I RISCHI DELL’ESTRAZIONE AURIFERA.

Oro, criticità per l'ambiente e per la salute. Per estrarre la quantità sufficiente a realizzare due fedi nuziali è necessaria la rimozione di più di 250 tonnellate tra rocce e minerale aurifero. E la febbre dell’oro trascina con sé anche la corsa a un utilizzo massivo del mercurio, i cui effetti sono disastrosi per i lavoratori e devastanti per il territorio

I RISCHI DELL’ESTRAZIONE AURIFERA.
L’oro, metallo noto col simbolo chimico di Au, non è vitale per l’uomo e ha, in effetti, pochissimi usi pratici. Su questa constatazione parte l’analisi che segue. Si pensi che dalle sue origini l’umanità ha estratto e lavorato più di 150 mila tonnellate d’oro. È una quantità che per quanto possa sembrare incredibile, potrebbe formare un cubo con uno spigolo di 20 metri, quindi non molto più grande di un condominio. Ma allora cosa è che rende cosi particolare e centrale per il nostro sistema economico/finanziario il metallo giallo? È l’applicazione della legge Summers, redatta nel 2013 dall’economista di Harvard Larry Summers, la quale afferma che la richiesta di metallo giallo è inversamente proporzionale ai rendimenti che si possono ottenere dagli investimenti industriale e finanziari. Ovvero più l’economia reale va a picco e le Borse sono in preda a pessimismo, più il lingotto torna di moda. Il suddetto modello econometrico spiega perché l’investimento in oro, e le sue quotazioni, tendano ad aumentare in presenza di fattori di rischio geopolitico, di forte volatilità dei mercati finanziari o di aumento dell’inflazione.
I gioielli sono ancora oggi il prodotto principale del mercato globale dell’oro: corrispondono ai tre quarti del consumo mondiale annuo del metallo prezioso (circa 3.600 tonnellate). I nuovi ricchi in Russia, Cina e India ci tengono a esibire la loro ricchezza. Solo il 13% dell’oro viene fuso in lingotti o monete, il resto è usato dall’industria come materiale per l’odontoiatria o per i componenti elettronici.
La maggior parte dell’oro viene estratta dalle miniere sotterranee nella misura di circa 2.500 tonnellate all’anno. Circa 500 tonnellate vengono strappate alla terra dai piccoli cercatori d’oro, come i garimpeiros brasiliani. A questi si aggiungono circa 900 tonnellate del cosiddetto scrap gold, i rottami d’oro riciclati da gioielli, componenti elettronici, polvere raccolta dai filtri e fanghi galvanici (la tedesca Norddeutsche Affinerie è una delle poche aziende al mondo specializzate nel riciclo del metallo giallo, o meglio nell’estrazione dell’oro dai circuiti integrati di apparecchi elettronici quali i telefonini).

TRA PICCOLI MINATORI E GRANDI INDUSTRIE

Il processo produttivo di estrazione dell’oro vede quindi da un lato gli eserciti di poveri lavoratori migranti che si concentrano in miniere di piccole dimensioni come a La Rinconada, in Perù (secondo l’Oms l’aspettativa di vita in questa città è di soli 50 anni, 21 meno della media nazionale). Secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido), i cosiddetti minatori artigiani nel mondo, dalla Mongolia al Brasile, sono tra i 10 e 15 milioni. Con metodi estrattivi rudimentali producono circa il 25% dell’oro mondiale. La maggior parte dei piccoli minatori utilizza il mercurio per separare l’oro dalla pietra liberando così sostanze tossiche in forma liquida e gassosa. L’Unido ha stimato che un terzo di tutto il mercurio rilasciato dall’uomo nell’ambiente proviene dall’estrazione artigianale dell’oro. Il Programma ambientale dell’Onu calcola che 1.000 tonnellate di mercurio vengono utilizzate ogni anno nelle miniere d’oro medio piccole. E dall’altro, all’estremo opposto, ci sono le immense miniere a cielo aperto talmente grandi da essere visibili persino dallo spazio, di proprietà delle società minerarie più grandi del mondo (mi riferisco a società come Newmont, Anglo American, Gold Fields, Avgold, Randgold e Rosia Montania Corporation) che producono i tre quarti dell’oro mondiale.


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MERCURIO, UN METALLO PERICOLOSO

Le criticità rappresentate dal mercurio usato per separare l’oro dagli altri minerali sono le seguenti.

  • Provoca rilevanti danni a carico della salute dei lavoratori
La United Nation and environment program (Unep) rileva che 10 milioni di minatori e le loro famiglie soffrono di danni alla salute causati dall’esposizione al mercurio. L’Unep ne elenca i danni fisiologici: il mercurio danneggia il sistema nervoso, colpisce il fegato e la tiroide, causa gravi disturbi delle memoria e malattie agli occhi. L’avvelenamento cronico da mercurio causa danni irreversibili al cervello, al fegato e ai reni. Esiste un nesso fra l’esposizione al mercurio e gli effetti negativi sul sistema cardio-vascolare, il sistema immunitario e l’apparato riproduttivo.

  • Provoca rilevanti danni a carico dell’ambiente
Il mercurio bruciato da fornaci e discariche, emesso nell’atmosfera ricade sulla terra con le piogge acide, contaminando le acque potabili. Si diffonde nella catena alimentare e le concentrazioni più elevate si depositano negli organismi dei grandi pesci: tonno, pesce spada, merluzzo. Il mercurio e i suoi componenti sono estremamente tossici per gli esseri umani, gli ecosistemi e la fauna selvatica. Il mercurio inoltre ritarda l’attività microbiologica dei suoli.
 

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DANNI IN OGNI METODOLOGIA DI AZIONE

Esaminiamo ora le varie tipologie di processo di estrazione del materiale aurifero, con la disamina per alcuni di questi processi delle specifiche criticità. I sistemi di estrazione del materiale aurifero sono i seguenti: a cielo aperto; da parte dei garimpeiros; dai fondali marini; a gravità; da riciclo; da dragaggio; da disgregazione; mediante cianurazione; mediante mercurio.

  • Estrazione a cielo aperto 
Le maggiori aree produttive in cui si utilizza questo sistema sono l’Australia, l’Africa e le Ande. Preliminarmente si può affermare che l’estrazione del materiale aurifero mediante questo sistema è una calamità dal punto di vista ecologico, in quanto le aziende effettuano scavi a cielo aperto così grandi che si vedono dallo spazio. Il materiale scavato viene macinato fino a ridurlo a una poltiglia fangosa e nei macchinari per la macinazione finiscono montagne intere: per ricavare un’oncia di oro se ne devono lavorare a volte anche 100 tonnellate (1 oncia equivale a 31,1 grammi e basta appena per 2 fedi matrimoniali). In questo processo gli operai versano sul materiale macinato enormi quantità di una soluzione di cianuro così potente che, di fatto, uccide ogni forma di vita nell’ambiente circostante. Da ogni carico di 50 tonnellate si estraggono più o meno 9 once d’oro, circa 280 grammi. In passato lo scavo di una nuova miniera a cielo aperto costava circa 100 milioni di dollari. Oggi un’impresa del genere divora almeno 1 miliardo di dollari e possono passare tra i sette e i nove anni prima che si cominci a estrarre oro.

  • Estrazione da parte dei garimpeiros
Tale sistema di estrazione effettuato dai cercatori d’oro è prettamente utilizzato sul fiume Sikini, al confine tra il Brasile e la Guyana Francese, dove, secondo le stime dei geologi, si trovano almeno 400 tonnellate di oro. I garimpeiros lavorano immersi nel fango fino alle ginocchia. 
Essi aspirano l’acqua dalle pozze lungo il fiume attraverso potenti pompe e lavano la terra con getti d’acqua ad alta pressione; infine la miscela d’acqua, fango e oro viene convogliata su uno scivolo di legno rivestito da un tappeto. A questo punto i garimpeiros usano il mercurio per separare la roccia dal metallo. Molti di loro sono affetti da malaria e altre malattie tropicali. Inoltre la maggior parte dei corsi d’acqua e delle lagune nei dintorni è contaminata dal mercurio.
 
  • Estrazione da dragaggio
Tale sistema di estrazione, utilizzato prettamente in Indonesia, è rappresentato dallo scavare il fondo dei corsi d’acqua auriferi mediante draghe capaci di estrarre tantissima sabbia. Questo materiale viene lavato entro canali di legno con una corrente d’acqua di volume decuplo di quello della sabbia. Mescolando sabbia aurifera e mercurio, quest’ultimo capta anche le più fini particelle del metallo prezioso e lo amalgama: dato il notevole peso specifico, esso scivola sul fondo dei contenitori di sabbia da cui viene quindi separato facilmente. Oltre l’utilizzo del mercurio vi è la criticità rappresentata dalla successiva collocazione del materiale dragato: solitamente gli scarti vengono liberati a 3,4 chilometri dal punto di prelievo a una profondità di 125 metri.


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  • Estrazione da disgregazione
Tale sistema consiste nel disgregare banchi auriferi sopraelevati sul fondo delle vallate. Le rocce così disgregate vengono sottoposte all’azione di potenti frantumatori, sminuzzatori e polverizzatori meccanici che la riducono in polvere finissima. Il materiale ottenuto viene assoggettato a un trattamento complesso, che comprende un'amalgamazione col mercurio eseguita all'interno di apparecchi a lastre di rame, combinata con una decantazione automatica delle parti argillose, oppure in apparecchi rotanti in cui l'amalgamazione avviene per forza centrifuga.

  • Estrazione da cianurazione
Tale processo consiste nell’introdurre la polvere aurifera triturata molto finemente insieme con la soluzione entro speciali apparecchi nei quali tale soluzione viene agitata continuamente, sia mediante organi meccanici, sia mediante una corrente d’aria sotto pressione. Dagli agitatori la polpa aurifera viene pompata dentro apparecchi nei quali circola controcorrente la soluzione di cianuro. Questa viene chiarificata per decantazione o per filtrazione, e fatta passare entro vasche contenenti frammenti di zinco. Questo metallo si scioglie nel cianuro, sostituendo l’oro che precipita sotto forma di polvere che viene depurata per lavaggi in acido solforico.

  • Estrazione da mercurio
Tale metodo di estrazione dell’oro si basa sulla sua combinazione con il mercurio, che viene poi rimosso mediante distillazione (infatti proprietà del mercurio è quella di sciogliere, assorbendone la propria massa liquida, alcuni altri metalli che spontaneamente a temperatura normale si amalgano con essa). Mescolando sabbia aurifera e mercurio quest’ultimo capta anche le più fini particelle del metallo prezioso, e lo amalgama dato il notevole peso specifico, scivolando sul fondo dei contenitori di sabbia da cui viene quindi separato facilmente. Si consideri che il mercurio bolle a soli 360°, mentre l’oro ha il proprio punto di fusione a 1063°, per cui scaldando opportunamente l’amalgama esso si scinde di nuovo.

SENSIBILIZZAZIONE VERSO L’IMPATTO AMBIENTALE

In prospettiva i prezzi dell’oro sono destinati a salire. A gonfiarne il valore è da una parte la crisi di sfiducia verso il sistema bancario, l’inflazione delle derrate agricole e delle materie prime, e dall’altra il progressivo, e inarrestabile spostamento dell’asse economico mondiale verso Oriente. Soprattutto verso la Cina (nel 2017 si sono consumate 363,3 tonnellate d’oro) e l’India (in questo Paese nel 2017 si sono consumate 776,3 tonnellate d’oro, pari a circa il 20% del mercato mondiale). Per dare un'idea dell’incremento si consideri che in Occidente, nello stesso periodo, si sono consumate 278,1 tonnellate d’oro.
Dal punto di vista assicurativo, poiché i processi di estrazione del materiale aurifero prevedono l’impiego di quantità elevata di cianuro, l’incubo è che si ripeta l'incidente avvenuto a Baia Mare, in Romania, dove il 30 gennaio 2000 nella miniera di Aurul si è rotta una diga, e la soluzione di cianuro è finita nel Tibisco, un affluente del Danubio. Per 300 chilometri ogni forma di vita nel fiume è stata distrutta. 
Va inoltre considerato che il mercurio bruciato da fornaci e discariche, una volta immesso nell’atmosfera, ricade sulla terra con le piogge acide. Contaminando le acque potabili, esso si diffonde nella catena alimentare, e le concentrazioni più elevate si depositano negli organismi dei grandi pesci: tonno, pesce spada, merluzzo (recentemente l’Oms ha sollecitato la grande distribuzione a esporre avvisi nei reparti del pesce per sconsigliarne il consumo frequente alle donne incinte, in quanto esiste un nesso fra l’esposizione al mercurio e gli effetti negativi sul sistema cardio-vascolare, il sistema immunitario e l’apparato riproduttivo).
In relazione a ciò, gli investitori stanno iniziando a prendere sempre più in considerazione anche le sensibilità sociali ambientali attraverso le quali valutare la sostenibilità delle performance finanziarie delle aziende operanti nel settore aurifero, e stanno concentrando quindi la loro attenzione e i conseguenti investimenti su quelle la cui gestione comporta un positivo impatto sull’ambiente e la salute dei lavoratori. 


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LE POSSIBILI CONSEGUENZE DELLA VOLATILITÀ

Di converso però tale maggiore considerazione ambientale e sociale fa crescere la volatilità (la quale indica la distanza usuale del prezzo del titolo dal suo valore medio) che determina un aumento della probabilità che i movimenti di prezzo dell’oro siano molto ampi, sia in aumento, sia in diminuzione (si consideri che la volatilità aumenta, specialmente nel breve periodo, quando ci sono situazioni di incertezza o eventi inattesi).
A mio avviso ciò potrebbe determinare che il mercato assicurativo valuti di non prestare più coperture assicurative nei confronti dell’estrazione del materiale aurifero. Ciò potrebbe accadere non in ragione di considerazioni di carattere etico, quanto piuttosto in ragione del fatto che poiché la volatilità misura l’incertezza circa i futuri movimenti del prezzo di un bene o di una attività finanziaria, questo varrà maggiormente anche per il mercato aurifero. Un ambito il cui impatto sarà reso ancora più dirompente dal fenomeno del cambiamento degli stili di vita e di valori dei consumatori: si pensi al movimento: no dirty gold, basta con l’oro sporco, lo slogan coniato da un gruppo di organizzazioni ambientaliste e di associazioni per la tutela dei diritti umani, al cui fianco si sono schierati anche alcune società del settore, per esempio i dirigenti di Tiffany di New York.

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