LE PARTNERSHIP DOPO LA CRISI

Al termine della riorganizzazione del sistema bancario italiano, gli accordi dei singoli operatori con il settore assicurativo potrebbero mutare profondamente: serve un nuovo modello per servire meglio il consumatore ed evitare la dispersione di valore

LE PARTNERSHIP DOPO LA CRISI
In un mercato come quello italiano, che negli ultimi anni ha subito una spinta alla concentrazione (basti pensare alle fusioni di grandi compagnie, alle razionalizzazioni, alle acquisizioni di compagnie a opera di fondi stranieri), resta da capire quali saranno le principali tendenze della bancassicurazione del futuro, soprattutto sotto il profilo delle partnership che mondo del credito e settore assicurativo potranno instaurare. 
Non è detto che gli accordi che fino a oggi hanno dato i benefici maggiori possano continuare a essere validi anche nel nuovo scenario che uscirà al termine della ristrutturazione del comparto bancario. Alla scadenza dei contratti di partnership, joint venture, società captive, accordi di distribuzione potranno assumere nuove forme, oppure restare invariate. 
Del resto, è vero anche che in questi anni di profondi cambiamenti per i due settori, i loro legami non hanno subito importanti scossoni, eccezion fatta per il complesso intreccio azionario tra Cattolica e Banca Popolare di Vicenza. Come noto, nell’agosto scorso la compagnia di Verona aveva deciso di porre fine alla partnership con Bpvi, avvalendosi del diritto di recesso unilaterale. Ora però le cose potrebbero andare diversamente e Cattolica potrebbe riavvicinarsi una volta completata la fusione tra Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. 


UN MERCATO GIÀ SATURO?

Secondo Paolo Colciago, partner di Kpmg, “a livello di partnership e accordi tra compagnie e banche, negli ultimi anni non è cambiato molto perché il mercato già dieci anni fa era abbastanza saturo, nel senso che lo sviluppo era già molto avanzato e quasi ogni operatore bancario aveva il proprio partner assicurativo”. 
Per fare un altro esempio, quando Unipol acquisì Fondiaria Sai ebbe immediatamente accesso al canale del Banco Popolare: ma quella fu comunque un’operazione strettamente assicurativa e non riguardò in particolare la bancassurance. “Ora – continua Colciago – occorrerà vedere cosa accadrà con l’aggregazione tra Banco Popolare e Bpm, che hanno due partner assicurativi diversi”. 
Solitamente, di fronte a questi scenari, ci sono due possibilità: o uno dei due partner assicurativi sarà tagliato fuori dal canale, oppure, più probabilmente, si assisterà a una ricontrattazione degli spazi e degli sportelli. È possibile, quindi, che la banca metta in qualche modo in competizione le compagnie partner: fermo restando, però, che la bancassicurazione resta fondamentale per tutti i soggetti coinvolti.





OLTRE GLI SPORTELLI

“La vera sfida della bancassurance a livello distributivo – spiega Colciago – è rappresentata dalla crisi degli sportelli. Una volta, la competizione tra istituti si giocava sul numero delle agenzie che una banca poteva mettere in campo: gli sportelli avevano un grande valore. Oggi non è più così e, anzi, il sistema bancario sta correndo alla dismissione perché questi rappresentano una perdita. È ancora tutto da vedere quanto e in che modo questo cambiamento impatterà sulla bancassurance: è probabile che il canale riuscirà a raggiungere il consumatore attraverso internet o attraverso i promotori”. 
È normale quindi che, come sta accadendo per la distribuzione attraverso gli agenti, agli sportelli che resteranno aperti sia richiesto un salto di qualità perché sta completamente cambiando il paradigma di relazione tra banca e consumatore. Tutti gli operatori assicurativi, o almeno quelli più evoluti, si stanno già attrezzando affinché la chiusura delle filiali non porti a un calo del business. 


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