GLI INVESTITORI SCELGONO L’ETICA

Cresce l’attenzione verso gli investimenti etici, più sicuri e redditizi, nel medio-lungo termine, rispetto agli investimenti tradizionali. Il nostro Paese, però, è ancora fanalino di coda rispetto all’Europa. Secondo una ricerca di Assoprevidenza,è indispensabile incrementare gli strumenti già esistenti e arginare la tassazione

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👤Autore: Laura Servidio Review numero: 13 Pagina: 54 - 55
La crescita dei fondi etici può svolgere un fondamentale duplice ruolo: finanziario, laddove fornisce agli investitori istituzionali garanzie in termini di remunerazione del capitale investito e di profilo di rischio; e di sviluppo sostenibile, supplendo alla politica e al sistema bancario nella garanzia di realizzazione di progetti a medio-lungo termine.

Per orientare gli operatori del settore previdenziale nel panorama della finanza etica, Assoprevidenza (Associazione italiana per la previdenza e l’assistenza complementare) ha svolto, in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma, una ricerca, raccolta nel volume Gli investimenti etici dei fondi pensione, da cui emerge una crescita di attenzione degli investitori istituzionali verso gli investimenti socialmente responsabili (Sri): un segmento del risparmio gestito che, negli ultimi 15 anni, ha conosciuto una forte espansione, sia in termini patrimoniali sia per quota di mercato, imponendosi all’attenzione degli investitori istituzionali soprattutto europei. 

Secondo un’indagine condotta, nel 2012, da Eurosif, in Europa, gli investitori istituzionali pesano per il 94% nei fondi etici e, secondo una stima elaborata da Vigeo, in collaborazione con Morningstar, l’attuale patrimonio gestito in Europa dai fondi socialmente responsabili, nel solo mercato retail, è di 108 miliardi di euro, con un +14% rispetto al 2012. 

L’Italia, malgrado il crescente interesse da parte degli investitori pensionistici e previdenziali e delle fondazioni bancarie, resta fanalino di coda rappresentando circa il 2% del mercato europeo dei fondi socialmente responsabili, contro il 35% della Francia (fonte Vigeo).

“Quello della previdenza complementare, – spiega Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza – è un mercato dalle enormi potenzialità per l’economia italiana. con un patrimonio di circa 108 miliardi di euro. Ci sono potenzialità nell’accumulo di risparmio da parte di fondi pensione, casse previdenziali e compagnie di assicurazione, le cui risorse sono tali da poter generare ottime ricadute sul finanziamento del tessuto imprenditoriale italiano. Tuttavia – continua – oggi i fondi pensione riversano la loro liquidità su aziende straniere, a causa di un tessuto produttivo estremamente parcellizzato e ancora troppo debole in Borsa”. 


UN'ALTERNATIVA AL SISTEMA CREDITIZIO BANCARIO

Per invertire questa tendenza, sarebbe sufficiente sviluppare gli strumenti già a disposizione. “Vi sono – spiega Corbello – veicoli come i credit fund, cioè i fondi di debito che in altri Paesi hanno grande sviluppo e hanno il compito di raccogliere le provviste dagli investitori istituzionali e finanziare le imprese. Di fatto questi strumenti rappresentano quasi un’alternativa al sistema creditizio bancario, oggi ancora restio a riaprire i cordoni”. 
Altro strumento, ancora più stabile, è rappresentato dai fondi di private equity, che finalizzano l’investimento nelle imprese sane in una forma estremamente controllata e tutelata. 
Ma i destinatari ideali degli investimenti dei fondi complementari sono i fondi immobiliari e i prodotti che puntano alle energie alternative. “Si tratta – sottolinea Corbello – di veicoli professionali che non comportano investimenti diretti nei settori, ma soluzioni a più alto rendimento rispetto ai titoli di Stato. Il motivo della loro scarsa diffusione è di tipo culturale: diffonderne la conoscenza è il modo migliore per accreditarli”. 


LE ATTESE DELLA POLITICA

Molte aspettative sono riposte nel decreto ministeriale (dm 703/96), attualmente nelle mani del ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, che stabilisce i limiti degli investimenti dei fondi pensione. “È auspicabile – afferma Corbello – che il nuovo decreto ministeriale 703/96 consegni alle forme complementari maggiore libertà di manovra in materia di investimenti, secondo un modello trasparente, affidando loro un ruolo più attivo nel controllo dei rischi e favorendo lo sviluppo del mercato finanziario attraverso l’ingresso di investitori istituzionali, come le forme complementari, nel mondo degli investimenti verso settori quali l’ambiente, la ricerca, l’innovazione, le infrastrutture, le energie alternative, il sostegno alle pmi. Ci riserviamo di capire quali saranno le riforme sulla tassazione del risparmio. Ci preoccupano eventuali ricadute negative sugli investimenti previdenziali”.

A guardare con favore ai fondi etici anche la Covip, “Gli investimenti etici – conferma Rino Tarelli, presidente dell’autorità che gestisce i fondi pensione – vanno incoraggiati e sostenuti, ma mantenendo le peculiarità dei fondi pensione. La missione di assicurare le pensioni integrative a chi si iscrive non va alterata e gli investimenti etici sono da preferire ad altri se rispettano i requisiti di rendimento e prudenza”. 


L’etica in Italia e in Europa

In Italia, il mercato dei prodotti finanziari etici è, circa, il 90% retail, a differenza di quanto avviene in Europa dove il 94% è in mano agli investitori istituzionali (dati Eurif, European Sustainable Investment Forum); le risorse investite in Europa con criteri socialmente responsabili sono raddoppiate fra il 2007 e il 2009, raggiungendo i 5.000 miliardi di euro, ma il nostro Paese è in coda alla classifica rappresentando circa il 2% del mercato europeo dei fondi socialmente responsabili, contro il 35% della Francia e il 17% del Regno Unito (fonte Vigeo).

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