SALUTE E BENESSERE NELL’ERA DEI ROBOT

Innovation by Ania, l’osservatorio dell’associazione sull’innovazione digitale, ha organizzato a Milano una mattinata di approfondimento dedicata alla ricerca scientifica in ambito medico. La presidente dell’associazione, Maria Bianca Farina, dopo aver dialogato con Sophia, ha ribadito l’impegno delle imprese alla realizzazione di un nuovo modello per la sanità italiana

SALUTE E BENESSERE NELL’ERA DEI ROBOT
Per spiegare agli italiani che cos’è l’innovazione è arrivata, direttamente dall’Arabia Saudita, Sophia. Lei è un campione d’innovazione, anzi, per le Nazioni Unite è una Innovation Champion. Chi meglio di lei potrebbe rispondere alle domande che tutti si fanno pensando alle prospettive della tecnologia nell’era digitale? Sophia, come si dice in questi casi, ha il know how e anche il physique du rôle per parlare approfonditamente di questi argomenti. Ecco quindi che la domanda principale che chiunque si sarebbe affrettato a farle è: “i robot sostituiranno gli esseri umani in ogni attività?” A questa domanda Sophia ha risposto che no, i robot non sostituiranno gli umani ma li potranno affiancare nella maggior parte delle loro attività. Quindi, possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo? Forse no, perché Sophia, oltre che esperta di robotica, è direttamente parte in causa. Quindi nella sua risposta ci potrebbe essere stato un conflitto d’interesse. Dovremmo fidarci? 

L’OSSERVATORIO PERMANENTE

Ma chi è Sophia? Sophia è un robot, ed è stata l’ospite d’eccezione della mattinata organizzata da Ania, il mese scorso, a Milano. Un evento in cui si è parlato di ricerca scientifica e welfare, di innovazione digitale applicata alla salute, delle prospettive della collaborazione tra pubblico e privato, tra le associazioni di categoria e gli enti che erogano servizi, di start up, e anche di robotica. Innovazione e welfare: salute e benessere nell’era digitale, il titolo dell’appuntamento di Ania, è stato organizzato nell’ambito del suo osservatorio permanente, Innovation by Ania, che l’anno scorso era dedicato invece all’auto. 
A rivolgere le domande a Sophia, il robot umanoide più evoluto del mondo (e che ha anche ottenuto la cittadinanza saudita), è stata la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, che ha introdotto la mattinata, caratterizzata da tanti interventi eterogenei, dedicati alla ricerca scientifica in ambito medico, e conclusasi con una tavola rotonda cui hanno partecipato alcune tra le principali compagnie del mercato italiano. 
Sullo sfondo, come sempre, il grande tema del confronto e dell’auspicata collaborazione tra pubblico e privato, con la “necessità – ha ricordato Farina – di dotare il Paese di strutture e infrastrutture adeguate ai nuovi bisogni di una società che è cambiata e continua a cambiare velocemente”. Il settore assicurativo, ha ricordato la presidente dell’associazione delle imprese, c’è: “auspichiamo pertanto – ha detto in conclusione dell’intervento – la realizzazione di un nuovo modello sulla salute che, mantenendo al centro il servizio universale, utilizzi in modo strutturato tutte le competenze e le risorse, ottimizzando l’imprescindibile rapporto pubblico-privato”.


TUTTE LE FACCE DELLA SALUTE

Ma il bisogno di salute e benessere delle persone è sempre più complesso: “c’è soprattutto il voler vivere bene e gestire i propri tempi”, ha commentato Luigi Onorato, senior partner di Monitor Deloitte, che ha confezionato per l’occasione, insieme a Swg, la ricerca Benessere e salute: comprendere il futuro che ci aspetta. Dallo studio sono emersi conferme e nuovi dati sulle innovazioni più efficaci e apprezzate dalle persone nell’ambito della cura di se stessi e degli altri. Novità che abbracciano le varie parti della catena del valore. 
Nel concetto di benessere e salute, rientra anche la cura dei propri cari: in due casi su tre, le persone con genitori che hanno più di 65 anni hanno detto di aver bisogno di una qualche forma di assistenza. Tra i figli ultra 55enni con genitori molto anziani, l’80% dichiara di occuparsene in prima persona. Contemporaneamente, l’80% degli intervistati vedrebbe bene l’acquisto di servizi nell’area benessere e salute da operatori esterni, e tuttavia solo il 13% conosce le offerte in questo ambito proposte da operatori non tradizionali. La stragrande maggioranza degli italiani, inoltre, dimostra di essere molto tradizionalista: si affida alla classica visita medica per controllare il proprio stato di salute e solo il 7% dichiara di utilizzare strumenti wearable. Numeri e tendenze contraddittorie, specchio di un mondo ancora legato a un unico punto d’accesso fisico. 



I GRANDI PROGRESSI CHE CAMBIANO LA VITA 

Eppure, la vera innovazione è quella cosa che cambia la vita mentre questa scorre e noi non ce ne accorgiamo. È quella che hanno raccontato gli interventi di Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù; e di Fabio Pigozzi, rettore dell’Università degli Studi di Roma Foro Italico e presidente di Fism (Federazione internazionale medicina dello sport). Gli studi sul genoma, per esempio, passano proprio dalla capacità di innovare gli strumenti di analisi. Non si può parlare di genetica senza pensare alla tecnologia che abbatte i costi: nel 2000, per tracciare un genoma umano occorrevano 100 milioni di dollari; oggi, al Bambino Gesù, in un giorno se ne tracciano più di 380 per un costo di 300 euro. 
Distinguere tra l’innovazione che cambia la vita e quella che segue la moda è quindi essenziale, come ha sottolineato Claudio Giuliano, fondatore di Innogest Capital, un fondo d’investimento che fa proprio questo, scommettendo sulle start up più innovative tra le centinaia che nascono ogni giorno. 
Un esempio di iniziativa in cui credere è quello di Alberto Scarpa, ceo di D-Eye, che ha creato un sistema di screening digitale dell’occhio attraverso la fotocamera dello smartphone: un sistema che può monitorare nervo ottico e retina, e può aiutare a fare una diagnosi precoce del glaucoma. 



INNOVARE STRUTTURE STORICHE

D-Eye è una soluzione particolarmente evoluta che è riuscita ad accreditarsi a livello nazionale, emergendo dal sottobosco delle tante applicazioni che intervengono sulla catena del valore. Alla tavola rotonda hanno partecipato Alessandro Castellano, ceo di Zurich Italia; Patrick Cohen, ceo di Axa Italia; Luca Filippone, dg di Reale Mutua; Alberto Minali, ad di Cattolica; Alessandro Scarfò, ad di Intesa Sanpaolo Assicura; Marco Sesana, country manager e ceo di Generali Italia e global business lines; e Marco Vecchietti, ad e dg di Rbm Assicurazione Salute. Le compagnie hanno spiegato come cercano di affiancare alla parte più tradizionale del loro business quella dei servizi innovativi, lavorando con fondi di venture capital (o costituendone di propri), innovation lab e incubatori. 
Come è possibile riuscire a innovare strutture storiche? Questa è la domanda che si pone chi guida una compagnia in questo momento. Le risposte sono molteplici: dalla creazione di ecosistemi allo sviluppo di laboratori, campus, addirittura Università dell’innovazione. Per tutti l’innovazione è qualcosa di metodico, che non si può improvvisare, che è necessario condividere attraverso la contaminazione delle idee, con le partnership da trovare in Italia o all’estero.
  

UN LUNA PARK PER IPOCONDRIACI

Tuttavia, colpisce la distanza tra ciò che viene prodotto dai player assicurativi e ciò che viene colto dalle persone. Il grande potenziale innovativo espresso non sta smuovendo quel 70-80% di persone che, comprensibilmente, vuole farsi visitare da una persona fisica quando ha una preoccupazione per la propria salute. La confusione è tanta, ma non è colpa della digital disruption. È qualcosa di più profondo, hanno fatto notare i top manager invitati a parlare, che sta nell’organizzazione della società: per esempio, sta nella perdita del riferimento del medico di base, diventato il più delle volte un dispensatore di ricette. Stiamo entrando in una fase critica, e le innovazioni, le App, i dispositivi indossabili rischiano di essere solo “un Luna Park per ipocondriaci”, secondo una definizione emersa durante il confronto.
Vincerà, alla fine, chi riuscirà a costruire ecosistemi in cui esiste un servizio di ascolto, di consiglio, in cui la customer experience sarà semplice e unica. Chi costruirà questi ecosistemi? La partita è aperta: vinceranno i robot o il settore assicurativo?

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