrebbe bisogno, in linea teorica, dell’odierno numero di autoveicoli presenti sulle nostre strade. Per arrivare a una ottimizzazione degli spostamenti e coprire le esigenze di mobilità dei cittadini di una metropoli, “basterebbe il 30% dei veicoli oggi circolanti. Secondo alcune nostre ricerche al Mit – ha sottolineato Ratti – in una città come New York si potrebbe ridurre questa percentuale di un ulteriore 40%, se le persone fossero disposte a condividere i propri spostamenti”. Secondo Ratti, comunque, la definizione dello scenario futuro dipenderà da come useremo le nuove tecnologie, “dato che potrebbe verificarsi anche uno scenario alternativo, in cui le persone smettono di usare i mezzi pubblici perché diventerebbe più conveniente utilizzare auto private. Questo potrebbe portare a un aumento degli ingorghi stradali”.

DESIDERI E PAURE

Le persone vivono e, sempre di più, vivranno all’interno delle metropoli: quindi per comprendere come sarà il framework di rischi di domani bisogna provare a immaginare come saranno le città del futuro. In un certo senso ci aveva già provato Italo Calvino nel suo celebre romanzo, Le città invisibili. In un passaggio del libro, il giovane Marco Polo si rivolgeva al vecchio Kublai Kan con queste parole: “È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra”. È interessante riflettere su queste parole nell’era dell’Internet of things, cioè della penetrazione della connettività in tutte le sfere dello spazio fisico, dove i desideri (la comodità creata dal comfort della tecnologia) fanno i conti con le paure (i rischi, in primis quello cyber). 





CITTÀ CAPACI DI SENTIRE

Secondo Ratti, esistono già ora “nuovi modi in cui interpretare, progettare e abitare” apportati dalla tecnologia, che trasformeranno le nostre città in smart city, cioè in città intelligenti. Nella visione (decisamente ottimistica) del professore del Mit, l’ambiente urbano e gli oggetti diventeranno “capaci di rispondere alle nostre esigenze”: le città diventeranno sempre più senseable, cioè “sensibili e capaci di sentire, rimettendo al centro l’uomo, prima della tecnologia”. 
Anche mettendo da parte per un attimo prospettive che appaiono a prima vista fantascientifiche, non si può non ammettere che le nostre attuali autovetture stanno già cambiando. “Il crescente numero di informazioni che provengono dalle black box e dai sensori presenti sulle vetture ci raccontano molte cose su cosa avviene nelle nostre città”.
Più in generale, ha spiegato Ratti, per rendere una città davvero intelligente esistono alcune linee guida: progettazione aperta; coinvolgimento dei cittadini nella gestione dello spazio urbano con strumenti adeguati; dinamiche di condivisione, applicazione di regolamentazioni flessibili; informazione diffusa e condivisione dei dati.


ASSICURARE NUOVI RISCHI

Tornando con i piedi per terra, su un piano molto più concreto, bisognerà valutare attentamente quali saranno gli impatti più marcati sulla nostra mobilità, se mai la diffusione delle vetture a guida autonoma diventerà effettivamente concreta e capillare. Ad esempio, il governo di Singapore (con cui il professor Ratti collabora) ha in progetto il lancio, tra pochi anni, della prima flotta pubblica di vetture autonome. E a Pittsbourg, negli Usa, si studia un progetto analogo in collaborazione con Uber. “I cambiamenti che potrebbero dipendere da un uso su larga scala delle driverless car sono complessi”, ha osservato Ratti. Sul lato della mobilità, ad esempio i semafori potrebbero diventare obsoleti, mentre sul fronte economico le coperture assicurative dovranno essere ricalibrate su nuovi rischi: sempre meno responsabilità civile, e sempre più Rc prodotti e cyber risk. 


STAMPARE UN CAMPO DI GRANO

Ma anche nel settore dell’agricoltura, la guida autonoma può introdurre grandi cambiamenti: “il trattore che si guida da solo – ha spiegato Ratti –, di cui già esistono dei prototipi, può efficientare la fase della semina, arrivando a stampare la scala agricola per intervallare sementi diversi in modo coerente. Questo sarebbe un grande vantaggio, perché supererebbe il concetto di monocultura, con evidenti vantaggi in termini di minore impiego di pesticidi”. 
Secondo Ratti, siamo in un momento di passaggio: “si profilano due aspetti diversi. Il primo riguarda il modo con cui andremo a gestire la transizione verso lo scenario della completa automatizzazione. La seconda riguarda i benefici: chi trarrà reali vantaggi da questo nuovo mondo interamente robotizzato?”. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Articoli correlati

I più visti