SPECIALISTI O GENERALISTI?

Dalla sottoscrizione della polizza alla gestione del sinistro, quali di queste due modalità è quella che si adatta meglio al mercato? Se ne è discusso nel corso di una tavola rotonda che ha messo a confronto le esperienze di broker e compagnie, da cui è emerso come questa scelta non possa essere univoca: tutto dipende dalla propria struttura, dalla clientela a cui ci si rivolge, e dalla capacità di offerta delle compagnie

SPECIALISTI O GENERALISTI?
👤Autore: Beniamino Musto Review numero: 109 Pagina: 42-44
Broker è una parola che, parlando di assicurazione, può essere usata per indicare una multinazionale così come una piccola realtà di provincia. E se si ci si vuole addentrare in una definizione più specifica il primo step è, tendenzialmente, quello di fare una distinzione tra specialisti e generalisti. È una suddivisione che oggi ha ancora un senso? E quali sono i fattori di mercato che condizionano il broker a optare per l’una o l’altra caratteristica? Da questi presupposti ha preso il via una tavola rotonda che ha messo a confronto broker e compagnie: Luigi Viganotti, presidente di Acb, Michele Cossa, membro del consiglio direttivo di Aiba, Stefano Sardara, presidente e amministratore delegato di Acrisure Italia, e Angela Rebecchi, general manager di Qbe – Rappresentanza generale per l’Italia

DOPPIA ANIMA, L’OPZIONE VINCENTE

Secondo Viganotti, scegliere se essere generalisti o specialisti dipende dalla tipologia di rischi che bisogna affrontare: “se dobbiamo andare a valutare i rischi di una famiglia – ha spiegato – un intermediario generalista è adatto. Ma se invece andiamo ad approcciare dei rischi corporate molto specifici, allora occorre essere degli specialisti”. Tuttavia, più in generale, Viganotti ha osservato che “anche l’intermediario che ha una vocazione più da generalista deve avvalersi di specialisti se vuole stare sul mercato, e se vuole offrire la copertura più adeguata al cliente che si ha davanti”. Del resto questo è l’approccio su cui ha spinto la normativa Idd quando parla di consulenza. “È un’attività che ha un significato specifico. La consulenza – ha detto il presidente di Acb – ha sfaccettature diverse. Significa profilare il cliente e il rischio avendo una conoscenza adeguata”. 
Su questa posizione ha concordato anche Michele Cossa. “Prima di andare ad affrontare scenari specifici – ha affermato – c’è chi decide di essere generalista per comprendere il mercato a livello complessivo”. Il vantaggio della specializzazione, ha aggiunto, “è evidente, ed è quello di conoscere meglio non solo uno specifico ramo o una nicchia di mercato, ma anche uno specifico territorio. Ricordiamoci – ha osservato – che l’Italia è un paese in cui il rapporto umano conta parecchio”. In questo senso, secondo Cossa, la specializzazione consente al broker di parlare la stessa lingua dei clienti, e quindi di entrare in empatia. “La specializzazione è importante perché viviamo in un mondo complesso, ma noi in fin dei conti dobbiamo creare valore per il cliente, pertanto serve anche un background generalista. La doppia anima, quindi, è sicuramente l’opzione vincente”. 



STRUTTURA E COMPETENZE

Stefano Sardara si è detto convinto del fatto che, più che fare una distinzione tra generalisti o specialisti, il tema centrale sia la competenza. “Intermediario è una parola singola che in realtà porta dietro di sé una struttura: il fatto di dedicarsi a molti settori o soltanto ad alcuni specifici ambiti – ha sottolineato – ritengo che sia un combinato tra la competenza che la propria struttura ha, e le scelte imprenditoriali che porta avanti. Secondo me, quindi, non si può tracciare una linea di demarcazione tra generalisti e specialisti: se sei un professionista non vai a fare consulenza su un settore che non conosci”, ha chiosato. 
Angela Rebecchi, portando il punto di vista dell’assicuratore, e in particolare di una realtà specializzata, ha spiegato che “una compagnia non può permettersi di essere al contempo specializzata e generalista, o meglio: può essere una grande organizzazione con diversi livelli di specializzazioni. Noi – ha detto – abbiamo scelto di rivolgerci al mondo corporate, e il nostro modello di business è quello di essere estremamente focalizzati sul singolo segmento”. Quanto agli intermediari, “la capacità del generalista di andare a proporre qualcosa di specifico, consiste nella capacità di individuare all’interno della propria organizzazione (l’agente) o sul mercato (il broker) la soluzione più corrispondente a ciò che sta cercando”. 



IL DIALOGO TRA BROKER E MONDO ASSICURATIVO

Una specializzazione è quantomai necessaria per affrontare determinati rischi. Ma poi il broker deve cercare sul mercato una copertura che risponda alle esigenze individuate. Secondo Viganotti, “spesso vediamo che il mercato italiano non è pronto per rispondere a determinate esigenze. E non lo è sia in termini di capitolato di polizza, sia in termini di preparazione”, ha detto il presidente di Acb, chiedendo al mondo assicurativo “degli strumenti adeguati alla nostra attività”. Anche perché, ha fatto notare Cossa, “spesso sono le stesse compagnie ad affidarsi alla specializzazione di noi intermediari, perché quando si ha una unit specializzata si è in grado non solo di analizzare il singolo caso, ma anche di calarlo in una serie di situazioni pregresse”. 
In tutto questo è fondamentale la capacità di dialogo tra intermediari e assicuratori, aspetto su cui hanno concordato Sardara e Rebecchi. Il presidente e ad di Acrisure Italia si è detto ottimista: “la maggior parte dei broker hanno fatto già un bel percorso, ma occorre implementare lo scambio di informazioni”. Sardara tuttavia ha precisato che “la parte informatica deve essere di supporto al business, ma non può essere una modalità attraverso cui si realizza la consulenza”. 
Dal canto suo, la general manager di Qbe in Italia ha ammesso che “ciò che forse il mercato non ha sviluppato ancora a sufficienza è la condivisione del momento del sinistro tra compagnia e broker”. Secondo Rebecchi, “questo scambio di informazioni sui sinistri, secondo noi, porta valore, e quindi specializzazione, a tutto il comparto. Se questo è un momento condiviso – ha concluso – può andare a rappresentare un’esperienza che determina un valore aggiunto”. 

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