GLI ITALIANI TORNANO RISPARMIATORI

Il fronte delle formichine torna maggioranza: secondo l’indagine annuale di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, sono il 52% della popolazione. Il mattone resta l’investimento preferito, ma i bassi tassi di interesse spingono anche verso gli strumenti di risparmio gestito

GLI ITALIANI TORNANO RISPARMIATORI
Gli italiani tornano un popolo di risparmiatori. E questa volta non si tratta di una semplice frase fatta. A suffragare facili etichette e luoghi comuni, ci sono i numeri dell’Indagine sul risparmio e le scelte di investimento degli italiani 2019: per la prima volta dopo anni, si legge nella pubblicazione periodica curata da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, i risparmiatori tornano infatti a essere maggioranza. Per la precisione, il fronte delle formichine arriva a coprire il 52% della popolazione: era dal 2006, dopo il minimo storico toccato nel 2012 e nel 2013 (39%), che non si superava la soglia del 50%. I risparmiatori si concentrano prevalentemente nel Nord-Est (63,8%) e nel Centro Italia (54,2%), mentre nel Nord-Ovest (48,6%) e soprattutto al Sud e nelle Isole (44,8%) i risparmiatori restano ancora una minoranza.
Cresce anche la propensione al risparmio, calcolata come quota di reddito che le famiglie riescono ad accumulare e mettere da parte: dopo essere sprofondato al 9,6% nel 2016, il dato riprende progressivamente quota e raggiunge ora il massimo storico del 12,6%.

LA RISCOSSA DEL CETO MEDIO

Alla base del risultato c’è soprattutto il miglioramento della situazione economica generale. I bilanci delle famiglie, si legge nella ricerca, hanno “riacquistato negli ultimi tre anni la prosperità perduta durante la lunga crisi”. Il saldo fra chi ritiene sufficiente o insufficiente il proprio reddito sale così al 69%, trovando il massimo storico dell’ultimo decennio e, sottolinea la ricerca, “il culmine dall’inizio della ripresa”.
A beneficiare della situazione è soprattutto il ceto medio. Le tre fasce centrali di reddito, comprese fra 1.500 e 3.000 euro al mese, coprono ora il 57,5% del campione di ricerca: nel 2017 rappresentavano appena il 49% della popolazione. “Il ceto medio ha recuperato spessore sull’insieme dell’economia”, ha osservato Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi, a margine della presentazione del rapporto che si è tenuta lo scorso 16 luglio a Torino. Approssimativamente, rileva lo studio, si stima che nel 2019 un milione e trecentomila famiglie siano rientrate o entrate a far parte per la prima volta del ceto medio. “Si tratta – evidenzia la ricerca – di uno dei risultati più significativi e importanti di questo anno”.

IL MATTONE PIACE

Al netto delle quote di aziende, la ricchezza media complessiva degli italiani si attesta a 270mila euro. Poco più di 100mila euro sono collocati in attività finanziarie: tutto il resto finisce invece nel mattone, che si conferma così la prima scelta di investimento degli italiani. Case e abitazioni rappresentano il 63% del patrimonio complessivo, quasi doppiando quanto viene lasciato in liquidità o investito in beni mobiliari e assicurazioni. 
L’86,1% del campione si è detto proprietario di prima casa, un altro 23,9% ha affermato di avere immobili aggiuntivi. Nei dodici mesi precedenti all’indagine, illustra il rapporto, il 6,7% del campione ha dichiarato di aver investito in immobili. Appena il 3% delle transazioni, tuttavia, era volto all’acquisto della prima casa: circa metà delle operazioni, afferma l’indagine, hanno invece “riguardato immobili da destinare ai figli, da tenere a disposizione, da investimento o da adibire a nuove attività”. A testimonianza del fatto che gli italiani non investono in mattone (solo) perché serve, ma perché piace: l’87% dei proprietari di casa si è detto soddisfatto della propria scelta.



LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO

Alla base della scelta c’è soprattutto l’idea che quello immobiliare sia un investimento sicuro. E la sicurezza dell’investimento si impone da sempre come una priorità per i risparmiatori italiani: per il 62,2% del campione di ricerca, la cosa più importante è non perdere nemmeno un centesimo del proprio investimento. Il bisogno di liquidità si ferma invece al secondo posto con il 37,9% delle risposte, dando giustificazione agli oltre 1.300 miliardi di euro che, secondo le ultime stime della Banca d’Italia, restano parcheggiati nei conti correnti. 
Le cicatrici della crisi, a detta di Gian Maria Gros-Pietro, diventano qui evidenti. “La crisi ha reso i risparmiatori più cauti: subito dopo l’acquisto della casa, prediligono la liquidità”, ha affermato il presidente di Intesa Sanpaolo. “Metà di tutto il risparmio finanziario degli italiani è tenuto in forma liquida sui conti correnti: si tratta certamente di una misura precauzionale – ha aggiunto – ma non di quella migliore, perché costa e non rende”.

A CONFRONTO CON I TASSI BASSI

Il rendimento a lungo termine si ferma soltanto al terzo posto nella classifica delle priorità dei risparmiatori italiani. E non potrebbe essere altrimenti, visto che la lunga stagione dei bassi tassi di interesse ha forse frustrato le aspettative di alti ritorni sul capitale investito. “Ci troviamo in uno scenario molto complesso e inusuale per le famiglie italiane, caratterizzato da tassi molto bassi e rendimenti obbligazionari negativi”, ha osservato Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo. “La nostra previsione – ha aggiunto – è che per tutto il 2020 i tassi di interesse si manterranno sui valori attuali”.
In questo contesto, non stupisce più di tanto che i risparmiatori si tengano ben stretti investimenti immobiliari e liquidità: se non ci si può attendere chissà quali rendimenti, allora tanto vale investire in un bene duraturo o lasciare parcheggiati i risparmi sui conti correnti in attesa di tempi migliori.



VOGLIA DI RENDIMENTI E PROTEZIONE

Eppure, nonostante tutto, la voglia di rendimenti non manca. Come ha sottolineato De Felice, l’indagine ha evidenziato “un incremento nelle vendite di prodotti di bancassicurazione e una crescita del risparmio gestito”. È qui che si rifugiano gli italiani che, orfani ormai delle obbligazioni con tassi di interesse a doppia cifra, desiderano far fruttare i propri risparmi. Gli strumenti di risparmio gestito risultano diffusi nel 15,3% del campione di ricerca. Fondi e Sicav continuano a far la parte del leone con il 12% delle preferenze, seguiti da gestioni patrimoniali (7,7%), Etf (2,5%) e polizze unit linked (2,3%). A spingere verso questo genere di strumenti sono soprattutto la riconosciuta professionalità dei gestori (34,8%) e la diversificazione del rischio (25,5%). In generale, seppur non ancora così diffuso, il risparmio gestito piace: 12,5% del campione si è detto molto soddisfatto, più del 70% abbastanza soddisfatto. 
Cresce infine anche il ricorso a polizze assicurative, giustificato soprattutto dalla rinnovata percezione delle esigenze poste dall’invecchiamento generalizzato della popolazione. La salute, come facilmente intuibile, costituisce la preoccupazione principale: il 14,4% del campione ha affermato di aver sottoscritto polizze, prodotti assicurativi e strumenti di welfare aziendale per soddisfare i propri bisogni nel campo della salute, un altro 15,8% ha stipulato polizze long term care per prevenire il rischio di invalidità negli anni della vecchiaia.

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