DANNO ALLA PERSONA: PERSONALIZZAZIONE, NON AUTOMATISMI

Lesioni micropermanenti, macrodanni; danno morale e danno biologico, invalidità temporanea o permanente: la questione è ancora una volta come rendere compatibile il sistema delle risorse con la liquidazione dei sinistri

DANNO ALLA PERSONA: PERSONALIZZAZIONE, NON AUTOMATISMI
👤Autore: Laura Servidio Review numero: 10 Pagina: 40 - 42
In tema di danno alla persona, la legge 27/2012 che regola le microlesioni ha aperto la strada a risarcimenti più equi, interrompendo una prassi al limite tra malcostume e frode. Restano, però, questioni irrisolte, tra cui la necessità di arrivare a una definizione univoca di danno non patrimoniale, in termini giurisprudenziali ed economici e l’esigenza di una forma di risarcimento strutturata, che agisca in modo personalizzato e specifico sul danno, evitando automatismi, nel rispetto di scelte economicamente sostenibili.


APPLICARE LA LEGGE FINO IN FONDO

“In un contesto di riduzione della sinistrosità, e del conseguente carico di lavoro per il professionista, del 30-40% – conferma Giovanni Cannavò, medico legale e presidente dell’Associazione Melchiorre Gioia – questa norma ha interrotto l’“inciucio valutativo”: se dare uno o due punti accontentava tutti, dare tra zero e un punto ha creato, all’interno della categoria, una frattura nelle resistenze all’applicazione”. 
In particolare, sul colpo di frusta e il colpo di frusta associato, il dato è rilevante: “oggi, le perizie con trauma minore del collo (Tmc) sono il 64% e quelle associate ad altra lesione sono il 35%; nel 2008, erano rispettivamente l’80% e il 20%: il singolo colpo di frusta non rappresenta più una soluzione conveniente e, nel 93% dei casi, il medico si attiene al rispetto della legge, dando valutazione zero nel Tmc; percentuale che scende al 68,5%, nel caso del danno composto”. 




Nella foto: Giovanni Cannavò

Persistono, tuttavia, sacche di fenomeni speculativi e su questo è importante capire che la legge va applicata e non interpretata: “se il 35% dei fiduciari non applicasse rigorosamente la legge, si correrebbe il rischio di tenere in vita un focolaio infettivo”. La rete fiduciaria, se non controllata, fa rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta: “secondo il dato regionale, per il colpo di frusta, si va da un minimo di 22 a un massimo di 43 giorni di invalidità temporanea; i giorni di ricovero in ospedale sono in media sei rispetto ai quattro dell’Europa (dati Omsi); spesso capita che venga assegnata valutazione zero, nella lesione permanente e uno in quella temporanea; i tempi di guarigione per un colpo di frusta arrivano addirittura a 40 giorni, con spese mediche inappropriate che arrivano a 6.000 euro, in caso di colpo di frusta per una famiglia di quattro persone”.

In definitiva, serve ancora molto lavoro per recuperare risorse, impiegate a pioggia. “Quando una grossa fetta della torta serve ad alimentare un sistema speculativo, non vi è più sostenibilità: occorre una forma di risarcimento strutturata, in cui si agisce in modo personalizzato e specifico sul danno”.


UN SISTEMA PIU' SOSTENIBILE

“Oggi – spiega Vittorio Verdone, direttore centrale di Ania – assistiamo a un’evoluzione del concetto di danno non patrimoniale e alla necessità di arrivare a una definizione univoca in termini giurisprudenziali ed economici. Se nel 2008 le sentenze delle Sezioni Unite avevano definito con chiarezza il concetto di unitarietà del danno patrimoniale in caso di lesioni fisiche, in cui la base fondante era il danno biologico, a cui veniva poi applicata una personalizzazione in funzione della sofferenza psicofisica, il tribunale di Milano, con una macchinazione un pò furbesca, ha inglobato l’automatismo lasciando a una fase successiva la personalizzazione. Il problema resta, quindi, irrisolto”.

Secondo l’Ania, tre sono le possibili soluzioni per risolvere la questione: “attuare l’articolo 138 (del Codice delle Assicurazioni, ndr) prevedendo la tabella di valutazione economica e i parametri sul danno biologico, che lascia, però, aperta la questione sulla sofferenza psicofisica; modificare gli articoli 138 e 139 riconoscendo che il danno non patrimoniale comprende anche le sofferenze psicofisiche; attuare una grande riforma ultrasettore o del codice civile aggiungendo all’articolo 2059 due articoli contenitori: il 2059 bis, con riferimento al danno non patrimoniale da lesione fisica, che preveda una tabella di base e un ambito di personalizzazione, concesso al magistrato esaustivo di tutte le pretese; il 2059 ter, sul danno da lesione del rapporto parentale, che da solo ammonta a due miliardi di euro di risarcimento con conseguenti tariffe più alte rispetto a quelle europee, date da valori elevati e dalla numerosità dei legittimari”. 

Ania sta operando in sinergia con Governo e Parlamento per rappresentare condizioni di sostenibilità economica. “Serve una semplificazione in nome di un'unitarietà di concetto per risolvere le situazioni non ricomprese dalla norma. Può andare bene anche la divisione del danno per settore, così come la personalizzazione, purchè economicamente sostenibili: più risorse si chiedono, più se ne devono richiedere”.


DIFFICILE DISTINGUERE DANNO MORALE DAL BIOLOGICO

“La sentenza del 3 ottobre – sottolinea Maurizio Hazan, avvocato dello studio legale Taurini-Hazan di Milano – è importante perchè distingue il danno morale, ovvero la sofferenza, dal danno biologico, cioè l’ansia e la paura. È difficile, però, fare questa distinzione in presenza di una lesione: il migrante aggredito per razzismo e la vittima di violenza carnale ne sono un esempio, in quanto emblematici di offesa che va oltre il danno biologico, derivante da una plurioffensività della condotta. 



Nella foto: Maurizio Hazan

Il danno morale è sicuramente da risarcire, ma, quando c’è il danno fisico, è difficile da valutare: la paura che deriva da una lesione fisica discende da una sofferenza psico fisica, il che rende difficile fare una distinzione; ecco, quindi, che può subentrare la personalizzazione, ma nei limiti del 20-30% per garantire la sostenibilità del sistema. Ma su questo, l’elemento su cui nessuno si è interrogato è che i due articoli 138 e 139 hanno una formulazione letteraria diversa sulla personalizzazione: nelle micro si parla di condizioni soggettive, nelle macro di aspetti dinamico-relazionali quindi esistenziali”.


DANNO NON PATRIMONIALE INCOMPATIBILE CON LA DIMENSIONE RISARCITORIA

Il problema riguarda la strutturazione del concetto di danno alla persona, “che – secondo Giacomo Travaglino, consigliere della III Sezione Civile della Corte di Cassazione di Roma – non è ben impostata: è necessario capire cos'è il danno alla persona e riflettere sul fatto che il danno non patrimoniale è incompatibile con la dimensione risarcitoria: se perdere un figlio rientra in una dimensione non economica, gli assicuratori operano in una dimensione prettamente economica”. 
L’intervento del 2008, delle Sezioni Unite, ha ristretto l’area del danno alla persona, soprattutto nella parte del danno esistenzaie, rapportato a una forma risarcitoria estremamente dilatata che, in alcuni casi, era divenuta risibile (la sposa a cui il parrucchiere sbaglia l’acconciatura, la rottura del tacco della scarpa, ecc.), imponendo un intervento giurisprudenziale. 



Nella foto: Giacomo Travaglino

“L’errore delle Sezioni Unite, però, – ha aggiunto Travaglino – è stato quello di ritenere che quel danno fosse risarcibile a prescindere dal valore costituzionale, imponendo il danno biologico come primo motore immobile di sistema, sul quale vengono parametrati il danno morale e il danno relazionale.
Il problema è che il danno non patrimoniale è uno, ontologicamente diverso a seconda del settore e comprensivo di due aspetti (morale, ovvero la sofferenza, e biologico ovvero l’aspetto esistenziale/relazionale) ugualmente risarcibili, ma non in via automatica: in ogni processo c’è una vicenda e in ogni vicenda l’assicurato può avere una reazione diversa”. 
Capito questo, si può ragionare per codici di sottosettori: “andiamo verso un sistema di responsabilità civile frazionata in sottosistemi, ciascuno dei quali con sue regole precise, in cui niente è uguale. Per evitare duplicazioni risarcitorie, bisogna capire che ogni processo è a sè, perchè ogni situazione presenta caratteristiche proprie, e che non servono automatismi. Il danno alla salute non è Il primo da cui discendono tutte le conseguenze risarcitorie: il legislatore lo definisce danno biologico, ma in realtà ricomprende anche il danno relazionale, laddove incide sugli aspetti dinamico-relazionali dell’esistenza”. 

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