LA RIVOLUZIONE DELLA MOBILITÀ URBANA

Nelle metropoli di oggi costruire più strade non è più un modo sostenibile per risolvere i problemi legati al congestionamento. Due report realizzati da Bcg propongono un nuovo approccio che guarda a soluzioni guidate dalla tecnologia e dalla sostenibilità

LA RIVOLUZIONE DELLA MOBILITÀ URBANA
Il 9 maggio del 2008 a San Paolo, in Brasile, un camion si ribaltò su una delle arterie principali della città. La circolazione stradale si paralizzò letteralmente, generando un ingorgo di ben 292 chilometri, e coinvolgendo circa un terzo delle strade cittadine. Il problema del traffico nella megalopoli brasiliana (12 milioni di abitanti nella sola area urbana) è talmente grave che molti uomini d’affari preferiscono spostarsi in elicottero all’interno della città. Ma è praticamente in tutte le grandi metropoli mondiali che la necessità di spostarsi è diventata una sfida, tra traffico congestionato e sistemi di trasporto pubblico spesso al collasso. 

UNA MINACCIA PER L’ECONOMIA, L’AMBIENTE E LA SOCIETÀ

I problemi riguardanti la mobilità minacciano l’economia stessa delle città, oltre che l’ambiente e la società nel suo insieme. E un approccio tradizionale per risolvere il problema della mobilità urbana (costruire nuove arterie stradali) non è più sostenibile per via dei problemi legati al cambiamento climatico e alla salute pubblica, oltre che per motivi finanziari. Ma nuove soluzioni iniziano a essere esplorate, con esperimenti in corso in diverse città del mondo. Due studi realizzati da The Boston Consulting Group analizzano alcune interessanti esperienze. 

CONDIVIDERE PER DECONGESTIONARE

Lo studio Solving the cooperation paradox in urban mobility parla delle nuove forme di mobilità basate sulla tecnologia: car e moto sharing, biciclette free-floating, veicoli elettrici autonomi, piattaforme di mobilità digitale. Queste tecnologie, spiega Bcg, possono agire da “eliminatori di congestioni”. Ma non ci si può attendere che tutti i problemi siano risolti dalla tecnologia. Le città, sostiene il report, dovranno riuscire a essere parte stessa della rivoluzione della mobilità, garantendo che le tecnologie siano sviluppate al meglio per le città stesse e per le persone che vivono e lavorano al loro interno. “Le amministrazioni cittadine – si legge nel report – devono riprendere il controllo della mobilità urbana, orchestrando l’intero sistema dei fornitori di mobilità e degli utilizzatori”, con l’intento di “promuovere lo sviluppo economico, per la loro redditività finanziaria, per combattere contro i cambiamenti climatici, e per il benessere dei propri residenti”. Il report suggerisce alcune azioni per dare concretezza a questi propositi. In primo luogo “le città devono dotarsi di strumenti che monitorino il valore socioeconomico delle loro iniziative”. Il passo successivo è quello di “comprendere il valore dell’offerta di nuova mobilità e trattenerne una quota da reinvestire in soluzioni bilanciate”, per poi “integrare tutte le modalità e i servizi di mobilità in un’unica piattaforma per offrire agli utenti un’esperienza senza soluzione di continuità”. Le amministrazioni cittadine dovrebbero poi “indirizzare una politica dei trasporti sociale e inclusiva”, anche attraverso “nuove ordinanze e regolamentazioni”. Infine, il suggerimento è quello di sperimentare: “le città – si legge – non hanno il tempo per aspettare soluzioni definitive. Devono apprendere sperimentando”. Lo studio cita i casi virtuosi di Singapore, Dubai, Hong Kong e Londra, come “ottimi esempi di mobilità urbana”.

L’ESEMPIO DEL MASSACHUSETTS

Spostando lo sguardo verso il futuro, la prevedibile ampia diffusione nelle metropoli dei veicoli a guida autonoma, sia vetture private sia mezzi pubblici, dovrebbe portare indubbi vantaggi per la mobilità. Ma potrebbe anche comportare problemi a livello di traffico. Un rischio decisamente probabile se l’autorizzazione alla circolazione nelle città di auto e bus senza pilota non dovesse essere anticipata dall’adozione di piani urbani di viabilità e trasporto studiati ad hoc. È questa una delle considerazioni più importanti evidenziate da un altro report, intitolato Reshaping urban mobility with autonomous vehicles (Rimodellare la mobilità urbana con i veicoli autonomi), realizzato da Bcg in collaborazione con il World Economic Forum. Il lavoro combina i risultati di sofisticate simulazioni, di sondaggi che hanno interessato le attitudini comportamentali dei possibili utilizzatori, di interviste presso amministrazioni locali e aziende, con i dati sperimentali raccolti nella città di Boston, dove dal 4 gennaio 2017 i veicoli di NuTonomy-Lift, Optimus Ride e Aptiv hanno già percorso oltre 2.400 km in modalità guida autonoma.
Nella città del Massachusetts la circolazione di auto e shuttle a guida autonoma ha provocato downtown un aumento dei tempi di percorrenza medi del 5,5%. Si tratta, chiarisce il report, di un fenomeno facilmente gestibile con alcuni provvedimenti di tipo amministrativo. Tra i provvedimenti suggeriti, lo studio segnala “l’adozione di corsie preferenziali per i veicoli a guida autonoma” che permetterebbe “un taglio dei tempi medi di viaggio del 8,3%”. Per realizzarle si potrebbero utilizzare spazi oggi destinati ai posteggi, lasciati liberi dalla diffusione di massa delle auto a guida autonoma (a Boston si libererebbero il 48% dei parcheggi attuali). Viene inoltre suggerita l’istituzione di aree dedicate per il carico/scarico dei passeggeri. 

SE LE STRADE SI RIEMPIONO DI AUTO A GUIDA AUTONOMA

Lo studio, infine, evidenzia una propensione da parte dei cittadini a preferire i mezzi a guida autonoma, con servizio a domicilio, rispetto all’impiego di tradizionali linee di bus e metropolitane. È prevedibile, sostiene il report, “una tendenza all’aumento dei veicoli a guida autonoma in circolazione” che potrebbe essere controbilanciata con “l’adozione di car sharing e shuttles senza pilota a tariffe differenziate, in base al numero dei passeggeri a bordo”, misura che da sola potrebbe contribuire a far migliorare i tempi di percorrenza attuali del 15,5%. Nel complesso, comunque, i vantaggi già oggi riscontrati a Boston sono notevoli: a fronte di spostamenti più lenti nelle aree centrali, si registra un miglioramento delle tempistiche medie nell’area metropolitana del 4,3%, valore che sale a 12,1% se si considerano alcune zone della cintura esterna, come quella di Allston-Brighton.

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