L’IMPRESA, TRA SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE SOCIALE

Essere sostenibili sta diventando per le aziende una priorità da interiorizzare nelle proprie strategie. Secondo il gruppo Unipol, pensare solo a massimizzare i profitti non porta alcun vantaggio per la comunità: nel lungo termine il passaggio fondamentale per lo sviluppo sarà il riequilibrio della distribuzione della ricchezza

L’IMPRESA, TRA SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE SOCIALE
👤Autore: Beniamino Musto Review numero: 37 Pagina: 40 - 41
Un modello di business sostenibile, capace di rispondere efficacemente ai rapidi cambiamenti che stanno trasformando il mercato in profondità. I nuovi trend indicano che, per continuare a crescere, è indispensabile rinnovarsi coinvolgendo lavoratori e clienti (cioè i protagonisti della relazione), offrendo risposte ai bisogni sociali emergenti. È questo il punto di vista del gruppo Unipol, che ha recentemente presentato il nuovo bilancio di sostenibilità 2015, annunciando le linee guida per il triennio 2016-2018. Secondo la visione di Unipol, esistono una serie di fattori che indirizzano le imprese ad adottare nuovi modelli di sostenibilità: i criteri di scelta dei clienti, i valori dominanti dei millenials, il cambiamento climatico e le conseguenti valutazioni su nuove scelte energetiche, lo sviluppo di forme di partecipazione alternative a quelle tradizionali, il cambiamento demografico e l’insorgere di nuovi bisogni sociali, senza dimenticare, ovviamente, la digitalizzazione del rapporto tra l’azienda e il cliente. 


UN CAPITALISMO MENO FONDAMENTALISTA

Affinché il rinnovamento non resti solo un ideale verso cui protendere, ma si traduca in azioni concrete, occorre fare una riflessione preliminare e profonda su quale sia il modello di sviluppo che si può considerare sostenibile. In questo senso, un interessante punto di vista è stato offerto da Patrick O’Sullivan, full professor e director of studies presso la Grenoble graduate school of business (Gem). O’Sullivan, su invito di Unipol, ha tenuto una lectio magistralis lo scorso 23 giugno a Milano, in occasione della presentazione del bilancio di sostenibilità del gruppo. La disamina del professore è partita inquadrando il cosiddetto Market fundamentalism (fondamentalismo dei mercati), un concetto dominante negli anni ’90. Si tratta della dottrina, nata in seno al cosiddetto Washington consensus, secondo cui solo un sistema economico scollegato dalle interferenze dello Stato avrebbe potuto garantire benefici ai cittadini. La diretta conseguenza di questa teoria è stata la cosiddetta deregulation, una teoria che, secondo O’Sullivan, non ha funzionato. “L’idea che l’assenza di regole avrebbe potuto portare giovamento all’intera società – ha spiegato – è stata fallimentare, e ha posto le basi per le due grandi crisi economiche degli ultimi anni: prima quella asiatica del 1997, poi quella del 2008 partita dai mutui subprime”. 


RICONSIDERARE IL BENESSERE A LUNGO TERMINE

Queste due crisi, tuttavia, hanno rappresentato la scintilla per avviare una ricerca di business model alternativi, per un nuovo tipo di capitalismo. “Uno di questi modelli è il Moral capitalism, teoria derivata dai principii della Caux round table. Il capitalismo morale – ha osservato O’Sullivan – è quello che riesce a conciliare l’interesse privato con il bene pubblico”. Secondo il professore della Grenoble graduate school of business, il modello cooperativo ha molto da offrire in questo senso. “Le aziende finanziarie devono prendere in considerazione il benessere a lungo termine, e considerare l’impatto con la comunità. Pensare solo a come massimizzare il profitto non significa servire la società: crederlo, sarebbe come considerare che le favole siano dei resoconti della realtà”. 


UN PUNTO DI EQUILIBRIO, TRA BREVE E LUNGO TERMINE

Intervenendo nel corso dell’evento, l’amministratore delegato del gruppo Unipol, Carlo Cimbri ha sottolineato che “la sfida che abbiamo davanti a noi è quella di un mondo che cambia più rapidamente della velocità che occorre per osservarlo”. Riprendendo i temi introdotti dal professor O’Sullivan, Cimbri ha affermato che il capitalismo morale, “non mette in discussione un modello di benessere diffuso”, anche se occorre “trovare un punto di equilibrio che si adatti alle nostre culture”. Quanto all’idea di servire la società senza pensare solo a massimizzare i profitti, secondo Cimbri bisogna distinguere tra corto e lungo periodo. “Nel breve termine sono assolutamente concorde: pensare solo a massimizzare i profitti non porta ad alcun vantaggio per la comunità. Ma sul lungo periodo questi due elementi possono convergere”. Secondo Cimbri, la sostenibilità sul lungo termine passa dal riequilibrio della distribuzione della ricchezza: “se non lo facciamo non otterremo mai uno sviluppo sostenibile nel tempo, e avremo sempre più tensioni sociali e conflitti. Favorire lo sviluppo di larga parte della popolazione – ha affermato l’ad di Unipol – non è charity, ma è il modo con cui creiamo maggiori opportunità per lo sviluppo delle nostre imprese”. Cimbri ha poi concluso parlando della deregulation, una dinamica che “non ha funzionato, è evidente”. Ora però “stiamo scivolando verso l’eccesso opposto di una eccessiva regolamentazione, che può ridurre l’efficacia delle strategie di sostenibilità”.


IL BILANCIO 2015 E GLI OBIETTIVI DEL PROSSIMO TRIENNIO

Il nuovo piano di sostenibilità di gruppo prevede l’incremento delle coperture di welfare e una maggior incidenza dei prodotti a valore sociale e ambientale. Tra i dati evidenziati da Unipol, il fatto che nel 2015 il 14,3% dei premi è stato raccolto con prodotti mirati a soddisfare bisogni sociali e ambientali; la crescita del 40% rispetto al 2014 nella raccolta premi per coperture Long term care; la crescita del 30%, rispetto al 2014, di contratti garanzia terremoto; il lancio del primo cat bond italiano contro il rischio sismico; la riduzione delle emissioni clima alteranti degli immobili del gruppo, certificati su normativa ISO 50001. 
Le nuove linee guida per il triennio 2016-2018 prevedono un aumento dei prodotti assicurativo/bancari “che sappiano rispondere ai bisogni delle cosiddette fasce deboli, come lavoratori precari, genitori single, immigrati temporanei, tutti soggetti che hanno un problema di assistenza sanitaria per il presente e di pensione per il futuro”, spiega Unipol. Oltre a ciò, il gruppo punta a incrementare del 25% la penetrazione delle coperture di welfare, e accrescere del 20% l’incidenza dei prodotti a valore sociale e ambientale. Unipol vuole anche attivare servizi e strumenti di risk assessment e di sensibilizzazione sui rischi generati dai cambiamenti climatici, in merito soprattutto alla vulnerabilità delle Pmi di fronte ai danni ambientali. 
Lo scorso 15 luglio Standard Ethics (agenzia di rating indipendente sulla sostenibilità) ha comunicato l’elevazione dello Standard Ethics Rating di UnipolSai, passato a EE (outlook stabile) dal precedente EE-.

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