DIRITTO ALLE CURE E SICUREZZA DEI MEDICI

I problemi organizzativi e finanziari negli ospedali espongono gli operatori del settore a maggiori rischi di responsabilità penale. Un tema controverso, come hanno dimostrato le contrastanti sentenze della Corte di Cassazione del 2017. Così resta ancora irrisolta la conciliazione tra tutela della salute pubblica e l’autonomia dei professionisti sanitari

DIRITTO ALLE CURE E SICUREZZA DEI MEDICI
Un brusco risveglio da un lungo letargo. Matteo Caputo, docente dell’Università Cattolica di Milano, descrive in questo modo il doppio intervento del legislatore italiano sul tema della colpa medica. La legge 189 nel 2012 (che ha convertito il decreto-legge Balduzzi) e, dopo cinque anni, la legge 24 dell’8 marzo 2017 (legge Gelli-Bianco) hanno disciplinato la responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, con il fine di conciliare la tutela della salute pubblica con l’autonomia di medici e infermieri. Il quadro normativo interviene in un contesto caratterizzato da sempre più frequenti ricorsi legali per presunte responsabilità di imperizia, negligenza o imprudenza da parte dei professionisti sanitari. Una conflittualità su cui sono inciampati anche i giudici della Corte di Cassazione che nell’arco di pochi mesi, tra giugno e ottobre 2017, hanno depositato due sentenze che sono entrate in contrasto tra loro, nel definire l’ambito di esclusione della punibilità previsto dall’art. 590-sexies del codice penale, modificato dall’articolo 6 della legge Gelli-Bianco. Per sciogliere il nodo è stato così necessario l’intervento delle Sezioni Unite, che si sono pronunciate su quale sia la responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria per morte o lesioni personali. La sentenza Vessichelli è stata al centro del dibattito del convegno che La colpa medica dopo la legge Gelli-Bianco e le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che si è tenuto all’Università Cattolica di Milano il mese scorso, in occasione della presentazione del libro di Matteo Caputo la Colpa penale del medico e sicurezza delle cure. A prendere parte all’incontro, oltre all’autore, c’era Giovanni Canzio, primo presidente emerito della Suprema Corte di Cassazione, Ombretta Di Giovine, ordinario di diritto penale alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Foggia, Riccardo Zoia, presidente della Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni (Simla) e ordinario di Medicina legale e delle assicurazioni presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, Renato Balduzzi, consigliere del Csm, ordinario di Diritto costituzionale, già ministro della Salute. L’incontro è stato introdotto e moderato da Gabrio Forti, preside della facoltà di Giurisprudenza e direttore dell’Alta scuola Federico Stella sulla giustizia penale, ordinario di Diritto penale e criminologia.

PAURA DI SBAGLIARE

Riccardo Zoia ha messo in evidenza il sempre più difficile legame tra professione medica e il livello di risorse e di organizzazione nelle strutture sanitarie. “Per avere un diritto penale realistico, non possiamo prescindere dalle relazioni esistenti tra organizzazioni, istituzioni e agire medico” ha detto Zoia che, con esempi concreti, ha sottolineato i nodi che rischiano di incidere sulla qualità delle prestazioni sanitarie. Come nel caso dei chirurghi costretti a operare per 11 ore al giorno, perché altrimenti la struttura ospedaliera non rientrerebbe più nei parametri di codificazione economica del sistema regionale di sanità, e che, allo stesso tempo, dovrebbero dedicare sei ore per informare i pazienti. E ancora specialisti in ortopedia obbligati a effettuare 12 visite l’ora, ossia cinque minuti a paziente. Doveri inconciliabili che possono incidere sulla qualità del servizio svolto, esponendo i professionisti a rischio di errori, con conseguenti azioni penali. Una condizione che sta creando situazioni paradossali. “La biologia dell’uomo – ha detto Zoia – comporta necessariamente che ogni caso sia diverso dall’altro. Il rischio di errori e la paura di subire azioni penali, porta sempre più spesso i professionisti a rivolgersi al medico legale prima di un trattamento. Un pericolo reale, perché nei casi di urgenza occorre agire subito, altrimenti il paziente potrebbe morire”. Una condizione che sta già incidendo sulla precaria presenza di anestesisti in corsia, con la possibilità che nel prossimo futuro siano dei “non professionisti” ad addormentare i pazienti. Per Zoia, un nodo importante è offerto dalla definizione delle linee guida, citate dall’articolo 6 della legge Gelli-Bianco. “Sarà necessario trovare dei parametri sulla ripetibilità dell’analisi medico legale o giudizio, altrimenti la materia diventerà ingovernabile” ha sottolineato il presidente della Simla, auspicando che il diritto penale in ambito medico possa essere efficacemente finalizzato alla prevenzione.

IL RICONOSCIMENTO DELLA CORRESPONSABILITÀ

Una cattiva organizzazione sanitaria può influire sulla responsabilità dei medici. Per questo non si può prescindere dal contesto istituzionale e organizzativo. Gabrio Forti ha ricordato gli incidenti che interessarono il sistema ferroviario nel Regno Unito a fine anni 80: “I ritmi introdotti nella gestione del traffico dei treni erano tali da non assicurare un livello di attenzione dei ferrovieri. Per questo ci fu soltanto un’inchiesta amministrativa, perché il penale venne ritenuto incongruo”. L’esempio sembra calzare perfettamente rispetto allo scenario tracciato da Zoia anche se, nel caso delle professioni sanitarie, il diritto penale sembra piuttosto porsi come una pietra di inciampo. Anche in questo ambito, è necessario che l’approccio all’errore debba tenere dovutamente conto del riconoscimento della corresponsabilità. Per Ombretta Di Giovine, gli interventi della Corte di Cassazione lasciano perplessi, perché il legislatore ha peccato di una eccessiva fretta. “La legge Balduzzi avrebbe dovuto richiedere un periodo maggiore di sedimentazione prima di procedere con una nuova riforma”, ha detto Di Giovine, che vede come altamente probabile che nel prossimo futuro il panorama legislativo possa cambiare ulteriormente. Per l’ex ministro della Sanità, Renato Balduzzi, autore del decreto-legge 158/2012, sulla colpa medica impatterà anche l’articolo 15 della legge Gelli-Bianco. “Da una parte si punta a valorizzare la perizia e la consulenza di qualità, dall’altra si chiedono prestazioni con compensi ancora più bassi di quelli attuali” ha sottolineato. Il rischio concreto è che anche consulenza e perizia possano vedere scappare i migliori professionisti. 

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