IL SENSO DI UNIPOL PER L’INSURTECH

Il gruppo assicurativo ha presto capito che non può bastare un centro di data analytics ma che, per innovare, occorre una vera e propria solution factory interna. Ne ha parlato a Insurance Review Renzo Avesani, chief innovation officer e amministratore delegato di Leithà

IL SENSO DI UNIPOL PER L’INSURTECH
👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 79 Pagina: 58
Spesso si ritiene che insurtech sia sinonimo di gestione efficiente dei dati. Oppure si pensa che insurtech voglia dire start up, cioè progetti con poco budget ma con un’idea forte, che durino lo spazio di un mattino e che solo raramente riescano a imporsi. Unipol, in questi anni, ha cercato di fare qualcosa di diverso, di più profondo e strutturato, cercando di cogliere il massimo valore dall’innovazione tecnologica e dall’analisi dei dati. 
Ne ha parlato a Insurance Review Renzo Avesani, chief innovation officer del gruppo Unipol e amministratore delegato di Leithà, società captive specializzata nella creazione di soluzioni tecnologiche. Secondo Avesani, l’insurtech è l’insieme di tante cose diverse, e l’aspetto fondamentale è riuscire a governarle tutte. “Circa sei anni fa – spiega – abbiamo pensato con l’amministratore delegato del gruppo, Carlo Cimbri, che alla società si dovessero affiancare alcune competenze, attraverso un processo evolutivo che permettesse di intercettare nuove tecnologie utili al business”.
L’idea che si sono fatti in Unipol è che non bastasse però un centro di data analytics ma che occorresse una vera e propria solution factory interna. Un’entità capace di completare la catena del valore che, a partire dall’analisi dei dati, potesse mettere in produzione applicativi destinati agli utilizzatori finali interni. “Nel percorso dell’insurtech – precisa Avesani – abbiamo compreso che se l’uso dei big data doveva servire a costruire soluzioni per il business; gli strumenti dovevano risultare pienamente operativi e non solo di supporto all’analisi”. 

LA ROTTURA DEL PARADIGMA

Poi, quattro anni fa, Unipol ha impresso una velocizzazione all’insurtech quando è nato il primo embrione di Leithà, società avviata con una dozzina di persone e che ora ne conta 45 (a fine 2020 l’organico sarà composto da 50 effettivi). “Ci siamo creati un pool integrato di conoscenze – spiega Avesani –, alcune specializzate in data science e altre in computer science. Guardiamo il singolo processo, lo analizziamo e cerchiamo di dare in mano ai process owner di business una soluzione che possa andare direttamente in produzione”. 
Un modo di lavorare che nasce dall’osservazione delle big tech, che hanno modus operandi in continua evoluzione. “C’è una rottura molto netta rispetto al paradigma precedente dell’utilizzo della tecnologia, fortemente condizionata dai sistemi legacy”. L’insurtech ha un’architettura a servizi che smonta i sistemi esistenti e lavora su ciascun servizio in maniera indipendente. Il valore più grande è questo: “un modo alternativo e nuovo di sviluppare una soluzione che va in produzione rapidamente, che può continuare a evolvere, senza bisogno di sostituire, con un approccio waterfall, i sistemi legacy”, chiosa Avesani. 



IL RUOLO DELL’OPEN INNOVATION

Ma in questo contesto, in cui tutto appare diretto e controllato internamente, come s’inserisce l’altro aspetto, quello delle partnership? Secondo Avesani, che in questo caso parla più da chief innovation officer di Unipol che da amministratore delegato di Leithà, diventa essenziale avere un osservatorio sul mondo delle start up, specie nella Silicon Valley e in Israele. È importante perché è una finestra sull’innovazione e una vetrina di qualità per eventuali acquisizioni. “Grazie a Plug and Play, ma anche ad altri partner – ricorda il manager –, abbiamo un monitoraggio molto preciso delle novità che stanno per irrompere nella nostra industry. L’open innovation si configura come il complemento perfetto di quello che facciamo in casa, dove realizziamo molto ma certo non tutto. Avere un’unità dedicata che si occupa di scouting diventa un’asset importante”. 
Il mondo delle start up è decisamente magmatico, difficile da tenere sotto controllo. I team di open innovation efficaci devono avere un approccio sistematico all’analisi di questo segmento di mercato, andando direttamente alla fonte, parlando con chi investe in queste realtà: “abbiamo un bouquet di informazioni di prima mano e direttamente collegato con il mercato, raccolte, analizzate e condivise grazie all’uso di una piattaforma evoluta di open innovation, che ci consente di ottimizzare al meglio le scelte verso una strategia sempre più integrata e innovativa all’interno del gruppo”, aggiunge Avesani. 

EVITARE LA PROPRIA DISINTERMEDIAZIONE

L’idea centrale dell’innovazione di Unipol è che sia preferibile andare direttamente sul mercato con prodotti proprietari per ciò che racchiude il vantaggio competitivo della compagnia; laddove questo non fosse possibile, occorre fare in modo che nella partnership con un altro soggetto il valore finale resti integro. Altrimenti il rischio, riflette Avesani, “è dare la possibilità a qualcun altro di accedere ai dati che permetteranno poi la mia stessa disintermediazione”. 

LE COSE FATTE E QUELLE DA FARE

Guardando al futuro, Unipol vuole migliorare l’architettura a servizi per arrivare sempre più facilmente a produrre soluzioni senza entrare nella legacy dei processi. Uno dei maggiori successi di questa strategia è stato in ambito sinistri, con la gestione e la liquidazione real-time. La compagnia ha poi messo insieme dei processi d’interpretazione, lettura e salvataggio di documenti, in grado d’intercettare i flussi digitali e cartacei, uniformarli in digitale e renderli disponibili a tutti i dipartimenti di Unipol. Guardando al piano industriale, gli ecosistemi dei rami elementari sono una priorità: “gli eventi atmosferici – sottolinea Avesani – stanno diventando una fetta estremamente ampia della sinistrosità, perché frequenza e intensità stanno aumentando. Abbiamo attivato servizi di alert dedicati ai clienti in caso di grandine e di rischio alluvione, e presto usciremo con molto altro”.

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