CRISI ENERGETICA. QUALI CONSEGUENZE PER GLI ASSICURATORI?

Le difficoltà nell’approvvigionamento dell’energia che si sono abbattute sull’economia mondiale, aggravate dal conflitto in Ucraina, si ripercuotono direttamente sul comparto assicurativo. Ecco alcuni esempi di questi impatti, che non tarderanno a mostrare i loro contraccolpi sui conti delle compagnie

CRISI ENERGETICA. QUALI CONSEGUENZE PER GLI ASSICURATORI?
👤Autore: Cinzia Altomare Review numero: 98 Pagina: 58-61
Nonostante il contesto economico sia caratterizzato da una generale spinta per la ripartenza, dopo il crollo dovuto alla pandemia, assistiamo all’avvicendarsi di una serie di problematiche che interessano tutti gli operatori economici e, dunque, l’intero universo finanziario che costituisce l’anima e il motore del settore assicurativo. 
La difficoltà a reperire fonti energetiche a prezzi accettabili pone drammaticamente il tema dell’aumento dei costi delle materie prime e della scarsità di approvvigionamenti, che determina ritardi e annullamenti nelle forniture ai clienti, da parte di tutti i fornitori di prodotti e servizi.
I fenomeni inflattivi che si sono abbattuti sui processi produttivi si ripercuoteranno inevitabilmente sui costi dei sinistri, secondo l’analisi fornita da Swiss Re, e conseguentemente sui premi assicurativi. Ciò dovrebbe sostenere da un lato la crescita del mercato assicurativo, ma costituirà un problema non da poco sull’economia delle aziende in cerca di copertura, che potrebbero dover scegliere tra la prospettiva di acquistare una polizza adeguata e la necessità di sostenere le spese per consentire il proseguimento della loro attività.
Insomma, se la crisi pandemica ha fortemente rallentato l’economia globale, quella energetica rischia di fermare la spinta alla ripresa che abbiamo lungamente atteso. Consideriamo ad esempio i costi del petrolio: non si vedevano prezzi così alti da oltre un decennio. In passato, l’aumento del prezzo del petrolio rappresentava un fatto positivo per quell’importante parte del settore assicurativo dedicata al comparto energetico, per via dell’aumento del gettito dei premi, dovuto a un maggiore utilizzo degli impianti di perforazione, allo sviluppo dell’attività di esplorazione e produzione e all’incremento dei progetti di costruzione.
Ma l’industria deve ora fare i conti con le conseguenze della transizione energetica: un fenomeno che è stato accelerato dalla crisi climatica e anche dallo scoppio del conflitto in Ucraina, spingendo i governi a intensificare i loro sforzi per trovare fonti di energia alternative al petrolio e al gas che provengono in larga parte dalle zone soggette a una crisi geopolitica senza precedenti. 

GERMANIA, UNA FORZA CHE VACILLA

E non è tutto. Consideriamo la Germania: ampiamente riconosciuta come il paese economicamente più forte dell’Ue. Il trasporto di gas naturale dalla Russia giunge qui attraverso il gasdotto noto come Nord Stream 1, che, com’è noto, è stato interrotto per rappresaglia e poi ripreso ad appena il 20% della sua capacità. 
Di fronte alle minacce russe di chiudere definitivamente i rubinetti, il governo tedesco ha predisposto un piano di emergenza in più fasi, che comprende misure per proteggere la solvibilità delle imprese, il permesso alle aziende di servizi per trasferire prezzi più alti ai consumatori e la flessibilità per il controllo governativo della distribuzione e del razionamento del gas.
Gli analisti economici tedeschi ritengono che questa manovra possa cercare di attenuare, ma non riuscirà a evitare, la recessione nel paese, dal momento che lo stesso è già soggetto a un elevato debito nazionale. Essa creerà inoltre il presupposto per una maggiore indulgenza fiscale in tutta Europa. In pratica, se l’economia più forte vacilla, di certo gli altri membri dell’Ue non potranno che trovarsi coinvolti in una recessione anche più grave.



COINVOLTI TUTTI GLI ASPETTI DELL’ATTIVITÀ ASSICURATIVA

Secondo gli esperti del comparto assicurativo, la recessione inflazionistica ormai prevista e in molti casi già in atto nei Paesi Membri comporterà necessariamente la riduzione del reddito reale per i consumatori e il conseguente rinvio degli acquisti assicurativi non essenziali. 
E dunque ci troveremo di fronte, da un lato, a una riduzione della capacità di spesa delle aziende per poter fronteggiare i più elevati costi di produzione, e dall’altro, a una diminuzione degli investimenti da parte dei consumatori, a causa dell’elevata pressione inflazionistica, ormai generalizzata in tutta l’Ue.
Ma le conseguenze per il comparto assicurativo non si limitano a quelle direttamente connesse alla capacità d’acquisto degli assicurati. La questione delle fonti energetiche è infatti legata a ogni aspetto dell’attività assicurativa. 
Le compagnie di assicurazione, ad esempio, proteggono milioni di proprietà contro i danni provocati dai rischi meteorologici, e sono dunque direttamente interessate dalle questioni relative al cambiamento climatico. 
Si è calcolato che nel corso dell’ultimo decennio il 30% dei costi conseguenti agli eventi climatici è stato coperto dalle assicurazioni, ma essendo la spirale dei cambiamenti climatici ormai fuori controllo, continua a crescere la quota di mercato che non potrà più essere assicurata, e alcuni tra i più importanti gruppi assicurativi su scala globale hanno dichiarato che un aumento ulteriore della temperatura media renderebbe il pianeta inassicurabile.
Eppure, nonostante i loro timori e l’evidente interesse a contenere il rischio climatico, le compagnie di assicurazione sono ancora tra i più importanti investitori nell’industria delle fonti fossili, che ne sono riconosciute come i maggiori responsabili. 
Secondo alcune ricerche svolte dalle società Ceres e Profundo, importanti società di assicurazione negli Stati Uniti e in Europa investono ogni anno molti miliardi in compagnie che operano nel settore del petrolio, del gas e del carbone.
Nel tentativo di improntare la loro attività a una sempre maggiore sostenibilità, alcuni gruppi assicurativi, tra i quali Aegon, Allianz, Aviva, Axa, Munich Re, Scor, Storebrand e Swiss Re hanno deciso di eliminare dai loro portafogli le compagnie che operano nel settore carbonifero, ma la strada da fare in questo senso è ancora lunga, anche perché l’assicurazione è una precondizione critica per i progetti legati alle fonti fossili. Le compagnie carbonifere non possono sfruttare le loro miniere o costruire nuove centrali elettriche senza essere assicurate. Pertanto, se tutte le compagnie di assicurazione dovessero smettere di sostenere il settore delle fonti energetiche fossili, i fornitori tradizionali di energia incontrerebbero grandi difficoltà a operare.
Il problema della transizione energetica tocca dunque direttamente il mondo assicurativo, anche attraverso gli investimenti che molte società del suo comparto sono ancora costrette a fare, e la crisi energetica non può che avere un impatto profondo sull’economia del settore, sia direttamente che indirettamente.
Secondo Swiss Re, l’accelerazione degli investimenti sulle energie rinnovabili potrebbe favorire ulteriormente la crescita dei premi e l’innovazione dei prodotti assicurativi sul lungo periodo, ma l’attuale crisi energetica, attraverso il ripiegamento su altri combustibili fossili, bloccherà nel breve periodo i progressi verso gli obiettivi sostenibili.
Pensiamo alle indicazioni più recenti del nostro Governo per possibili nuovi investimenti sulle centrali a carbone o le discussioni riguardo a una nuova spinta verso il nucleare, che sta consentendo ai nostri vicini francesi di essere meno preoccupati di noi per la riduzione delle forniture di gas russo.

CRITICITÀ SUL PIANO CONTRATTUALE

Anche sul piano squisitamente tecnico si potrebbero registrare conseguenze in grado di determinare perdite economiche importanti.
L’assicurazione dei rami short-tail, ad esempio, potrebbe subire un forte impatto per l’interruzione dei processi produttivi delle società assicurate, a causa della penuria o degli alti costi dell’energia, dando origine a un aumento dei sinistri da interruzione dell’attività.
I rami interessati potrebbero comunque essere diversi, perché è possibile intravedere una serie di criticità legate alle definizioni previste in polizza.
È stato osservato, ad esempio, che l’aumento considerevole dei prezzi delle materie prime e dell’energia elettrica potrebbe considerarsi un evento di forza maggiore e quest’ultimo potrebbe risultare coperto da alcuni contratti assicurativi. 
In alcuni mercati esistono delle fattispecie di copertura che possono essere rilevanti in questo senso, come le cosiddette clausole di force majeure, hardship clauses, material adverse changes o Mac clauses etc. Si tratta di clausole tipiche della prassi internazionale che potrebbero essere recepite e applicate anche da noi, in particolare nei rami trasporti o in alcune polizze per l’assicurazione della responsabilità civile, e che non sono del tutto estranee al nostro ordinamento. 
Il nostro codice, infatti, prevede alcuni concetti come quello di “impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore” (articoli 1218, 1256 e 1463) o “eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione” (articoli 1467 e seguenti), etc.
Parliamo di situazioni impeditive dell’adempimento non prevedibili da parte del debitore, cioè del caso di una mancata o inesatta esecuzione della prestazione dedotta dal contratto, in grado di determinare una responsabilità per la parte inadempiente. Se la stessa dovesse dimostrare che l’inadempimento è stato conseguenza dell’impossibilità di eseguire la prestazione per “causa a lei non imputabile”, essa potrà essere ritenuta non responsabile.
Nel contesto che stiamo analizzando, questo tipo di ricorso potrebbe trovare uno spazio di operatività nell’ipotesi di carenza di materie prime o di accertata impossibilità a operare per un improvviso, eccessivo e imprevedibile incremento dei costi dell’energia necessaria alla produzione. E non si tratta di questioni di lana caprina, perché è possibile che tale scappatoia venga impugnata in alcuni mercati caratterizzati da estrema litigiosità, come quello statunitense, e venga quindi accolta dalle nostre parti per invocare l’impossibilità di adempiere all’obbligazione prevista o comunque una sospensione della stessa. 
Si tratta solo di un esempio tra i tanti possibili, ma non è difficile immaginare quale peso possa avere sul piano contrattuale l’applicazione di questi principi a difesa delle aziende produttrici di beni e servizi, in una situazione economica come quella che si prospetta, e quali possano essere le conseguenze per le compagnie assicuratrici che dovessero proteggerle o che dovessero opporsi a esse.

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