ACB, A DIFESA DELLE COLLABORAZIONI ORIZZONTALI

L’associazione dei broker, in occasione del suo convegno annuale, ha puntato il dito contro i recenti interventi regolamentari dell’Ivass: le novità non aiutano gli intermediari. Adesso si spera in un passo indietro per giungere a un quadro di regole condiviso

ACB, A DIFESA DELLE COLLABORAZIONI ORIZZONTALI
👤Autore: Giacomo Corvi Review numero: 84 Pagina: 26
La posizione di Acb è netta: i recenti interventi regolamentari dell’Ivass non fanno bene al lavoro dei broker. L’associazione l’ha ribadito chiaramente anche in occasione del suo convegno annuale del 15 aprile, andato in onda in diretta streaming su Insurance Connect TV e seguito da oltre 200 partecipanti. 
L’evento, di fronte a una platea virtuale di intermediari e operatori del settore, ha voluto mettere al centro dei lavori proprio le novità arrivate negli ultimi mesi in materia di distribuzione assicurativa e, in particolare, di collaborazioni orizzontali. “Sono temi di stretta attualità per noi professionisti dell’intermediazione assicurativa, che ci riguardano da vicino”, ha osservato in apertura il presidente dell’associazione Luigi Viganotti.


Luigi Viganotti, presidente di Acb

Il punto di partenza della riflessione è semplice: il sistema delle collaborazioni orizzontali fra intermediari, almeno per come è attualmente strutturato e disciplinato, funziona benissimo. Lo testimoniano i numeri di un’indagine realizzata su un campione di oltre 130 intermediari, che è stata presentata nelle battute iniziali del convegno da Patrizia Contaldo, docente presso l’Università Bocconi di Milano ed head of Observatory on insurance market del centro di ricerca Baffi Carefin. Ebbene, stando ai risultati dell’indagine, le collaborazioni orizzontali sono ormai, a tutti gli effetti, uno strumento di mercato: soltanto l’11% degli intermediari interpellati ha dichiarato di non aver mai attivato questo genere di soluzione. Le collaborazioni dunque piacciono. E piacciono soprattutto perché, come ha spiegato Contaldo, “consentono di soddisfare meglio le esigenze della clientela, di acquisire nuove competenze e dotazioni tecnologiche, di migliorare il presidio sul territorio, di aumentare la competitività dell’intermediario e di avere un contatto più diretto con le compagnie”. Occasionali o strutturali che siano, le collaborazioni ricoprono insomma un ruolo fondamentale per il posizionamento commerciale degli intermediari. E loro vorrebbero che le cose restassero almeno così.


OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE

Il problema è che adesso la disciplina di settore sembra indirizzarsi in tutt’altra direzione. Antonio Longo, avvocato e docente di Diritto degli intermediari finanziari presso l’Università della Tuscia di Viterbo, ha fatto un po’ di storia della normativa di riferimento. Si parte con l’emanazione del Cap e con il sostanziale divieto di stabilire collaborazioni fra intermediari, si prosegue con le liberalizzazioni del cosiddetto decreto Cresci Italia 2.0 del 2012 e si finisce, appunto, con i recenti provvedimenti dell’Ivass.
Longo si è soffermato soprattutto sulla disposizione che obbliga gli intermediari (e dunque anche i broker) a comunicare tutte le collaborazioni sottoscritte alle compagnie di riferimento. “È un obbligo – ha spiegato – che trova giustificazione principalmente nella nuova disciplina sulla Pog, che prevede un incisivo controllo dell’impresa assicurativa sulle modalità di distribuzione dei propri prodotti a un ben specifico destinatario di mercato, il cosiddetto target market”. Adesso tutto sta nello stabilire i limiti della disposizione, visto che, come ha ricordato Longo, “i broker non ricevono un mandato dalle compagnie”. Le recenti Faq dell’Ivass non sembrano tuttavia lasciare spazio a dubbi: anche i broker saranno sottoposti all’obbligo di comunicazione alle compagnie.


Titti De Spirt, co-founder e ceo di Win-Wholesale Insurtech Network

LIMITI ED ESCLUSIONI

A ciò si aggiungono poi limiti ed esclusioni che, secondo Carlo Galantini, avvocato dello studio legale Galantini & Partners, stanno ostacolando il lavoro degli intermediari. “Dopo il decreto del 2012 si è avuta un’intensa attività regolamentare che ha disciplinato, ma io direi anche ristretto, l’attività di agenti e broker”, ha commentato. L’avvocato ha portato l’esempio della disposizione che vieta agli intermediari primari di stabilire collaborazioni con operatori iscritti alla sezione F del Rui, cosa che starebbe limitando l’operatività di un meccanismo che, ha detto, “potrebbe dare grandi risultati commerciali”. O ancora il divieto di stabilire collaborazioni con agenti privi di mandato, tema su cui è pendente un ricorso al Tar perché tale requisito non è contemplato dalla legge del 2012.
Galantini ha infine analizzato il meccanismo delle collaborazioni plurime, in cui un agente proponente si rivolge a un broker e quest’ultimo trova la soluzione migliore per il cliente collaborando con un intermediario emittente. “L’Ivass – ha osservato Galantini – ha stigmatizzato questa pratica perché la reputa ingestibile in termini di trasparenza, vuoti di responsabilità e possibili disordini nella gestione dei reclami”.

L’EVOLUZIONE IN EUROPA

Dopo un intervento di Andrea Maura, avvocato partner dello studio legale Legal Grounds, sul possibile contributo delle nuove tecnologie (vedi box a pag. 27), la parola è passata a Davide Vacher, consigliere di Acb, il quale ha aggiornato la platea virtuale del convegno sull’evoluzione normativa attualmente in corso in Europa. “Nei prossimi cinque anni lo scenario cambierà parecchio per noi intermediari”, ha commentato. Vacher ha parlato del processo di riforma che riguarderà a breve la disciplina Idd, Mifid II e Solvency II, nonché degli attesi interventi in materia di digitalizzazione, sostenibilità, privacy, antiriciclaggio e mercato unico dei capitali. Tutti elementi che influenzeranno inevitabilmente anche il lavoro dei broker in Italia.
Sempre nell’orizzonte europeo si è inserita Sara Landini, docente di diritto civile presso l’Università di Firenze, con un intervento dedicato ai modelli distributivi adottati all’estero. Landini, nello specifico, ha analizzato in maniera comparata il modello Makler Broker in Germania e la peculiare disciplina in vigore in Francia, dove gli intermediari hanno la possibilità di lavorare in maniera residuale con compagnie con cui non hanno sottoscritto un mandato. “In Francia – ha commentato – il modello della collaborazione è quasi superato da un modello che consente già ad agenti e broker di trovare la soluzione migliore per il cliente: esempi di collaborazione esistono, ma sono dettati soprattutto dal desiderio di acquisire nuove competenze e dotazioni tecnologiche”.


Gerardo Di Francesco, vice presidente di Italian Insurtech Association

OPERATORI INSODDISFATTI

Spazio infine, nella fase conclusiva del convegno, agli operatori di mercato, che si sono confrontati in una tavola rotonda moderata da Maria Rosa Alaggio, direttore di questa testata. Il dibattito si è rapidamente tradotto in un coro pressoché unanime di dissenso: le nuove regole dell’Ivass non piacciono a nessuno. Per Viganotti, fra i professionisti del settore prevale “una forte preoccupazione: molti non sanno come agire e come comportarsi”. Sulla stessa linea anche Claudio Demozzi, presidente di Sna, il quale ha affermato senza mezzi termini che “le ultime novità regolamentari non sono adeguate al mercato attuale dell’intermediazione assicurativa, sembra quasi che siano state scritte in un mondo che non esiste: ci privano di fatto di un diritto che ci era stato riconosciuto per legge dal decreto del 2012, una cosa gravissima”.
Secondo Roberto Conforti, presidente di Uea, i recenti interventi regolamentari sono stati dettati da quella che ha definito la “libide della burocrazia”. L’Italia, ha detto, “è il Paese in cui la burocrazia impera ed è imbattibile: abbiamo il bisogno malato di disciplinare qualsiasi cosa”. Il risultato, ha proseguito, è che “oggi è praticamente impossibile mettere a punto dei modelli di gestione di un’agenzia assicurativa rimanendo nella legalità”. Eppure, in qualche maniera, bisogna comunque andare avanti. Vittorio Scala, rappresentante generale e country manager dei Lloyd’s in Italia, ha voluto essere chiaro fin da subito. “Il modello di distribuzione dei Lloyd’s esiste da circa 350 anni e non credo che cambierà per venire incontro alle richieste dell’Ivass”, ha affermato. “Dovremmo adattarci alla nuova disciplina, ma lo faremo nell’ottica di proteggere sempre il cliente e di garantire agli intermediari un accesso al nostro mercato: stiamo lavorando – ha aggiunto – per garantirlo almeno a un numero ristretto di operatori del settore, che poi potranno collaborare con gli altri intermediari”.

UNA RICHIESTA DI CONFRONTO

Il sogno di tutti gli operatori del settore è chiaro: convincere l’autorità di vigilanza a fare un passo indietro per aprire un tavolo di confronto con i professionisti del mercato. Lo Sna, com’è noto, ha presentato un esposto al Tar del Lazio per chiedere il posticipo dell’entrata in vigore delle novità regolamentari. “Questo nuovo impianto normativo non lo sta mettendo in pratica nessuno: se venisse fatta un’indagine, verrebbe fuori che l’intero mercato è fuori norma, siamo tutti in una situazione di piena illegalità causata dall’authority di vigilanza”, ha detto Demozzi. “Speriamo tutti che le autorità regolamentari ci mettano una pezza, perché altrimenti – ha avvertito – siamo solo all’inizio dello scontro”.
Per Viganotti, “bisognerebbe tornare a una normativa più chiara e trasparente”. Le speranze, tuttavia, “sono molto labili: abbiamo provato a scrivere all’Ivass per chiedere chiarimenti, ma da parte loro c’è stato silenzio assoluto”. Il risultato, ha concluso, è che “adesso la nostra attività è ingessata e non credo che potrà essere sbloccata con un clic: riusciremo a farlo solo se l’autorità di vigilanza si deciderà a dialogare con noi”.

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