IMPARARE DA CHI SA FARE

Prima di temere i grandi player on line che potrebbero sbarcare nel mercato assicurativo, è bene che le compagnie studino a fondo i casi di successo. Per acquisire best practice o, eventualmente, progettare strategie alternative

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👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 19 Pagina: 58
Per diventare compagnie ecosistema, piattaforme di connessioni in grado di coagulare e distribuire prodotti e servizi assicurativi (ma non solo) le imprese, più che temere l’arrivo dei cosiddetti cigni neri, dovrebbero capirne a fondo le dinamiche, e studiarne i punti di forza. Solo dopo aver interpretato correttamente queste informazioni, il mercato assicurativo potrà distinguere le pratiche da importare al proprio interno o, viceversa, decidere di opporvisi con altre strategie. 

Certamente da un maestro della vendita, come Amazon, qualcosa da capire (se non da imparare) c’è. Al portale di e-commerce più famoso al mondo sono iscritte circa 250 milioni di persone. Questo non vuol dire solo che Amazon possiede i dati personali dei clienti, ma che, ovviamente, ne conosce sia le abitudini di acquisto, sia le interazioni. Per il colosso di Seattle l’uso dei dati è al servizio, vero e reale, della customer centricity. 
Il sito di Amazon non è uguale per tutti gli utenti, ma modellato sulle ultime ricerche effettuate da ogni singolo account. L’esperienza del cliente è gratificante per la facilità di navigazione (acquistare con un click), ma anche perché l’interazione tra utenti è a un livello molto alto. 
L’attività di mailing è percepita come un servizio, e non come spam: esiste una verifica puntuale dei dati di cancellazione dalla newsletter, con un riadattamento continuo degli articoli proposti. 


USO GRANULARE DEI DATI PERSONALI

Amazon è un’azienda che non teme il confronto: è sia un retailer sia un marketplace aperto ad altri venditori che, al 2013, totalizzavano il 40% delle vendite dal sito. Il portale permette di confrontare le offerte, nell’ottica di offrire al consumatore il servizio migliore. 
Queste (e altre) caratteristiche hanno permesso ad Amazon da un lato di cannibalizzare l’e-commerce anche in Italia, dall’altro di farlo sviluppare a una velocità impensabile prima del 2010, anno dello sbarco nel nostro Paese. Quell’anno, meno di otto milioni di utenti compravano su internet: al 31 dicembre 2013 erano diventati ben 16. Il 45% di chi naviga è un acquirente, di questo 45% il 74% ha acquistato almeno una volta su Amazon. 
“Amazon – ha detto in un recente convegno a Milano, Martin Angioni, country manager per l’Italia – è stato pensato come il posto in cui si trova tutto quello che si può voler comprare, non il negozio dove si trova solo quello che c’è da vendere”. 
È ovvio che si tratta di un player unico nel suo settore, con numeri difficilmente paragonabili a quelli delle compagnie assicurative italiane, che non possono mettersi a vendere vestiti alla moda, smartphone o ebook. Ma possono mutuarne le attitudini e la mission: un uso granulare dei dati personali dei clienti con l’obiettivo di costruire servizi personalizzati, siti internet responsive, e un’apertura al confronto e al dialogo diretto con il consumatore.


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