PERSONALIZZARE LA SOFFERENZA PSICOLOGICA: UN BEL DILEMMA

Il nuovo quesito medico-legale dell’Osservatorio del tribunale di Milano è una novità che lascia perplessi gli addetti ai lavori della medicina legale. Giovanni Cannavò, presidente della società scientifica Melchiorre Gioia, lo giudica complesso, indaginoso e lontano dalla realtà dei tribunali italiani. È, tuttavia, un salto di qualità, che rischia però di non produrre gli effetti sperati, in mancanza di un dibattito più profondo

PERSONALIZZARE LA SOFFERENZA PSICOLOGICA: UN BEL DILEMMA
👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 84 Pagina: 42
L’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano aveva elaborato nel 2013 un modello di quesito medico-legale da utilizzare in abbinamento alle tabelle milanesi del danno alla persona. All’epoca il quesito si era imposto ampiamente a livello nazionale, riscontrando il favore degli addetti ai lavori.
Come abbiamo visto, con la pubblicazione delle nuove tabelle milanesi, seguite alle ultime riforme normative e alle recenti sentenze della Cassazione, l’Osservatorio di Milano ha aggiornato anche il quesito medico-legale, con l’obiettivo di affinarlo e renderlo più utile al giudice che deve determinare gli importi risarcitori in base anche, per esempio, al grado di sofferenza interiore. In questo caso, però, il riscontro della medicina legale non è stato altrettanto positivo. 

UN QUESITO COMPLESSO E INDAGINOSO

Insurance Review ha approfondito l’argomento con Giovanni Cannavò, noto medico-legale e presidente della Società Scientifica Melchiorre Gioia. “È la prima volta – esordisce Cannavò – che in maniera così chiara si entra nella materia del quesito medico-legale e che ci propongono anche dei criteri orientativi per il calcolo del danno da mancato o carente consenso informato in ambito sanitario”.
Il quesito medico-legale è certamente la novità che lascia più perplessi gli addetti ai lavori: “ci sembra complesso, indaginoso e un po’ lontano dalla realtà dei tribunali italiani”, ribadisce Cannavò. Al momento, racconta il medico-legale, all’assegnazione di una Ctu corrisponde “uno stampato molto generico e poco specifico”. Il quesito milanese sarebbe quindi “un salto di qualità” che però “non porterà ai risultati attesi perché la problematica va valutata nel suo insieme: il quesito non è altro che uno strumento”.



MA GLI OBIETTIVI SONO CORRETTI

Cannavò riconosce la ratio e l’obiettivo del nuovo quesito, cioè personalizzare al meglio il danno da sofferenza interiore: il giudice deve poter avere gli elementi per valutare i singoli casi e per farlo è normale che si rivolga al consulente tecnico d’ufficio (Ctu). “È certamente auspicabile avere un quesito unico a livello nazionale che risponda in modo univoco alle questioni poste dai magistrati”.
Il Ctu dovrà fornire tutti gli elementi utili per accertare sia l’entità del danno biologico, dinamico, relazionale temporaneo e permanente, sia il grado di sofferenza da menomazione correlata, cioè la sofferenza soggettiva interiore correlata alla lesione dell’integrità psicofisica.

LA COGNIZIONE DEL DOLORE

Il quesito è composto di otto punti, alcuni più critici di altri. “Per fare un esempio – spiega Cannavò – penso sia difficile per un medico-legale, nella realtà di oggi, poter rispondere in modo esauriente alla domanda sulla percezione del soggetto degli effetti della malattia e della menomazione sul fare quotidiano”. 
Oppure quale sia stato il grado di sofferenza fisica patita, definibile tecnicamente come sofferenza nocicettiva, specificando l’eventuale terapia antidolorifica. 
Nel 2016, la comunità medico-legale, dopo due importanti convegni, arrivò a una consensus conference e alla produzione di un modello di quesito, ma prima ancora con la proposta della costituzione di un albo nazionale dei consulenti tecnici d’ufficio, che vada oltre l’ambito territoriale, basato sulle competenze: “questo – precisa Cannavò – ci darebbe garanzia della figura del medico-legale”. 

IL NUOVO DPR DEL MISE, NATO VECCHIO

Altro tema su cui tutto il mondo medico-legale ha un giudizio univoco e negativo è quello del dpr del ministero dello Sviluppo economico, nella parte dei parametri sulle menomazioni. Secondo Cannavò, è un documento nato vecchio, perché riprende il lavoro di una commissione ministeriale del 2004: sono state aggiunte altre voci ma non frutto di un “percorso originale”. Per esempio, sono state riprese le tabelle di Simla del 2016 per il danno psicologico, psichiatrico. 
“C’è stato un trasferimento meccanico di dati, unito a lacune importanti, con valutazioni che sballano completamente alcuni parametri: un lavoro non organico e non omogeneo in cui si riscontra chiaramente la mancanza di un dibattito più profondo”, ha sottolineato. 

VERSO UN BARÈME DIGITALE

Secondo il medico-legale, bisogna anche tenere conto dell’evoluzione tecnica della medicina: “per esempio, le protesi rispetto a 15 anni fa sono cambiate, costano di più, ma contemporaneamente garantiscono una qualità della vita più alta. Occorre valutare meglio queste cose, perché non si può lasciare la medicina legale ancorata alle valutazioni del 2004”.
La cosa più logica, propone infine Cannavò, è aprire una commissione ministeriale, un piccolo gruppo qualificato che in tempi abbastanza brevi costruisca un barème digitale di riferimento, tenuto dal ministero, e aggiornato grazie alle potenzialità dei big data e dell’intelligenza artificiale.

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