ENERGIE RINNOVABILI E INCERTEZZE DEL FUTURO

In tutto il mondo si stanno definendo i contorni della transizione energetica, seppure con differenti livelli di impegno e obiettivi. L’Europa ha scelto la via della regolamentazione, ma gli obiettivi sembrano difficili da raggiungere per il settore energetico, esposto a fattori in parte non controllabili, primo tra tutti la disponibilità di materie prime e componenti, la cui filiera, come evidenzia Antonino Callaci, global head of risk management in Renantis, è gestita quasi integralmente da altri Paesi (Cina su tutti)

ENERGIE RINNOVABILI E INCERTEZZE DEL FUTURO
Di fronte alle sfide imposte dal cambiamento climatico i paesi stanno mettendo in atto misure per ridurre le emissioni di gas serra e convertire i sistemi energetici dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. Questo scenario rappresenta un’opportunità per le imprese del settore energetico, che si muovono però in un contesto in evoluzione e legato all’eventualità che alcuni dei presupposti non si avverino. 
Partendo da quanto stabilito a livello internazionale con l’Accordo di Parigi del 2015, i paesi dell’Unione Europea hanno definito un percorso che intende portare l’area Ue a essere la prima economia a impatto climatico zero entro il 2050 (Net Zero Emission). Una delle tappe incluse nel Green Deal prevede di ridurre le emissioni di gas climalteranti del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), traguardo per raggiungere il quale è stato definito il pacchetto di norme Fit to 55%
L’esigenza europea di rendersi indipendenti dal gas russo ha reso più urgente il ricorso a energie alternative, da qui l’obiettivo di raggiungere entro il 2030 il 40% di energia prodotta da fonti rinnovabili nella Ue: per l’Italia significa raddoppiare nei prossimi sei anni l’attuale capacità installata.
Questo scenario rappresenta una sfida industriale complessa per tutta la filiera, per di più per aziende che si trovano a dipendere in via prioritaria dalle politiche degli Stati e dalle lungaggini burocratiche spesso necessarie per ottenere le autorizzazioni. 

AVANTI, MA CON INGAGGI DIVERSI 

“Le imprese del settore – spiega Antonino Callaci, global head of risk management di Renantis – hanno di fronte la grande opportunità di cavalcare la transizione energetica, questo sforzo però si dipana in un contesto di incertezza che poggia sulla constatazione, sempre più condivisa dagli studiosi, che gli obiettivi NetZero non siano a oggi raggiungibili, non per mancanza di volontà ma di presupposti. La crescente carenza di minerali di base e altre materie prime – aggiunge – si sta configurando come uno dei principali ostacoli. Inoltre, le diverse aree del mondo si stanno muovendo in maniera differente e l’Europa, nonostante le intenzioni a cui ha legato gli obiettivi, rischia di ritrovarsi indietro”. 
Se l’Unione Europea ha scelto la via di affidare alla regolamentazione l’impulso allo sviluppo delle rinnovabili, nazioni come Cina o India sono restie a sottoscrivere impegni ma si muovono in maniera pragmatica, tanto che 14 dei 17 GW di nuovi impianti eolici installati nel 2022 a livello mondiale si trovano in Cina, paese che a oggi detiene circa il 65% della capacità eolica globale (l’Ue il 15% e gli Usa il 10%) 
Per quanto riguarda il settore energetico italiano ed europeo, c’è una difficoltà concreta di calare gli obiettivi nella realtà dei fatti. “In Italia – spiega Callaci – l’obiettivo al 2030 è l’installazione di 128 GW di energia da fonti rinnovabili secondo il programma Fit for 55 (salirebbero a 143 GW secondo il nuovo piano in discussione REpower EU), ma a fine 2023 la capacità installata complessiva dichiarata da Terna è di soli 66 GW (peraltro costruita in circa venti anni); quindi con l’attuale tasso di crescita il target al 2030 verrebbe raggiunto non prima del 2050. Un forte impulso alla crescita potrebbe venire dall’eolico offshore di cui l’Italia può rappresentare in prospettiva il terzo mercato mondiale, secondo lo studio di The European House-Ambrosetti. La costruzione di una nuova filiera industriale – osserva Callaci – pone innumerevoli sfide da affrontare, mal conciliandosi con obiettivi fissati sulla carta al 2030”.


Antonino Callaci, global head of risk management di Renantis
© Guido Maria Ratti 

I RISCHI LEGATI ALLA STRETTOIA DELLE FORNITURE 

E parlando di supply chain si torna alla Cina, che produce l’80% dei componenti per la produzione di rinnovabili e ha il controllo delle materie prime. Per organizzare una risposta, l’Unione Europea ha emanato lo European Critical Row Material act, che fissa obiettivi stringenti per lo sviluppo di un’industria europea indipendente come l’estrazione nel nostro continente di almeno il 10% dei minerali critici da consumare, la raffinazione di almeno il 40%, il riciclo del 15% e non acquisire più del 65% da uno stesso paese. “Sembra un evidente tentativo di contrastare lo strapotere cinese, già oggi fornitore dei due terzi delle materie prime individuate dall’Ue come critiche, ma costruire una supply chain europea che assicuri forniture secondo necessità e nei tempi richiesti rappresenta un rischio strategico per le imprese”, afferma Callaci.
La catena di approvvigionamento è uno dei principali aspetti critici, con i colli di bottiglia che determinano concreti rischi di mercato. “A questi si aggiungano i rischi tecnologici, che riguardano due aspetti: la capacità del sistema industriale di innovarsi in qualità e rispondere agli obiettivi di quantità, per i quali al momento non è strutturato, e la business interruption connessa a guasti dei componenti per impianti che via via invecchiano e sono esposti ai fenomeni climatici”, spiega Callaci. Il tema dei failure merita un approfondimento: “l’industria eolica e quella fotovoltaica – osserva – sono relativamente giovani e sempre in continua evoluzione tecnologica, quindi il track record, anche dei sinistri, non sempre permette una valutazione strutturata dei rischi legati all’obsolescenza o ai possibili difetti costruttivi di alcuni nuovi modelli. Questo rende difficoltosa la definizione di adeguate strategie di manutenzione predittiva e la gestione delle spare parts, tanto più che l’andamento del mercato crea una forte incertezza anche sui tempi di consegna”. 

STRUMENTI DI RESILIENZA A TUTELA DEGLI OBIETTIVI

L’attuale fase di crescita del settore e la centralità della spinta politica per il suo sviluppo comportano una serie di rischi di transizione, legati in particolare agli aspetti regolatori. Va poi considerato il rischio legato alla volatilità dei prezzi dell’energia: le rinnovabili sono una fonte di produzione per definizione “non programmabile” in quanto legata alla disponibilità del vento o del sole. “Questo significa non poter controllare esattamente quanta energia elettrica sia possibile immettere in rete e in quale momento, ciò crea degli sbilanciamenti tra domanda e offerta che influiscono sulla dinamica di formazione del prezzo”, specifica Callaci. Inoltre anche il settore delle rinnovabili è esposto sempre più ai rischi fisici determinati dal cambiamento climatico, “in questo ambito – evidenzia il risk manager – un fattore dirompente, che ha implicazioni strategiche, è il rischio crescente connesso alla possibile mutazione nei flussi e nell’intensità degli attuali modelli di ventosità e irraggiamento, causata dal surriscaldamento in atto nel pianeta. Un cambiamento di questi pattern già oggi determina sensibili riduzioni di produzione rispetto al recente passato, ma potrebbe nei prossimi decenni cambiare radicalmente il profilo di appetibilità di alcuni paesi e spingere gli investimenti in altre aree del globo”. 
Un filo rosso lega i rischi citati da Callaci ed è quello della business continuity, quindi della capacità di dare continuità alla produzione e fornitura di energia nonostante i molti ostacoli. “Per quanto riguarda la volatilità crescente della risorsa naturale, già oggi i produttori possono tutelarsi dalla mancata produzione per assenza di vento o sole attraverso prodotti assicurativi innovativi come i Weather derivatives. Per quanto riguarda la volatilità dei prezzi dell’energia legata alla non programmabilità della produzione, l’industria sta sviluppando l’utilizzo di sistemi di accumulo Bess (Battery energy storage system), cioè batterie per lo stoccaggio, “anch’essi però vincolati spesso ai ritardi nel rilascio delle necessarie autorizzazioni e alla disponibilità delle materie prime, in primis il litio, e al rapporto costo/beneficio attualmente ancora non sempre soddisfacente” conclude Callaci. 

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