LE COMPAGNIE TRA DIVERSIFICAZIONE E CAPACITÀ DI SELEZIONE

Anche le assicurazioni si sono tuffate nel mercato dei Pir, sebbene un pò frenate dalla normativa e dalla revisione di accordi distributivi. Convinte che il prodotto vada inserito in un portafoglio comunque diversificato, c'è chi punta alla gestione del rischio e chi più all'investimento profittevole

LE COMPAGNIE TRA DIVERSIFICAZIONE E CAPACITÀ DI SELEZIONE
Nella corsa ai Pir le compagnie assicurative stanno rimontando. Ma, come spesso accade, hanno dovuto rincorrere altri settori, come quello del risparmio gestito e quello bancario. Per alcune, l’attesa è stata una scelta strategica, per altre una necessità. Come già si è accennato, la normativa assicurativa non chiariva alcuni aspetti importanti, e alcuni player hanno preferito aspettare.   
Dal punto di vista di un grande attore come Generali Italia, che ha lanciato il proprio Pir attraverso le sue agenzie, il mondo assicurativo è partito dopo rispetto al settore del risparmio gestito e delle banche “perché – spiega Giancarlo Bosser, chief life & employee benefits officer – ha riflettuto sul modo più efficace per conciliare le indicazioni della normativa, garantendo il controllo della volatilità attraverso le leve finanziarie e l’inserimento della gestione separata, che resta un asset distintivo del settore”. 

Secondo Fabio Carniol, ad di Helvetia in Italia, gli assicuratori sono arrivati più tardi principalmente per due motivi: il primo è legato, come detto, all’incertezza normativa sull’investimento in gestione separata ma anche ad alcune tematiche fiscali, come l’incognita di poter usare o meno la forma del contratto unit linked per il Pir. “Il secondo tema – continua Carniol – è che questi prodotti erano stati già inseriti nei budget dei grandi gestori o delle grandi banche e quindi all’interno di un’offerta già consolidata nel risparmio gestito. Nel nostro caso, invece, è stato necessario chiarire con i singoli partner distributivi le politiche commerciali”.


UNA CONDUZIONE ATTENTA DELL’INVESTIMENTO

Generali ha optato per una scelta prudente di interpretazione della normativa, con una gestione separata al 15% dell’investimento. “Facendo questa scelta – sottolinea Bosser –, siamo sicuri di poter offrire ai nostri clienti il pieno beneficio fiscale”. 
La chiave è il controllo del rischio di liquidità nel medio e lungo termine, con due linee a diposizione del cliente: una mista, che unisce il mercato obbligazionario a quello azionario e un’altra totalmente azionaria. Secondo Bosser, il valore aggiunto dell’offerta è però la conduzione degli investimenti: “ci appoggiamo a Generali Investments Europe, che è il nostro principale gestore degli attivi, per compiere investimenti diretti in un panel di aziende attive in settori che consideriamo promettenti, guidati da una logica bottom-up. Senza limitarci all’analisi fondamentale, ma incontrando le singole realtà per seguire l’evoluzione e la crescita delle imprese in portafoglio”.



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LO SBLOCCO DELLA LIQUIDITÀ

Il successo di strumenti come i Pir, il fatto che i numeri siano sopra le attese, è stato accolto positivamente dai player del settore assicurativo. “Generali Italia – precisa Bosser – è contenta soprattutto che ci sia, oggi, uno strumento che aiuti a sbloccare la liquidità del risparmio italiano in favore della crescita del tessuto industriale del Paese: dal punto di vista dello sviluppo complessivo, questa è una buona notizia”.  
Secondo Bosser, il contesto di tassi bassi e la volatilità dei mercati impone di “parlare di risparmio in modo diverso”, perché il beneficio fiscale e la finalità virtuosa dei Pir “sono due aspetti importanti ma che si sono inseriti in un contesto favorevole”. 
A quanti paventano il rischio di una bolla, visto proprio il successo sui listini delle aziende medie e piccole che beneficiano dei flussi di capitale, Bosser risponde che sono proprio alcune caratteristiche peculiari del Pir, unite alla capacità di selezione dell’investimento dei gestori, a mettere al riparo il consumatore dai rischi peggiori. “È evidente – sostiene – che di fronte a grandi flussi ci possono essere fluttuazioni: ma l’investimento a medio e lungo termine è di per sé una tutela. E poi è essenziale la selezione delle aziende verso cui esporsi: noi scegliamo quelle caratterizzate da progetti di crescita sostenibile e a lungo termine”. 





PER PORTAFOGLI DIVERSIFICATI

Il Pir, in questo contesto, è visto da tutti come occasione di diversificazione dell’investimento complessivo. “Si tratta di uno strumento – argomenta Carniol – che per sua natura può essere facilmente abbinato, in fase di offerta, ad altri servizi di tipo assicurativo, come le polizze previdenziali o le Tcm”. Come prodotto stand alone il Pir può essere poco valorizzato; come strumento di lungo periodo, invece, inserito in un portafoglio diversificato, assume un’importanza diversa. Secondo Helvetia, l’intermediario deve adoperarsi in una consulenza più strutturata e ampia, così da seguire il cliente in una logica di investimento in cui la parte assicurativa può giocare un ruolo centrale.   
Il prodotto di Helvetia è partito a luglio con una distribuzione attraverso gli agenti, per poi estendersi al Banco Desio e ad altri distributori: presto la compagnia prevede quindi di fornirlo tramite la rete di agenzie, i consulenti bancari e alcuni promotori con cui già collabora. 
“Rispetto ai prodotti assicurativi più classici – ammette Carniol – è chiaramente più complesso: si tratta di un prodotto di ramo terzo e quindi occorre che sia fatta una meticolosa adeguatezza per il target più corretto. È, tuttavia, un’occasione importante per fornire vera consulenza al cliente, e per capire insieme quanto il prodotto sia adeguato rispetto all’orizzonte temporale e alla propensione al rischio del singolo risparmiatore”.   



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SPINGERE SULL’AZIONARIO (FINCHÉ SI PUÒ)

Generali Italia ha inserito il Pir in un catalogo ricco di prodotti flessibili in cui, attraverso la gestione separata, vengono bilanciati i rischi degli strumenti finanziari più avanzati. 
“La capacità di consulenza del distributore – sottolinea Bosser – è essenziale per una gestione oculata dei risparmi e dei patrimoni dei nostri clienti. Il messaggio della diversificazione dell’investimento è quello che spingiamo di più sotto il profilo commerciale: tant’è vero che al Pir abbiamo collegato specifici programmi di loyalty dedicati a chi è già nostro cliente”.
La diversificazione è la parola chiave per la distribuzione del Pir anche per chi è partito subito e la cui clientela abituale può disporre di grandi somme. È il caso di Cnp Partners, che ad aprile aveva già lanciato il proprio Pir. Il direttore generale, Arcadio Pasqual, sottolinea come la costruzione di un portafoglio sano non possa basarsi solo su un prodotto che, tra l’altro, è così focalizzato sul mercato italiano. “Il Pir è ottimo – dice – ma non può avere una quota superiore al 30-40% del portafoglio. La diversificazione è essenziale sia sulla parte obbligazionaria, per limitare il rischio, sia su quella azionaria, a livello geografico. Tuttavia – conclude – essendo l’investimento di lungo termine è giusto che le componenti azionarie siano più corpose in questa fase”. 
Non era comunque nelle intenzioni del legislatore che questo prodotto esaurisse le potenzialità di risparmio degli italiani.

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