RILANCIARE L’ITALIA: PER UN PAESE TRA SVILUPPO E SOSTENIBILITÀ

L’industria del risparmio gestito ha retto all’impatto della pandemia, proteggendo gli investimenti degli italiani. Ora la sua mission è impiegare bene le risorse del Next generation EU, farlo con rinnovata sensibilità sociale, e consolidare quel ponte ancora fragile tra mercati Finanziari ed economia reale

RILANCIARE L’ITALIA: PER UN PAESE TRA SVILUPPO E SOSTENIBILITÀ
Quanto sembra lontana l’estate dei successi italiani, tra Europei di calcio, Olimpiadi e Paralimpiadi. Eppure sono passati pochi mesi dal rumore della pistola dello starter che lanciava gli azzurri e le azzurre alla conquista delle medaglie (spesso d’oro). Ma un po’ di quello spirito competitivo, volitivo, di riscatto è rimasto e si sta trasferendo anche nella società e in economia. Complice i segnali cautamente positivi sul fronte pandemico e le impennate convinte del Pil. Per attenuare gli effetti del Covid e rilanciare l’economia, il risparmio degli italiani deve diventare, il nuovo grilletto della pistola dello starter. 
“L’industria del risparmio gestito ha retto all’impatto della pandemia, prendendosi cura del risparmio degli italiani”. Così il presidente di Assogestioni, Tommaso Corcos, parlando dal palco principale del Salone del risparmio, l’evento di Milano che idealmente ha inaugurato una nuova stagione (si spera) per l’economia italiana. 

ASSICURAZIONI E FONDI QUADRUPLICANO LE MASSE

“L’industry – ha ricordato Corcos in quella occasione – ha affrontato i grandi cambiamenti nelle modalità con cui si fa business. Abbiamo saputo mantenere la rotta consolidando un decennio di crescita patrimoniale, anche grazie ai governi e alle banche centrali”. 
Il Next Generation Eu, a regime, libererà più di 1.000 miliardi, ma da solo non sarà sufficiente per dare all’Italia quella crescita solida e continuativa che serve per le sfide dei prossimi anni. 
L’Italia può dirsi pienamente un attore importante del mercato del risparmio gestito, con più di 2.500 miliardi di euro (raccolta netta a 15 miliardi), in un anno in cui si è toccato il record di 92mila miliardi di masse globali in gestione, di cui 25.500 miliardi solo in Europa. Protagonisti gli investitori istituzionali: assicurazioni e fondi di previdenza hanno quadruplicato le loro masse in 10 anni. 
Resta aperta la sfida della redditività, nonostante il grande lavoro sul cost income fatto dalle Sgr italiane; del resto le operazioni di M&A sono ai massimi dal 2007, segno della volontà del mercato di crescere.

L’IMPORTANZA DELLA QUALITÀ

Sono poche le regole d’oro per crescere, ma va puntato tutto sulla execution. In primis occorre rinnovare il modello di servizio: costruire prodotti sempre più ritagliati sui clienti e diffondere l’educazione finanziaria. Non è il momento di inseguire mode o trend ma di ragionare sul medio e lungo termine. Grazie al digitale si può andare oltre la tipizzazione dell’investitore e guardare al singolo risparmiatore.
Non serve ricordare quanto la pandemia abbia cambiato il modo di lavorare dei player del mercato, grazie alla tecnologia e alla trasformazione digitale, basti pensare che l’adozione di piattaforme bancarie presso gli investitori è cresciuta dal 55% al 77%, durante quest’anno e mezzo. È tuttavia “ancora lunga la strada da fare nella customer experience”, ha precisato Corcos. 
L’industry del risparmio gestito, in questo momento, è a un bivio, come molti altri comparti: inseguire la quantità o ricercare la qualità della crescita, dei ritorni e degli investimenti? Secondo Assogestioni non c’è dubbio: bisogna avere il coraggio di cercare la qualità. La mission dell’industry è impiegare bene le risorse del Next Generation Eu: “dobbiamo farlo con una rinnovata sensibilità sociale”. 


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LA VOGLIA DI ESG

Se si parla di sviluppo, l’altro filo conduttore non può che essere la sostenibilità, che nel campo degli investimenti vuol dire soprattutto una cosa: Esg. Secondo il Rapporto Censis-Assogestioni, il 63% degli investitori italiani conosce gli strumenti Esg, ma in tanti temono il cosiddetto green washing, cioè quella pratica che fa apparire Esg compliant uno strumento finanziario, un titolo o un’azienda, che in realtà tale non è. Per l’84% di chi ha risposto alle domande, servono regole condivise a livello europeo, per identificare i prodotti finanziari autenticamente green.
Per la maggioranza degli italiani, investire in modo responsabile significa soprattutto tutelare l’ambiente: per il 52,1% il criterio ambientale si conferma come quello più importante, mentre solo il 26,2% indica il sociale e il 21,7% la governance. Per i consulenti finanziari è ancora più netta la tendenza: per il 90,7% l’ambito Esg più attrattivo per la clientela è quello ambientale, mentre quello sociale è solo il 6,3% e la governance interessa a un misero 3% degli italiani. 

I CONSULENTI NON TRASCURANO LA GOVERNANCE

Si tratta di dati e trend in linea con quanto rilevato da una recente indagine di Finer Financial Explorer sempre sul tema degli Esg. Emerge, peraltro, che gli strumenti che rispondono ai principi di environmental, social & governance sono più conosciuti tra gli investitori maturi, con una correlazione tra chi ha più disponibilità economica e un alto livello di istruzione. Tuttavia, la propensione a investire in futuro su Esg cresce al diminuire dell’età del potenziale investitore: “ciò vuol dire – commenta Nicola Ronchetti, ceo di Finer – che gli asset Esg non saranno un fenomeno passeggero giacché trovano terreno molto fertile nelle nuove generazioni”. 
L’impatto sociale e l’ambiente sono materie correlate e complementari tra chi propende a investire in Esg, mentre tra private banker e consulenti, i professionisti del risparmio, la componente della governance è altrettanto importante.



LA VERDE EUROPA

A livello globale, nell’ultimo anno c’è stato un forte interesse del settore privato verso i fondi sostenibili, come conferma Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro. “Sono in continua crescita”, spiega il dg, citando i 2,2 trilioni di dollari di masse. Cresce l’appetito anche per il debito verde, asset dove l’Europa fa la parte del leone con l’82% dello stock mondiale. 
“Il pacchetto degli interventi normativi europei – ricorda Rivera – va proprio verso lo sviluppo di questo mercato, ma c’è un problema informativo: siamo passati in poco tempo da asset con poche informazioni a un mercato con troppe informazioni, con conseguenti rischi di green washing. La sfida dell’Europa è anche quella di essere all’avanguardia con la tassonomia”.
Nel pacchetto di misure Fit for 55, le 13 proposte legislative sull’energia e sul clima, l’obiettivo è chiaro: orientare i flussi finanziari privati verso l’abbattimento della CO2.


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ALLARME DELISTING, LA FUGA DELLE AZIENDE

L’Unione dei mercati dei capitali servirà infine a far fronte anche ai nuovi rischi: per esempio il delisting, cioè l’uscita di aziende dai mercati regolamentati, fenomeno che, spiega il Tesoro, sta già avvenendo in modo preoccupante. “I mercati europei – ricorda Rivera – restano sottodimensionati rispetto a Usa e Asia; un maggior sviluppo del mercato dei capitali è importante per reagire alle crisi. Se da un lato i rischi sono rappresentati da volatilità e bolle finanziarie, dall’altro un maggior numero di aziende sui mercati permette cambiamenti molto più rapidi, nonché una riconversione più facile”. 
In quest’ottica, chiosa il dg del tesoro, è centrale ampliare il ruolo delle assicurazioni come investitori istituzionali di lungo termine, studiando e applicando “nuovi metodi per attenuare l’impatto della volatilità sulla solvibilità delle imprese”. 

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