L’INDUSTRIA DELLA SILVER ECONOMY

Secondo un recente rapporto di Itinerari Previdenziali, gli over 65 in Italia possono generare un impatto economico pari al 30% del Pil. Servono però nuovi prodotti e servizi, nonché un’offerta in linea con i nuovi bisogni e le esigenze degli anziani

L’INDUSTRIA DELLA SILVER ECONOMY
👤Autore: Giacomo Corvi Review numero: 97 Pagina: 58-61
La silver economy in Italia può valere quasi un terzo del Pil. A tanto, secondo un recente rapporto del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, potrebbe infatti ammontare il contributo dei cosiddetti over 65 al tessuto economico e produttivo nazionale. Il giro d’affari del settore (se così lo si può definire) potrebbe aggirarsi attorno ai 500 miliardi di euro nello scenario più favorevole. E arrivare così a coprire il 30% del prodotto interno lordo messo a bilancio dall’Italia nel 2020.
La posizione del rapporto, ultimo quaderno di approfondimento curato dal centro studi e ricerche presieduto da Alberto Brambilla, è piuttosto chiara e netta. Anche il titolo scelto per la pubblicazione lascia poco spazio alla fantasia: Silver economy, una nuova grande economia. Sì, perché l’insieme delle attività economiche destinate agli anziani in Italia, come visto, ha ormai assunto tutti i connotati di un grande comparto industriale. La platea dei potenziali destinatari, a livello quantitativo e qualitativo, si è fatta negli anni sempre più significativa. E anche l’invecchiamento della popolazione, un tempo visto quasi come un peso per l’economia e per la società più in generale, potrebbe alla fine rivelarsi un’inaspettata risorsa e opportunità di crescita e sviluppo. A patto però che il mercato sappia cogliere la domanda che arriva dagli anziani.

LA RICCHEZZA DEGLI OVER 65

Nel 2018 un rapporto della Commissione Europea stimava che la silver economy del vecchio continente, presa nel suo insieme, avrebbe potuto imporsi come la terza potenza economica a livello mondiale: in pratica, l’insieme delle attività europee destinate agli anziani, se fosse uno Stato sovrano, genererebbe un giro di business inferiore soltanto al Pil di Stati Uniti e Cina, mettendo inoltre a segno uno stupefacente tasso di crescita annuale del 5%.
Da allora, nonostante l’impatto della pandemia di coronavirus, le cose non sono cambiate più di tanto. E non sono cambiate soprattutto in Italia, dove gli anziani si sono scoperti (forse inaspettatamente) piuttosto abbienti. Il rapporto di Itinerari Previdenziali, a tal proposito, evidenzia che quella degli over 65 è l’unica classe anagrafica ad aver visto a crescere fra 2006 e 2016 il proprio reddito medio equivalente: circa 300 euro in più, nonostante gli effetti del crollo finanziario avvenuto del 2007 e della successiva crisi del debito sovrano. Gli over 65 sono inoltre la classe anagrafica meno indebitata in Italia e vantano un patrimonio complessivo superiore a 4.000 miliardi di euro, pari al 41,4% della ricchezza totale degli italiani: calcolatrice alla mano, fa un patrimonio medio di 292mila euro per anziano.

CONSUMI NELLA FASE DI DECUMULO

Nel complesso, il rapporto di Itinerari Previdenziali stima che gli over 65 possano generare una spesa netta annuale di 283,6 miliardi di euro. E si tratta di una valutazione addirittura prudenziale, visto che non tiene conto dei redditi percepiti dagli oltre 700mila anziani che lavorano o che hanno comunque introiti diversi dalla semplice pensione.
Le opportunità per il mercato, almeno a giudicare dai numeri, non mancano. La patrimonializzazione degli anziani sembra aver resistito anche agli effetti economici della pandemia di coronavirus. Gli over 65 si trovano adesso in una condizione economica consolidata e possono ora pienamente entrare in una fase di decumulo che, nelle previsioni del rapporto, potrà tradursi in investimenti per il sostegno dei familiari e per i consumi personali. In chiave prospettica, una ricerca realizzata da Format Research per conto di Itinerari Previdenziali e di 50&Più, sistema associativo dedicato al mondo della terza età, evidenzia enormi opportunità nei settori della mobilità, del turismo, della ristorazione e della grande distribuzione. Già, perché dall’indagine emerge il ritratto di una classe anagrafica, quella appunto degli anziani, che appare lontana dall’immagine comune del pensionato sonnacchioso in poltrona con le parole crociate in mano: gli over 65 si dicono soddisfatti della propria condizione economica, sono ottimisti verso il futuro, si dedicano al volontariato, si sono adeguati alla tecnologia e agli acquisti online, utilizzano i nuovi strumenti digitali e danno grande peso al loro benessere personale, anche in ambiti ricreativo.



LE OPPORTUNITÀ PER L’ECONOMIA

Gli effetti di questo scenario sono in parte già evidenti. Nel solo ambito dell’assistenza e delle cure, la silver economy impiega circa 4,6 milioni di persone fra badanti (regolari e irregolari), addetti delle residenze sanitarie assistenziali, medici, infermieri e fornitori di beni e servizi specificatamente pensati per gli anziani. Coinvolti pienamente nel mercato anche i settori dell’edilizia, della domotica e della mobilità, nonché i comparti dei servizi e del commercio, il mondo del risparmio gestito e quello delle Sgr e delle banche, quest’ultimo chiamato adesso, nelle conclusioni del rapporto, a elaborare soluzioni ad hoc per gli over 65.
Della partita fa chiaramente parte anche il settore assicurativo e, più nel dettaglio, il comparto dedicato alla fornitura di servizi di assistenza e di prevenzione del rischio. Le polizze contro la non autosufficienza, le cosiddette soluzioni long term care, sono un primo passo per rispondere alle nuove esigenze degli anziani, ma per il centro studi è necessario uno sforzo di immaginazione in più: strumenti come la telemedicina, il monitoraggio a distanza e l’assistenza costante attraverso call center attivi h24 si sarebbero già potuti rivelare strategici nella gestione dell’emergenza coronavirus e, secondo il rapporto, lo saranno ancora di più in futuro.

UN’OFFERTA CHE NON C’È

La domanda di mercato, dunque, c’è e si fa ogni giorno più pressante. Quello che manca, secondo il rapporto di Itinerari Previdenziali, è invece un’offerta che sia adeguata alle esigenze e alle aspettative degli anziani. Qui la strada resta decisamente lunga.
Le difficoltà dei sistemi di cura e assistenza sono diventate immediatamente evidenti con la pandemia di coronavirus e restano ancora, nonostante gli sforzi e gli impegni del mondo politico, in attesa di una risposta definitiva. Ancora più sguarnita è poi l’offerta di servizi alla persona che sappiano rispondere alle nuove esigenze degli anziani: piccoli accorgimenti nell’ambito della mobilità o della grande distribuzione, secondo il rapporto, potrebbero per esempio offrire soluzioni concrete alle necessità degli over 65. A mancare, tuttavia, è soprattutto un approccio di mercato in grado di personalizzare l’offerta e di garantire soluzioni taylor made per una categoria che, nonostante il sentire comune, non è omogenea e presenta al suo interno profonde differenze. Necessaria infine, stando alle conclusioni del rapporto, anche un’integrazione dei servizi già offerti da pubblico e privato, in modo da razionalizzare l’offerta e liberare risorse utili per l’elaborazione e la fornitura di nuove prestazioni ad alto valore aggiunto.

UN’ETÀ IN EVOLUZIONE

L’esigenza di un nuovo genere di offerta nasce dalla profonda evoluzione che ha investito negli ultimi anni la classe anagrafica degli over 65. Ben il 30,5% degli anziani, per esempio, si trova oggi a vivere da solo: le coppie senza figli restano la maggioranza relativa (42,1%), ma diventano sempre più diffuse anche nuove forme di composizione familiare come le coppie con figli (12,8%) e i nuclei monogenitoriali con figli (6,7%). La dinamica sociale sembra dunque andare verso un’atomizzazione dei nuclei familiari che nel prossimo futuro sarà ancora più incisiva: il rapporto stima che gli anziani soli saranno il 31,2% della classe anagrafica di riferimento nel 2030 e il 32,7% nel 2040. Tutto ciò, come già accennato, impone la necessità di definire un’offerta in linea con i bisogni di una popolazione in rapida evoluzione: in questo contesto, anche piccole cose, come la messa in commercio di pasti mono-porzione con capacità nutrizionali adatte alle diverse età, potrebbero incontrare l’interesse dei più anziani. 
Gli stessi over 65 sembrano più consapevoli dell’evoluzione in corso. Secondo i risultati dell’indagine, l’assenza di figli si tradurrà, per esempio, in una più profonda pianificazione della vecchiaia attraverso investimenti mirati al mantenimento dei propri standard di benessere e consumi in ambito ricreativo. Sempre ammesso che il mercato sappia offrire soluzioni di questo genere.



L’ANDAMENTO DEMOGRAFICO

Il mercato, come visto, non sembra al momento pronto alla sfida. Però qualcosa bisognerà pur fare, visto che l’andamento demografico spinge verso un sempre più rapido invecchiamento della popolazione. L’Italia, in questo ambito, si conferma stabilmente uno dei paesi più longevi al mondo: nel 2019, ultimo dato disponibile, la speranza di vita a 65 anni era pari a 19,7 anni per gli uomini e 22,9 anni per le donne, ben al di sopra della media europea.
Al momento in Italia si contano quasi 14 milioni di persone con più di 65 anni, pari al 23,81% della popolazione nazionale. Secondo le proiezioni dell’Istat, questa percentuale salirà al 30% nel 2035 e al 35% nel 2050: fra poco meno di trent’anni, in pratica, un italiano su tre avrà più di 65 anni. La dinamica riguarderà tutte le classi anagrafiche: gli ultracenteneri nel 2050 saranno 80mila, a fronte dei neanche 20mila che si contano attualmente in Italia. Tutto ciò imporrà inevitabilmente nuovi bisogni ed esigenze, ma genererà anche grandi opportunità di crescita e sviluppo. Almeno per le imprese che saranno pronte a coglierle.

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