QUANDO LA TERRA TREMA

Impossibili da prevedere, devastanti per definizione, i terremoti sono globalmente tra i rischi più intensi e difficili da assicurare. Eppure qualcosa in più si potrebbe fare: per esempio, rispettare le leggi che regolano l’edilizia, abbandonare l’odioso strumento dei condoni e unire le forze tra le imprese assicurative e le istituzioni pubbliche

QUANDO LA TERRA TREMA
👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 103 Pagina: 32-35
Digitare su Google le parole chiave Terremoto Turchia Siria non è una bella esperienza. Oltre alle immagini di devastazioni, ciò che colpisce sono i numeri (enormi) che non rendono comunque giustizia alle persone che sotto quelle macerie sono rimaste uccise o che hanno perso tutto. 
Eppure si parte sempre dai numeri, quasi mai dai volti, dai nomi, dalle storie delle persone che stanno dietro alle cifre: soprattutto quando queste cifre sono così grandi da far perdere la reale cognizione che si stia parlando di vita vera. Al 24 marzo, secondo le fonti della Reuters, il terremoto che ha colpito il confine tra Turchia e Siria lo scorso febbraio aveva causato circa 56mila morti, ferito oltre 125.600 persone, prodotto 2,5 milioni di sfollati, distrutto oltre 200mila edifici, tra edilizia privata e pubblica, e causato quasi 110 miliardi di dollari di danni. 
Secondo Moody’s Rms, società di risk modeling della galassia dell’agenzia di rating statunitense, il conto per le assicurazioni dovrebbe invece aggirarsi intorno ai cinque miliardi di dollari. Pochi giorni dopo il sisma Karen Clark & Co. aveva stimato perdite assicurative per 2,4 miliardi, mentre Verisk aveva più vagamente parlato di un conto “superiore al miliardo di dollari”.
Le perdite assicurative riguarderebbero sia compagnie private sia il Turkish Catastrophe Insurance Pool (Tcip), fondo pubblico istituito con una legge del 1999 per tutelare le abitazioni private proprio contro il rischio di terremoto. Soltanto una piccolissima parte delle perdite economiche generate dal terremoto, come si comprende, è coperto da una qualche forma di soluzione assicurativa, “cosa che mette in luce il vasto gap di protezione”, precisano da Moody’s. I riassicuratori assorbiranno, peraltro, gran parte delle perdite del settore, relativamente piccole se paragonate alla devastazione causata dal sisma. 
Il terremoto si è abbattuto su 11 province, risultando particolarmente devastante nelle aree di Gaziantep, Hatay e Kahramanmaras. “I primi riscontri sui danni, effettuati dal ministero turco dell’Ambiente, dell’Urbanizzazione e del Cambiamento climatico, nonché le ricognizioni delle squadre di ricerca – continua Moody’s –, mostrano una sistemica mancanza di adeguatezza alle misure antisismiche”. Tra le distorsioni principali, l’agenzia americana cita i frequenti condoni che hanno consentito l’occupazione continua di strutture che non soddisfano i requisiti minimi di progettazione antisismica.

L’ITALIA TRA ABUSIVISMO E CONDONI 

Insomma un quadro davvero preoccupante, ma che, fatte le dovute proporzioni, può ricordare quello italiano: un territorio a tratti aspro, soprattutto collinare e di media montagna (pensiamo agli Appennini, alle zone dell’Italia centrale), densamente popolato e molto costruito, dove l’abusivismo è stato per anni molto tollerato e dove il condono è considerato uno strumento di governo. 
Dal 1968 a oggi, in Italia, i terremoti hanno causato danni economici per circa 190 miliardi di euro, secondo l’ultima stima comunicata da Giovanni Legnini, commissario straordinario per la ricostruzione, nominato dopo il sisma del 2016 in Italia centrale. Dal 1968 (cioè dal terremoto del Belice, Sicilia occidentale tra Trapani, Agrigento e Palermo) al 2014, secondo il Consiglio nazionale degli ingegneri, il costo complessivo per lo Stato si aggirava intorno ai 120 miliardi di euro: una somma, però, che va rivalutata, sostiene Legnini, ai prezzi correnti, e che tocca 159 miliardi, cui si devono aggiungere i 27 miliardi di euro causati dal sisma del Centro Italia del 2016 e i circa cinque miliardi dovuti ai maggiori costi del terremoto dell’Aquila, del 2009. La spesa effettiva sostenuta dallo Stato fino a oggi è stata di circa 165 miliardi, cioè di tre miliardi di euro l’anno.

LA REALTÀ DEL RISCHIO, REGIONE PER REGIONE

Ma possiamo anche spingerci più indietro, per capire quanto il territorio italiano sia esposto da sempre al movimento violento della terra. Secondo le stime della Protezione Civile, in 2.500 anni l’Italia è stata colpita da più di 30mila terremoti superiori al quarto-quinto grado della scala Mercalli, e quindi di media-forte intensità, e da circa 560 eventi sismici d’intensità distruttiva, uguale o superiore all’ottavo grado. 
L’Italia è divisa in quattro zone secondo la sismicità. Nella Zona 1, la più rischiosa, troviamo i territori di regioni come il Friuli Venezia-Giulia, l’Abruzzo, l’Umbria, il Molise, la Campania e la Sicilia. In Zona 2, definita a rischio medio-alto, ci sono l’Emilia-Romagna, il Lazio, le Marche, la Puglia e la Basilicata; mentre in Zona 3, dove la minaccia è medio-bassa, si trovano la Lombardia, la Toscana, la Liguria e il Piemonte. Infine nella Zona 4, ci sono le regioni a rischio basso, cioè la Sardegna, il Trentino Alto-Adige e la Valle d’Aosta.
Questa mappatura non è statica ma dinamica, perché tiene conto della ricerca costante della sismologia e dell’adeguamento delle condizioni del territorio e dell’edilizia. Inoltre, ogni zona è suddivisa in altre aree più piccole, così da fotografare con sempre maggior precisione la realtà del rischio.



AUMENTANO LE POLIZZE NAT CAT

Dal punto di vista assicurativo, come noto, i terremoti ricadono sotto la categoria delle calamità naturali e sono coperti attraverso estensioni della polizza property. Come detto, spesso sono essenziali i riassicuratori che, in base ai loro trattati, possono dare più o meno spazio alle compagnie per sottoscrivere il rischio. Questi costi dipendono proprio dalla classificazione delle zone e dalla tipologia delle costruzioni che sorgono in quelle aree e quindi anche dal rispetto delle leggi locali. Dall’ultima indagine di Ania, presentata a ottobre del 2022 e che considera i dati fino al 31 marzo 2022, le polizze con estensione alle catastrofi naturali sono circa 1,4 milioni: erano 1,2 milioni nel 2020, 826mila nel 2019, appena 440mila nel 2016. Le polizze con la copertura del solo rischio terremoto sono 579mila, del solo rischio alluvione 275mila e di entrambe le calamità 496mila. Rispetto a quanto rilevato a marzo 2020, le polizze che presentano la copertura del solo rischio terremoto sono diminuite del 12,5% a favore di quelle che hanno la copertura per entrambi i rischi. 

INCENTIVI FISCALI A EFFETTO LIMITATO

Per favorire la diffusione delle polizze contro le catastrofi naturali, e quindi terremoti e alluvioni, dal 2018 son previste alcune agevolazioni fiscali per tutti coloro che stipulano tali coperture per la propria abitazione. “Per valutare l’effetto della legge – fanno sapere da Ania –, limitando l’osservazione alle sole polizze con estensione alle calamità naturali che sono state sottoscritte a partire dal 2018 fino a marzo 2022, si osserva che queste rappresentano circa il 77% delle polizze attive (1,4 milioni). Sembrerebbe quindi – argomenta l’associazione delle imprese – che le agevolazioni fiscali stiano producendo degli effetti positivi, anche se il risultato, complessivamente, è ancora molto limitato”.
Se trasformiamo le polizze in “unità abitative”, si stima che il numero di “unità abitative assicurate” contro i rischi catastrofali al 31 marzo 2022 sia pari a 1,5 milioni (erano circa 1,6 nel 2021, 1,4 milioni nel 2020, poco meno di un milione nel 2019, solo 600mila nel 2016). Secondo l’Istat, sono 31,2 milioni le unità abitative in Italia, dato che, confrontato col precedente, ci dice che la penetrazione assicurativa è ancora molto contenuta, pari al 4,9%, in lieve diminuzione rispetto al 5,1% del 2021, e superiore al 4,5% del 2020, al 3,2% del 2019 e al 2% del 2016. Rispetto al 2009, però, quando le abitazioni assicurate erano solo 35mila, c’è stato un aumento di 40 volte.



LE SOMME ASSICURATE SFIORANO I 400 MILIARDI DI EURO

Per quanto riguarda le somme assicurate, anche queste si possono desumere dai dati di Ania. Per il solo rischio terremoto, si parla di circa 198 miliardi, e per il rischio alluvione di 56 miliardi mentre sfiorano i 140 miliardi i prodotti con entrambe le coperture catastrofali. In totale, l’associazione delle imprese calcola un’esposizione complessiva di circa 393 miliardi (contro i 175 del 2016).
Il premio medio (escluse le tasse) per la sola estensione nat cat, con cui si assicurano entrambi i rischi (terremoto e alluvione) è di 142 euro.
Interessante, infine, l’analisi dell’incidenza a livello provinciale delle abitazioni assicurate contro le calamità naturali sul totale delle abitazioni esistenti. La media nazionale, ricordiamolo è del 4,9%, mentre in tutto il Nord Italia tale percentuale arriva al 6,2%. In Emilia-Romagna sono Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia a presentare l’incidenza più elevata, oltre l’8%; mentre a Parma è pari al 7%. Nel Centro mediamente si assicurano contro le calamità naturali il 5,3% delle abitazioni e le città che presentano la maggiore incidenza, sopra la media, sono Firenze (11,4%), Siena (10,8%), Ancona (9,2%), Prato (9,2%) e Pistoia (9%), Nel Sud Italia, l’incidenza delle abitazioni assicurate è pari mediamente all’1,6%. 

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