VIAGGI DI LAVORO, UN RISCHIO DA GESTIRE

Con la pandemia è aumentata l’attenzione delle imprese verso il benessere del lavoratore impegnato all’estero, minore attenzione viene invece dedicata ad altri rischi che lo possono minacciare. La legge italiana riconosce una responsabilità, anche penale, per il datore di lavoro che non dovesse ottemperare al duty of care

VIAGGI DI LAVORO, UN RISCHIO DA GESTIRE
👤Autore: Maria Moro Review numero: 103 Pagina: 46-48
L’esperienza della pandemia da Covid ha segnato uno spartiacque nella gestione del rischio di sicurezza dei lavoratori, non solo per quanto riguarda la diligenza nel tutelare la salute dei dipendenti sul posto di lavoro, ma anche relativamente alla protezione del lavoratore in trasferta in un paese estero. La difficoltà in quei mesi di far rientrare chi lavorava all’estero o di supportare il dipendente malato, o sofferente di un disagio psicologico a causa dell’isolamento e della lontananza da casa, ha fatto maturare in maniera diffusa tra le imprese la consapevolezza che era necessario iniziare a governare in maniera organica anche questo aspetto dell’attività dei propri lavoratori.
Secondo la normativa italiana, il datore di lavoro ha un “dovere di protezione” nei confronti dei dipendenti anche quando questi operano all’estero. In particolare, il d.lgs. 231/2001 e il d.lgs. 81/08 Testo unico sulla sicurezza” prevedono la responsabilità penale e amministrativa del datore di lavoro a riguardo della tutela del personale in viaggio all’estero. 
Questo aspetto rientra nella cosiddetta duty of care, una responsabilità legale che concerne qualsiasi organizzazione, dalle grandi multinazionali alle Pmi.
Il concetto di tutela del lavoratore va oltre la sola questione della salute e riguarda qualsiasi evento possa determinare un rischio per la persona; da qui la necessità di preparare il viaggio in maniera accurata, con una preliminare analisi dei rischi e predisponendo adeguati strumenti di protezione e di assistenza. 



COME È CAMBIATO IL RISCHIO

Secondo l’esperienza di Mark William Lowe, travel risk & security partner di Vedetta 2 Mondialpol, la pandemia ha aumentato la consapevolezza delle imprese sulla necessità di tutelare la salute del lavoratore in viaggio. Il Covid ha rappresentato un momento di forte difficoltà che ha messo in evidenza il fatto che molte aziende non avevano mai tenuto in considerazione l’eventualità di gestire un’emergenza, “gli ostacoli maggiori si sono avuti nel confronto con la normativa locale e nell’organizzare i viaggi di rientro. Anche se in termini assoluti i rischi più frequenti per un dipendente all’estero sono la perdita dei documenti, un infortunio o un incidente d’auto, oggi si è appreso che lo scenario peggiore va sempre considerato, ed è necessario avere pronte delle soluzioni, procedure per gestire le situazioni ed evitare che una difficoltà diventi un’emergenza”.
A differenza dei temi legati alla salute, per Lowe l’approccio delle imprese agli altri rischi non è cambiato in modo particolare, anche se “in realtà l’attuale contesto geopolitico mondiale richiederebbe maggiore attenzione. Le difficoltà economiche e l’inflazione post pandemia, così come la crisi energetica, hanno avuto un impatto sociale maggiore nei paesi meno strutturati e questo ha accresciuto il rischio politico e di violenza in molti contesti”. Se la guerra in Ucraina aumenta il rischio diretto in pochi paesi (quelli coinvolti e gli immediatamente confinanti) i suoi effetti economici si sono sentiti anche nelle aree in via di sviluppo che dipendono dalle esportazioni di cereali da Russia e Ucraina. Questo fattore si aggiunge alle situazioni di tensione prima descritte, alzando il livello di attenzione per le persone che viaggiano e lavorano in questi paesi. C’è poi un’altra minaccia latente: “l’impatto della guerra potrebbe assumere una valenza politica più allargata e creare situazioni di tensione nelle popolazioni dei paesi filo-russi o non allineati verso le persone che provengono dal blocco occidentale. I viaggiatori italiani potrebbero essere considerati in quanto provenienti da un paese che sostiene militarmente l’Ucraina e questo potrebbe portare a un approccio non amichevole e a una attenzione specifica da parte della polizia di frontiera e delle istituzioni”. 



UNA NORMA A TUTELA DI IMPRESE E VIAGGIATORI

Il fatto che sia cresciuta la consapevolezza verso i rischi a cui è esposto il personale in viaggio, non implica però che le imprese sappiano come agire per proteggerlo o abbiano la percezione della propria responsabilità.
Fino un paio di anni fa la valutazione dei rischi di viaggio e le modalità di tutela del lavoratore erano lasciate all’esperienza delle singole imprese, che si organizzavano secondo la propria sensibilità e approccio al rischio. Con l’introduzione della norma Iso 31030 Travel risk management, emanata nell’ottobre 2021, esiste ora un documento che propone le linee guida per la gestione del rischio di viaggio. 
“Se fino a poco tempo fa l’organizzazione di una trasferta sicura era lasciata alla buona volontà e all’attenzione dell’azienda, che pure era responsabile di fronte alla legge, oggi la Iso 31030 suggerisce una serie di buone pratiche da implementare. Tra queste, è essenziale in via preliminare effettuare la valutazione del rischio viaggio, per agevolare la quale la norma predispone un apposito documento di valutazione dei rischi (Dvr)”, spiega Lowe che ha partecipato in qualità di rappresentante per Anra, di cui è socio, al gruppo di lavoro internazionale che ha portato alla pubblicazione della norma. Attualmente non è previsto un percorso di certificazione per le imprese, ma la norma costituisce l’opportunità di essere compliant verso delle prescrizioni Iso, una forma di garanzia in caso sorgessero problemi nel corso del viaggio e l’impresa dovesse essere chiamata in causa. In questo senso, infatti, la nuova norma può diventare uno standard di riferimento anche per chi si trova a valutare le responsabilità del datore di lavoro nel corso di un’azione legale, oppure per le compagnie assicurative nel momento in cui devono comprendere la qualità del rischio che si assumono con la sottoscrizione di una polizza di responsabilità civile o una copertura D&O per amministratori e manager. 
In questo senso, commenta Lowe, l’assicuratore può affiancare il cliente e aiutarlo a implementare i meccanismi che riducono il livello di esposizione, “potrebbe offrire il proprio supporto nella valutazione del rischio, nella conoscenza dei contesti esteri e sostenere l’azienda nell’avviamento di procedure mirate a esaminare i rischi, mitigarli e gestirli. Il caso più diffuso e sviluppato riguarda l’assistenza sanitaria, ma come si è visto le minacce a cui è esposto il viaggiatore, e con lui il datore di lavoro, sono molteplici e richiedono un approccio professionale”. 



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