QUANDO DAVIDE TIENE IN SCACCO GOLIA

Il recente acquisto da parte della multinazionale Bosch di un’azienda specializzata italiana entrata in crisi è stata la soluzione per risolvere un blocco nella catena di fornitura. Una collaborazione tra grande cliente e piccolo fornitore può essere la soluzione per prevenire i rischi di interruzione della supply chain

QUANDO DAVIDE TIENE IN SCACCO GOLIA
Autore: Marco Terzago, SKF Numero Review: 48 Pagina: 16
Potremmo definirla “l’altra faccia” dell’esclusività: le Pmi altamente specializzate rappresentano una risorsa fondamentale per le grandi multinazionali perché sono in grado di offrire know-how, manodopera qualificata, focus sul prodotto, flessibilità, controllo e sicurezza. 

Questi aspetti hanno determinato la nascita di forti partnership, sulle quali le Pmi qualificate hanno edificato il proprio futuro, in modo particolare dopo l’apertura al mercato globalizzato e per riprendersi dalla crisi iniziata, ormai, 10 anni fa. Un gran numero di queste aziende sono italiane, frutto del tessuto produttivo del nostro Paese e della leadership meccanica, tessile, chimica, del legno, (ecc.) che l’Italia ha conosciuto. 
Ma l’esclusività può rivelarsi una trappola, per il cliente così come per il fornitore, nel momento in cui si verifica, presso una delle parti, una criticità che incide sulla produzione. Un blocco dell’attività nella grande impresa implica che la piccola fornitrice possa trovarsi, dall’oggi al domani priva di commesse. Ma un problema del fornitore diventa per la multinazionale il granello di sabbia che blocca l’ingranaggio, con ripercussioni a cascata su tutta la supply chain e il mercato finale. 
Qualcosa di simile è accaduto nei mesi scorsi nel rapporto tra Bosch e Cesare Albertini spa, una storica azienda della Brianza che si è nel tempo specializzata nella produzione di componenti in alluminio destinati al settore automobilistico. Bosch commissionava alla Albertini la produzione di particolari componenti che venivano successivamente installati su autovetture Bmw, ma gravi difficoltà dell’azienda italiana hanno determinato una sospensione della fornitura, che ha causato forti ritardi nella produzione di migliaia di automobili tedesche. Il danno che si prospettava, avrebbe di conseguenza indotto Bosch a proporre, e poi realizzare, l’acquisto della Cesare Albertini, formalizzato quest’estate. 


CATENA CORTA MA RISCHI MAGGIORI

Anche se alcune peculiarità nella supply chain del settore automotive non lo rendono completamente assimilabile ad altri, le linee generali di quanto avvenuto possono risultare paradigmatiche per molti aspetti. L’industria dell’auto, infatti, è caratterizzata da logiche di Integrated cost reduction (Icr) che si basano sull’analisi del valore della filiera per individuare a quale livello, tramite l’efficientamento dei processi o la ricerca della fornitura diretta, sia possibile ridurre il prezzo dei componenti forniti. In questo modo la catena si accorcia, diventa più lineare, ma aumentano i rischi di interruzione: per contenere i costi, le aziende automotive chiedono al fornitore di essere nel contempo competitivo, strutturato e flessibile, una combinazione difficile da trovare e mantenere. 
Affidarsi a un solo subfornitore diventa rischioso, e per questo l’impresa cerca di appoggiarsi a una quantità di piccole aziende locali in grado di garantire l’alta flessibilità richiesta, e subentrare nella produzione se necessario: ma spesso si tratta di aziende poco resilienti, perché poco strutturate e molto spesso non adeguatamente assicurate, quindi molto esposte in caso di un evento critico di qualsiasi natura. Una Pmi può essere soggetta a rischi molto più di una grande impresa, in particolare il rischio di fornitura di prodotti difettosi e conseguente recall, rischio di incorrere in pesanti penali contrattuali inserite nei contratti di fornitura, rischio di richieste di risarcimento fuori portata per responsabilità di prodotto, rischio di blocco produttivo per causa di un evento naturale, rischio di interruzione dell’attività per attacco informatico, e infine un rischio di insolvenza determinata da ognuno dei rischi sopra citati: su questi una collaborazione con broker e compagnie assicurative può risultare di grande sostegno.


LA SINERGIA TRA CLIENTE E FORNITORE

Per un insieme di fattori, quindi, le grandi aziende si trovano oggi nella condizione di non essere sufficientemente protette in caso di interruzione della supply chain. Dal punto di vista assicurativo, le polizze Cbi (Contingent business interruption), risentono della scelta delle compagnie di introdurre limitazioni sempre maggiori, motivate dal verificarsi negli anni di gravi eventi che hanno determinato pesanti richieste di risarcimento (primo tra tutti, l’effetto sull’industria automotive mondiale del triple-disaster del 2011 in Giappone). 
L’esposizione al rischio potrebbe essere ridotta introducendo il supporto della funzione di risk management nella valutazione dei fornitori (attualmente affidata in genere alla funzione acquisti), per effettuare un’adeguata analisi del rischio e della resilienza, a cui possono concorrere con le proprie competenze anche le compagnie assicurative. 

Una soluzione possibile, che va a vantaggio di entrambe le parti, è nell’attuare una sinergia tra cliente e fornitore, in cui i clienti possono fornire un tool di autoanalisi, e i fornitori strutturare un sistema di gestione del rischio adeguato ai risultati dell’indagine. Per garantire una gestione proattiva del rischio correlato alla catena di fornitura, ad esempio, alcuni tra i principali gruppi automobilistici hanno sviluppato sistemi di valutazione strutturata del rischio Cbi, esteso ai fornitori più critici a partire dall’analisi del contesto strutturale (sito, protezione antincendio, esposizione ai rischi catastrofali, ecc.) sino all’implementazione di un processo di gestione di rischi aziendali, seguendo lo schema tipico della Iso 31000. 

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