NON CONFONDERE IL MEZZO CON IL FINE

Gli ultimi anni hanno visto un deciso cambiamento nei modelli di consumo, con un potenziale cliente che sa selezionare secondo i propri obiettivi ma nel contempo ama farsi coinvolgere nell’esperienza tecnologica. Al momento di scegliere è però ancora fondamentale lo human touch

NON CONFONDERE IL MEZZO CON IL FINE
👤Autore: Maria Moro Review numero: 53 Pagina: 50
Attento alla convenienza, informato, connesso, interessato ad approfondire e conoscere attraverso la consulenza: è questa una descrizione del consumatore post-crisi fornita da Sara Galli, account manager financial services di Gfk Italia. I device tecnologici svincolano la ricerca delle informazioni da un luogo fisico e la ampliano a tutti i momenti della vita. Ma non è questa assenza di vincoli che determina il cambiamento del rapporto del consumatore con il mercato: “l’individuo ha preso l’iniziativa e si è posto da solo al centro dell’interazione con il mercato”, sostiene Galli.
L’uso di internet è il primo canale per chi cerca informazioni: “un italiano su due raccoglie notizie in primis attraverso il web, e questo riguarda anche app e siti del settore assicurativo, senza che ci siano sostanziali differenze generazionali”. Secondo i dati presentati, questa si sta appiattendo: il 51% degli italiani tra i 55 e i 69 anni accede a internet due o tre volte la settimana, con un incremento del 470% rispetto al 2005.



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PIÙ ESPERIENZA, MENO BRAND

“La crisi economica ha cambiato il comportamento dei consumatori, che hanno imparato a selezionare e a darsi delle priorità nella spesa, determinando la fine delle rendite di posizione”, spiega Galli. Rispetto al 2000, il numero di coloro che affermano di fidarsi solo dei marchi conosciuti è passato dal 46% al 23%, in parallelo sono aumentate le persone convinte che si trovino prodotti di qualità a prezzi contenuti (58% nel 2000, 86% nel 2017). Attenzione ai brand locali, km zero, gruppi d’acquisto, sharing economy, sono causa ed effetto di una modalità di accesso al prodotto che si focalizza sull’esperienza prima che sul possesso: “ciò significa che le piazze fisiche non sono sostituite da quelle virtuali, ma allo stesso tempo i livelli di soddisfazione tra chi utilizza le app o i siti assicurativi è molto alto, perché l’emozione funziona sempre”. Il cliente si fa coinvolgere nell’esperienza digitale offerta dalla compagnia, ma l’83% degli intervistati afferma che in futuro non frequenterà di meno la propria agenzia, anzi potrebbe andarci più spesso, alla ricerca non di un “assicuratore” ma di un “consulente di protezione”. 

NARRAZIONE E CONCRETEZZA

Il cliente di oggi è quindi aperto ad aumentare i suoi punti di contatto con la compagnia, è disponibile a coinvolgere le proprie emozioni, attraverso forme di esperienza e di narrazione. Allo stesso modo c’è una ricaduta sulla dimensione umana (“quando c’è il contatto con l’agente, un cliente su due acquista”) con un focus molto deciso sui propri interessi: “anche se la prima motivazione d’acquisto nel settore finanziario è il bisogno di protezione, non va sottovalutato l’aspetto della gratificazione”, che è importante per circa un terzo degli intervistati. “Dal punto di vista della narrazione abbiamo smesso di parlare al cliente, e il -27% di pressione pubblicitaria del comparto assicurativo ne è un segnale – conclude Galli –. In una valutazione su più punti, il consumatore ci attribuisce capacità di presenza su più canali e dinamicità, ma molto meno ci riconosce l’attenzione verso il cliente e l’offerta di prodotti interessanti”. Attenzione quindi a non confondere il mezzo con il fine.

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👥 Sara galli,

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