LA PREVENZIONE È UNA QUESTIONE COMPLESSA

In Italia le conoscenze sui terremoti sono molto avanzate e l’esperienza maturata negli ultimi decenni ha permesso di definire una normativa articolata e completa. Ciò nonostante, permangono aspetti di complessità determinati da problematiche architettoniche e urbanistiche che comportano costi elevati per gli interventi

LA PREVENZIONE È UNA QUESTIONE COMPLESSA
👤Autore: Maria Moro Review numero: 103 Pagina: 42-43
Nonostante sia colpita con una certa cadenza da terremoti, l’Italia può essere considerata un paese a media sismicità, se si paragonano la frequenza e l’intensità massima raggiungibile dagli episodi con quelle di altre aree, come il Giappone o la Turchia. 
Come è noto, sulla penisola è stata operata una classificazione dei territori in quattro zone a pericolosità sismica decrescente (dalla zona 1 alla zona 4) che non contempla aree esenti da minaccia sismica ma solo a bassa probabilità. In linea di massima, la dorsale appenninica, dalla Calabria all’Umbria, e le montagne del Friuli costituiscono la zona 1.
A ogni evento sismico che comporti danni alle cose o alle persone ci si interroga sull’impreparazione del paese a far fronte a tali circostanze e su come si potrebbe intervenire per ridurre il rischio e contenerne gli effetti. “In realtà, in Italia la filiera che si occupa della materia, dai professionisti alle imprese, è competente e strutturata. Le difficoltà riguardano piuttosto altri aspetti, come le caratteristiche della realtà edilizia e i costi”, anticipa il professor Franco Braga, presidente di Anidis, l’associazione nazionale italiana di ingegneria sismica. 

NORME SPECIFICHE E CONOSCENZA DELL’EDIFICIO

Nel nostro paese le competenze in termini di conoscenza del fenomeno, di prevenzione e di protezione sono molto elevate, così come la consapevolezza dei principi dell’ingegneria antisismica e dei metodi di intervento.
Le modalità per il costruire antisismico e gli interventi di miglioramento sono definite dalle normative tecniche per le costruzioni, emanate dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nelle quali sono precisati, tra l’altro, i criteri generali per conseguire i livelli di sicurezza strutturale minimi ammessi, le prescrizioni a cui attenersi in fase di progetto e le caratteristiche da assicurare ai materiali. 
Aspetto importante, ai fini della migliore progettazione antisismica il documento introduce una metodologia che prevede la suddivisione dell’intero territorio in quadrati di cinque chilometri di lato, per ciascuno dei quali è fornita su base probabilistica l’entità delle scosse telluriche al variare del loro periodo di ritorno. 
Il testo è vincolante in tutta Italia, ma ci sono altri aspetti che in alcuni casi rendono difficile e oneroso poter mettere in sicurezza un edificio. “Per intervenire in maniera veramente efficace è importante avere una conoscenza specifica della storia dell’edificio, questione che si rivela complessa in strutture urbane dove le abitazioni si sono stratificate nel corso dei secoli e possono avere caratteristiche costruttive non omogenee”, spiega Braga. Tipico dei centri storici e dei borghi antichi, soprattutto quelli appenninici, è anche un altro aspetto: “in questi luoghi gli edifici si presentano aggregati, sono costruiti uno a ridosso dell’altro, e diventa molto difficile prevedere in termini ingegneristicamente efficaci il comportamento del singolo edificio in caso di sisma per intervenire di conseguenza”. Tali considerazioni fanno emergere la domanda sulla portata di un intervento come il Sisma Bonus, che certamente rappresenta un’occasione per migliorare la risposta antisismica degli edifici con una spesa agevolata, ma fa riflettere sulla possibilità di applicazione efficace in contesti con le peculiarità di quelli descritti. 
Diverso è l’approccio sulle nuove costruzioni, per le quali esistono molte soluzioni tecniche e materiali che rendono l’edificio flessibile, capace di assecondare e assorbire il movimento.
In pratica, la localizzazione dell’edificio sul territorio nazionale, la conformazione del terreno su cui sorge (se in collina o in pianura), il fatto che sia libero su tutti i lati e la sua tipologia costruttiva diventano componenti rilevanti nella valutazione del suo rischio sismico.

“NEAR FAULT”, UNA TIPICITÀ DEI SISMI ITALIANI

Gli effetti dei terremoti sulle costruzioni sono condizionati in primo luogo dalla profondità dell’ipocentro, il punto nella crosta terrestre convenzionalmente identificato come origine della scossa. Quanto più profonda è la sorgente sismica tanto più l’energia prodotta viene distribuita prima di raggiungere la superficie terrestre. In genere viene fissata alla profondità di 10 km la superficie di separazione ideale che distingue i terremoti far fault, con l’abitato lontano dalla faglia, rispetto ai near fault, con l’abitato vicino alla faglia. Questi ultimi sono frequenti per gli eventi sismici che si manifestano in Italia e in modo particolare lungo la direttrice appenninica. “La distinzione è importante per quanto riguarda i valori delle componenti orizzontali e verticali del movimento tellurico, laddove negli eventi near fault quella verticale assume una rilevanza determinante, con conseguenze importanti specie per le costruzioni in muratura”, spiega Braga. 
La questione è pertinente alla normativa tecnica sulle costruzioni antisismiche, che fino a ora ha considerato gli effetti sulle strutture solo dei terremoti far fault.  Ecco perché, secondo Braga, “le indicazioni contenute nella norma andrebbero riviste”.

SI PUÒ CONTESTUALIZZARE, NON PREVEDERE

La data precisa in cui, in una certa zona, si verificherà un terremoto di determinata intensità oggi non può essere prevista, ma gli studi hanno evidenziato una grossolana periodicità per i terremoti che interessano una specifica area. In altri termini, un evento sismico può presentarsi nella stessa area a intervalli di tempo regolari e con una intensità confrontabile con gli eventi precedenti.
In pratica, è possibile sapere in che zona, in che periodo e con quale intensità si verificherà un terremoto, è però impossibile conoscere questi dati con l’elevata precisione che sarebbe necessaria per contenere al meglio gli effetti su persone e cose. Ma a differenza del Giappone, dove la frequenza costituisce una realtà con cui ogni generazione ha dovuto fare i conti, in Italia gli intervalli di tempo si misurano tra i due e i quattro secoli, con l’effetto di ridurre la memoria collettiva e di tornare, nel tempo, a costruire secondo modalità meno onerose in quanto non antisismiche. Oggi, la certezza della ciclicità degli eventi rende auspicabile intervenire sul parco edifici. 
 “Intervenire su un alloggio in chiave antisismica – precisa Braga – comporta costi fino a 2mila euro a metro quadro. Inoltre, la struttura dei centri storici e dei borghi rende inutile un’azione lasciata al singolo, è invece necessario considerare l’aggregato in cui l’unità abitativa è inserita. In base a tali considerazioni, per poter elevare la sicurezza del patrimonio edilizio italiano va previsto un piano di interventi distribuito almeno su tre-quattro decenni, con un costo complessivo che potrebbe essere stimato sui 150-200 miliardi di euro”. Una cifra improponibile per le finanze italiane, ma distribuendo gli interventi in un arco di tempo come quello suggerito il costo annuo risulterebbe più sostenibile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

terremoti,
👥

I più visti