COSA TEMERE NEL NOSTRO FUTURO A BREVE

Shock concomitanti, rischi profondamente interconnessi, erosione della resilienza, stanno portando, secondo gli autori del Global Risk Report, a una possibile “policrisi”, alla cui base c’è una combinazione di rischi correlati alla domanda e all’offerta di risorse naturali

COSA TEMERE NEL NOSTRO FUTURO A BREVE
👤Autore: Beniamino Musto Review numero: 101 Pagina: 18-21
Sognavamo una nuova normalità, ci siamo risvegliati con la guerra. Una volta archiviata l’emergenza pandemica saremmo dovuti tornare a concentrare i nostri sforzi sui temi urgenti che avevamo lasciato in sospeso, in primis la lotta al cambiamento climatico. Ma, come sappiamo bene, siamo stati subito sommersi da nuove emergenze: aumento del prezzo dell’energia, inflazione, tensioni geopolitiche, aumento delle spese militari, malessere sociale. Una spirale che ha innescato nuovamente problemi che decenni di progresso avevano cercato di risolvere. 
È un quadro non propriamente rasserenante quello tracciato dall’edizione 2023 del Global risk report, lo studio realizzato annualmente dal World Economic Forum in collaborazione con Marsh McLennan e con il gruppo Zurich Insurance. Secondo l’indagine, l’aumento del costo della vita è considerato il rischio globale più grave per i prossimi due anni, con un picco nel breve termine, mentre la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi sono fra i rischi globali destinati ad aggravarsi più rapidamente nei prossimi dieci anni. Nove rischi compaiono sia nella classifica dei 10 rischi più gravi per il medio periodo, sia in quella per il lungo periodo, tra i quali scontro geoeconomico, erosione della coesione sociale e polarizzazione sociale, a cui si aggiungono diffusione dei crimini informatici e delle violazioni della sicurezza informatica e migrazione involontaria su vasta scala, appena entrati nella top 10.



UNO SQUILIBRIO TRA POLITICHE MONETARIE E FISCALI

Le conseguenze economiche della pandemia e della guerra in Ucraina hanno dato il via a un periodo di alta inflazione e di rapida normalizzazione delle politiche monetarie. Anche il rischio di recessione economica è molto elevato. “Lo squilibrio tra le politiche monetarie e quelle fiscali aumenterà la probabilità di uno shock di liquidità, prolungando la recessione economica e determinando un aumento del debito su scala globale”, si legge nello studio. Il protrarsi dell’inflazione dovuta ai problemi di approvvigionamento potrebbe condurre alla stagflazione, con conseguenze socioeconomiche potenzialmente gravi a causa dell’interazione senza precedenti con i livelli storicamente elevati di debito pubblico. Le ripercussioni verrebbero avvertite soprattutto dalle fasce più vulnerabili della popolazione e dagli Stati già fragili, e potrebbero “alimentare la povertà, proteste violente e instabilità politica” e persino “contribuire al collasso degli Stati”, avverte il report. Le pressioni economiche potrebbero erodere anche i guadagni delle famiglie del ceto medio, dando luogo a manifestazioni di scontento, polarizzazione politica e aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali nei paesi di tutto il mondo. 

LA FRAMMENTAZIONE GEOPOLITICA 

Nei prossimi due anni, spiega lo studio, gli scontri tra le potenze mondiali e gli interventi dei governi sui mercati potrebbero aumentare. “Le politiche economiche verranno utilizzate in modo difensivo per garantire l’autonomia e la sovranità nei confronti delle potenze rivali, ma verranno sempre più adottate anche a scopo di offesa per contenere l’ascesa degli avversari”. La corsa alle armi geoeconomiche porterà alla luce le vulnerabilità di sicurezza dovute all’interdipendenza commerciale, finanziaria e tecnologica tra economie integrate a livello globale, rischiando di determinare un’escalation di sfiducia e distacco. Anche le aree geografiche che svolgono un ruolo chiave per il funzionamento efficace del sistema finanziario ed economico globale costituiscono una fonte di preoccupazione crescente, in particolare la regione dell’Asia e del Pacifico.



LA TECNOLOGIA AUMENTERÀ LE DISUGUAGLIANZE

Secondo lo studio, il settore tecnologico “rimarrà tra gli obiettivi principali di politiche industriali sempre più incisive e di un crescente intervento statale”. Sostenute dalla spesa militare, dagli aiuti statali e dagli investimenti privati, le attività di ricerca e sviluppo legate alle tecnologie emergenti procederanno a un ritmo incalzante nei prossimi dieci anni, sostenendo i progressi nei campi dell’intelligenza artificiale, del quantum computing e delle biotecnologie. Ma la rapidità di sviluppo e di diffusione delle nuove tecnologie comporterà una serie di rischi specifici. “Funzioni critiche delle società sono sempre più dipendenti dalla tecnologia, e questo espone la popolazione a minacce interne dirette, incluse quelle che puntano a compromettere il funzionamento della società stessa”, si legge nel report. Oltre all’aumento del cybercrime, i tentativi di interrompere la fornitura delle risorse e dei servizi critici diventeranno sempre più comuni. Il report prevede “attacchi contro acqua e agricoltura, sistemi finanziari, pubblica sicurezza, trasporti, energia e infrastrutture di comunicazione terrestri, spaziali e sottomarine”. 

IN TUTTO CIÒ, GLI ECOSISTEMI SONO AL COLLASSO

Come accennato, i rischi climatici e ambientali costituiscono la preoccupazione principale nella percezione delle minacce globali per il prossimo decennio, in quanto rappresentano i rischi che siamo meno preparati ad affrontare. “La mancanza di progressi importanti e mirati rispetto ai target sul clima ha messo ulteriormente in luce la distanza tra ciò che è scientificamente necessario per raggiungere il net zero e ciò che è politicamente fattibile”, afferma il Global risk report. Dal momento che le crisi attuali distolgono risorse dalla mitigazione dei rischi che sorgeranno nel medio e lungo termine, “il peso sugli ecosistemi naturali potrebbe aggravarsi a causa del loro ruolo ancora sottovalutato nell’economia globale e nella salute complessiva del pianeta”. La perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici sono intrinsecamente correlati, perché quello che succede agli ecosistemi si ripercuote inevitabilmente sul clima, e viceversa. “Senza un cambiamento significativo – avverte il report – in termini di politiche o investimenti, gli effetti combinati del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità, dell’approvvigionamento alimentare e del consumo delle risorse naturali sono destinati ad accelerare il collasso degli ecosistemi, rischiando di compromettere il sostentamento nelle economie vulnerabili al clima, amplificando l’impatto delle catastrofi naturali e limitando i progressi futuri delle iniziative di mitigazione”.



L’AFFANNO DELLA CLASSE MEDIA E LA CRESCITA DEL MALCONTENTO

L’effetto combinato delle crisi sta producendo un impatto sempre più profondo a vari livelli della società, rischiando di pregiudicare il sostentamento di fasce sempre più ampie della popolazione e destabilizzando nuove economie mondiali, oltre a quelle tradizionalmente più fragili e vulnerabili. Nei prossimi due anni le pressioni continue a livello di supply chain rischiano di trasformare l’attuale aumento del costo della vita in una più ampia crisi umanitaria in molti mercati che dipendono dall’importazione.
“I disordini sociali e la conseguente instabilità politica – spiega il report – non saranno limitati ai mercati emergenti, poiché le pressioni economiche continuano a svuotare le fasce a medio reddito. Il crescente malcontento dei cittadini rispetto al rallentamento dello sviluppo umano e al declino della mobilità sociale, unitamente all’aumento del divario in termini di valori e uguaglianza, sta creando una sfida esistenziale per i sistemi politici di tutto il mondo. Nei prossimi due anni, l’elezione di leader meno centristi e la polarizzazione politica tra superpotenze economiche potrebbero sottrarre ulteriore spazio alla risoluzione collettiva dei problemi, disgregando le alleanze e dando vita a dinamiche molto più volatili.
Shock concomitanti, rischi profondamente interconnessi ed erosione della resilienza stanno dando origine, secondo gli autori dello studio, alla possibilità di una policrisi, con un impatto complessivo previsto nettamente superiore alla somma degli effetti delle singole crisi, e dovuta alla combinazione dei rischi ambientali, geopolitici e socioeconomici, che sono tutti correlati alla domanda e all’offerta di risorse naturali. Il Global Risk Report 2023 identifica quattro potenziali scenari futuri incentrati sulla scarsità di cibo, acqua, metalli e minerali, ciascuno dei quali potrebbe innescare una crisi umanitaria ed ecologica, dalle guerre per l’acqua alle carestie, fino allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e al rallentamento delle iniziative per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.

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