E IL GESTITO SUPERÒ LE OBBLIGAZIONI

Addio ai bot people: secondo Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, fondi e polizze battono bond bancari e titoli di stato nelle preferenze degli italiani. Che si confermano un popolo di risparmiatori, ma poco protetti: nei loro portafogli si contano più rischi che coperture

E IL GESTITO SUPERÒ LE OBBLIGAZIONI
C’è stato un tempo in cui le obbligazioni erano l’unico investimento possibile per le famiglie. Non perché mancassero le alternative, ma perché di alternative, a ben guardare, non c’era bisogno. Operazioni sicure, rendimenti a doppia cifra, tutto molto semplice: andavi dal tuo consulente, acquistavi il titolo e poi, alla scadenza, recuperavi i tuoi soldi con gli interessi. Erano in molti a farlo, soprattutto in Italia: li chiamavano bot people, dal nome dell’obbligazione più in voga a quel tempo.
Poi, però, il giocattolino si è rotto. È venuto fuori che questi investimenti (non sempre, ma a volte sì) tanto sicuri non lo erano. I rendimenti, dalla doppia cifra che erano, si sono a poco a poco appiattiti su percentuali da prefisso telefonico. E pure il meccanismo di fondo, un tempo così semplice e lineare, si è inceppato: oggi, nell’epoca dei tassi di interessi negativi, persino recuperare i propri soldi può diventare difficile.
Insomma, quel tempo non esiste più. E così pure i bot people: secondo l’indagine Il risparmio e le assicurazioni: investimento e protezione del futuro, pubblicazione periodica curata da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, sempre più italiani dicono addio alle obbligazioni. Basti pensare che, nel 2007, il 29% della popolazione deteneva nel portafoglio almeno un titolo di debito: nel 2018 questa quota è scesa al 19%, rappresentando soltanto il 24% dell’attivo.


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VERSO I MANAGEMENT PEOPLE?

E questi soldi, disinvestiti dalle obbligazioni, che fine fanno? In parte finiscono in liquidità (favorita da un’inflazione che resta sotto l’1%), e in parte in strumenti del risparmio gestito. Al punto tale che, secondo i risultati dell’indagine, il 2018 si impone come l’anno del sorpasso di fondi e polizze su bond bancari e titoli di Stato. Il 21,4% della popolazione afferma infatti di detenere (o aver detenuto negli ultimi cinque anni) almeno una forma di risparmio gestito. I fondi comuni si affermano come la soluzione più gettonata, con i sottoscrittori che, dopo il 7,2% fatto registrare nel 2015, si attestano ora al 10,9% della popolazione: seguono poi gli Etf al 7,3%, in netta crescita rispetto 2,3% del 2015, e le polizze unit linked con il 2,8%.
Numeri ancora lontani dal poter giustificare una possibile etichetta di management people, però da qualche parte bisognerà pur partire.

COMUNQUE RISPARMIATORI…

Non più bot people, ma comunque risparmiatori: gli italiani si confermano un popolo di formiche. E lo sono sempre di più, sulla scia del miglioramento generalizzato che sta investendo l’economia nazionale. Il 63,6% del campione ha infatti affermato di avere un reddito sufficiente per mantenere il proprio stile di vita, risalendo dal 60,8% registrato nel 2017 e liberando nuove risorse per eventuali investimenti o risparmi.
La quota di famiglie risparmiatrici, dopo il 43,4% fatto registrare nel 2017, si porta così al 47%. Aumenta anche la propensione al risparmio, calcolato come percentuale di reddito che si riesce ad accumulare: nel 2018 il dato risale al 12%, trovando il valore più alto dal 2001. Parallelamente, si contrae in maniera decisa l’area del cosiddetto non-risparmio, ossia di coloro che non sono riusciti a mettere da parte alcunché negli ultimi dodici mesi: dopo il massimo storico del 61,3% raggiunto nel 2012, il dato si riduce al 52,7%.

… E PAVIDI INVESTITORI

Le ragioni di questo approccio da formiche sono ben note: costruirsi un tesoretto che possa rivelarsi utile in caso di imprevisti. Il 43% dei risparmiatori accumula infatti risorse per poter far fronte in autonomia alle incognite di domani: dietro, assai distaccate, si piazzano le spese per il futuro dei figli (21,1%), per la vecchiaia (19,7%) e per la casa (14%).
La prudenza sembra dettare anche le scelte del risparmiatore quando sceglie di vestire i panni dell’investitore. Quando si tratta di decidere fra bond, fondi o polizze, ben tre italiani su cinque pongono infatti al primo posto la sicurezza dell’investimento: non perdere neppure un centesimo, per il risparmiatore medio, vale molto di più del rendimento nel breve (13,6%) e lungo periodo (6,7%). L’Italia si conferma così un Paese di pavidi investitori.



PIÙ RISCHI CHE COPERTURE

Insomma, si risparmia per prudenza. Ma servirà a qualcosa? A giudicare dai numeri, non così tanto: il 56% della popolazione si dice preoccupato dall’ipotesi di dover risarcire un danno di appena mille euro. Anche perché, risparmi a parte, le soluzioni latitano: la paura si ferma alle intenzioni. E la voglia di risparmio, pannicello caldo contro i rischi di domani, cozza con la possibilità di costruirsi una rete protettiva che possa davvero prevenire eventuali imprevisti. Con il risultato che l’Italia si conferma un Paese sotto-assicurato. E nei portafogli dei risparmiatori si contano più rischi che coperture.
Se si escludono le polizze obbligatorie sugli autoveicoli, in Italia si contano appena 1,4 contratti assicurativi a persona. Il caso più eclatante è forse quello delle polizze casa: a fronte di un territorio che, com’è noto, è esposto pressoché totalmente al rischio sismico e idrogeologico, appena il 20% dei proprietari di abitazioni ha deciso di acquistare un’assicurazione. Stessa dinamica sul fronte della previdenza complementare: sebbene il 52% si dica preoccupato per il proprio tenore di vita quando sarà in pensione, soltanto il 14% dei lavoratori ha sottoscritto un qualche forma di previdenza integrativa.

RISCHI CHE NON SI VEDONO

La sottoassicurazione degli italiani non è certo una novità. Pesa la scaramanzia che ancora attanaglia il paese degli scongiuri, forse anche la scarsa cultura finanziaria e i costi, che per qualcuno possono diventare proibitivi. Forse, come si legge fra le pagine del rapporto, pure un’incapacità diffusa di stimare a dovere i rischi.
Secondo l’indagine, eccezion fatta per furti e rapine in casa, tutti i principali tipi di minacce risultano sottostimati. È così per gli incidenti automobilistici gravi, per gli infortuni, per le invalidità della terza e quarta età: difficile che qualcuno possa assicurarsi contro un rischio che non riesce a percepire. E se anche le cose dovessero mettersi male, si può sempre tentare la fortuna: stando ai risultati dell’indagine, a fronte della conclamata sottostima dei rischi, più di un terzo della popolazione ha mostrato un’insolita e generalizzata tendenza a sovrastimare le possibilità di vincere alla lotteria.

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