IL GIOCO DI RUOLO TRA RISCHIO E CREDITO

Esiste davvero un mercato finanziario unico in cui banche, assicurazioni, società di gestione possono alternativamente ricoprire le stesse parti in commedia? In realtà, sia a livello di business, sia sul piano della disciplina primaria e secondaria, la regolamentazione delle attività delle imprese assicurative e degli istituti di credito conserva tratti differenti

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È affermazione comune e ricorrente che il mercato assicurativo, il mercato creditizio e quello mobiliare hanno tratti e finalità comuni, tanto da poter essere intesi come articolazioni dell’unitario mercato finanziario. Non è un caso dunque se una delle principali novità dell’ultimo decennio nel modello di business delle compagnie di assicurazioni e delle banche sia stata proprio l’interconnessione fra attività bancaria e assicurativa, che ha determinato l’ormai diffuso fenomeno della bancassicurazione. 

L’integrazione tra le due attività che il modello della bancassicurazione realizza è anche indicativa di una più ampia tendenza che interessa la disciplina legislativa e regolamentare dei settori in questione. Specie in ambito comunitario, la disciplina del settore assicurativo è stata spesso plasmata sull’esperienza maturata nel campo della regolamentazione bancaria e finanziaria. Un esempio di questa tendenza è dato dal recente ampliamento dei poteri riconosciuti dalla direttiva Omnibus II (direttiva 2014/51/Ue) all’Eiopa (l’Autorità europea di controllo per il settore assicurativo), cui è ora in sostanza riservato un ruolo regolamentare molto simile a quello attribuito alle autorità di controllo europee dei settori bancario e finanzio (Eba ed Esma). Ciò determina, anche nel campo assicurativo, la definizione di un sistema regolamentare a più livelli, che sempre di più richiede di uniformarsi alle linee guida adottate dall’Autorità di controllo europea, col conseguente incremento degli oneri di compliance in capo agli operatori del settore. 


I PRESTITI DIRETTI NELL’ASSICURAZIONE

Nonostante la tendenza all’avvicinamento ora richiamata, sia a livello di business, sia sul piano della disciplina primaria e secondaria, la regolamentazione delle attività delle imprese assicurative e delle banche conserva dei tratti differenti anche nei casi in cui i soggetti abilitati svolgono il medesimo tipo di attività, e tende a evolversi talora secondo approcci differenti. Per avere evidenza di quanto affermato, prendiamo in esame due ambiti che sono stati recentemente interessati da modifiche legislative. 

Il primo è la disciplina del direct lending da parte di imprese di assicurazione italiane. Come noto, al fine di favorire l’accesso a nuove forme di finanziamento, il decreto legge 91/2014 ha introdotto la possibilità per le società di assicurazione (nonché per Sace) di concedere, entro certe condizioni e limiti, finanziamenti sotto qualsiasi forma in favore di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese. Le nuove regole in materia di finanziamento alle imprese riguardano solamente le società assicurative aventi sede legale in Italia, oppure in Paesi non comunitari, non trovando applicazione invece alle società di assicurazioni europee che abbiano in Italia una sede secondaria o che prestino la loro attività in regime di libera prestazione dei servizi. Si tratta di un’anomalia che non mancherà di suscitare l’attenzione del Regolatore e degli interpreti. 

Venendo alla specifica disciplina prevista, ci si limita qui a ricordare che l’articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 209/2005 (come modificato dal decreto legge 91/2014), oltre a delegare a Ivass l’individuazione di più specifiche condizioni, dispone che, per la prestazione di finanziamenti da parte delle imprese di assicurazione, sia necessario, tra l’altro, che: le società da finanziare siano individuate da una banca o da un intermediario iscritto all’albo di cui all’articolo 106 del Tub (Testo unico bancario); questa banca o intermediario finanziario partecipi all’operazione di finanziamento nella misura pari ad almeno il 5% del finanziamento concesso. È dunque evidente come, nel quadro normativo delineato, la prestazione di finanziamenti da parte delle società assicurative sia, nella normalità dei casi, condizionata dalla partecipazione attiva di una banca o di un altro intermediario. È tuttavia possibile che, previa espressa autorizzazione di Ivass, le imprese assicurative possano compiere operazioni di finanziamento senza l’intervento di altri intermediari; in tal caso sarà però necessario che Ivass accerti non solo la sussistenza di presidi per la gestione e il controllo del rischio di credito analoghi a quelli previsti dal regime prudenziale bancario, ma verifichi anche l’esistenza di una determinata eccedenza degli elementi costitutivi del margine di solvibilità e, più in generale, la conformità dei finanziamenti oggetto di valutazione con il livello di patrimonializzazione dell’impresa. 





UN REGIME SEMPLIFICATO PER LE COMPAGNIE

La prestazione di finanziamenti a terzi è in ogni caso subordinata alla predisposizione di un dettagliato piano di attività, con cui l’impresa assicurativa deve determinare tutta una serie di condizioni che definiscono nello specifico le modalità di svolgimento dell’attività di finanziamento. In particolare, è rimessa alla discrezionalità dell’impresa la definizione della struttura organizzativa e gestionale che consenta l’avvio e il monitoraggio nel tempo dell’attività di finanziamento e delle relative esposizioni, nonché la gestione dei conflitti di interessi con tutti i soggetti coinvolti (società finanziate e intermediari). Le società assicurative devono pure indicare i criteri per la selezione dei soggetti da finanziare; criteri che riguardano, tra l’altro, il merito creditizio, i settori di attività e l’area geografica in cui i soggetti finanziati operano e la durata e finalità dei finanziamenti. Il piano così predisposto deve essere preventivamente approvato da Ivass, previa verifica del rispetto delle specifiche condizioni previste dall’articolo 8-bis, Regolamento Isvap 36 del 31 gennaio 2011. 

Appare dunque evidente che il regime così delineato per la concessione di finanziamenti da parte delle compagnie di assicurazione è molto semplificato rispetto a quello che trova applicazione per le banche e, soprattutto, risulta essere in gran parte rimesso alla discrezionalità organizzativa delle compagnie, le quali, in mancanza di best practice, sono chiamate a definire nello specifico i modelli organizzativi relativi all’attività di finanziamento. Si manifesta così una differenza importante nella disciplina dell’attività di finanziamento prestata dalle banche rispetto a quella che oggi può essere svolta (entro i limiti previsti) dalle assicurazioni. 


IL MERCATO DEL RISCHIO EUROPEO 

La seconda sfera che può essere presa in considerazione è data dalla direttiva Solvency II (direttiva 2009/138/Ce). Come noto, il legislatore europeo con l’elaborazione di questa disciplina ha voluto eliminare le differenze più rilevanti tra gli Stati membri in materia di accesso e di esercizio dell’impresa di assicurazione e adottare un modello di regolazione basato sulla gestione del rischio, prescrivendo appunto che i soggetti professionali siano soggetti a efficaci requisiti di solvibilità. Altrettanto nota è l’articolazione della normativa in esame secondo tre direttrici. Un primo pilastro riguardante i requisiti quantitativi necessari per misurare la posizione finanziaria e l’adeguatezza del capitale di solvibilità in rapporto ai rischi ai quali l’impresa assicurativa è esposta. Un secondo pilastro relativo alle regole in materia di corporate governance, risk management e controllo interno, nonché a quelle relative all’esercizio dell’attività di vigilanza da parte delle Autorità competenti. È compreso in quest’ambito la valutazione interna circa il rischio assunto e la solvibilità dell’impresa di assicurazione (Orsa); valutazione che concerne il fabbisogno di solvibilità globale tenuto conto del profilo di rischio specifico, dei limiti di tolleranza del rischio approvati dal consiglio di amministrazione e della strategia operativa dell’impresa. Infine, un terzo pilastro costituito dalle disposizioni in materia di informativa al mercato e alla vigilanza.
L’articolazione secondo queste direttrici, così come gran parte dei contenuti specifici della direttiva, sono mutuati dalla disciplina dettata dagli accordi di Basilea 2 (aggiornati poi con gli accordi di Basilea 3) per il settore bancario. A ciò si aggiunga che i più recenti interventi in materia di corporate governance1) e di vigilanza prudenziale2 nel settore bancario hanno di fatto reso molto simile l’assetto normativo vigente nei settori bancario e assicurativo.





MA L’UNIONE ASSICURATIVA NON C’È ANCORA

Non mancano tuttavia le differenze. A tal riguardo, oltre ad alcune peculiarità dovute alle caratteristiche proprie dell’attività assicurativa (si pensi ad esempio alla funzione attuariale, disciplinata solo da Solvency II), va segnalata un’importante recente novità che marca una notevole differenza nell’applicazione delle norme prudenziali previste nei due settori. A partire dal novembre 2014, è entrato in vigore il Meccanismo di vigilanza unico, previsto nell’ambito dell’Unione bancaria a livello comunitario, secondo cui la vigilanza prudenziale sulle banche di rilevanza sistemica (e dunque la verifica e l’applicazione degli accordi di Basilea) è ora attribuita alla Banca centrale europea. Per le compagnie assicurative, invece, non è ancora prevista l’unificazione a livello comunitario del sistema di vigilanza, con la conseguenza che il controllo del rispetto dei requisiti di Solvency II rimane affidato alle Autorità nazionali di controllo. 


NOTE
1 Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza, Circ. 285 del 17 dicembre 2013, primo e sesto aggiornamento, parte prima – Recepimento in Italia della Crd IV, Titolo IV, Capitolo 1 – Governo societario.
2 Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza, Circ. 263 del 27 dicembre 2006, 15esimo aggiornamento, Titolo V, Capitolo 7 – Il sistema dei controlli interni.


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