LUCI E OMBRE PER LE IMPRESE

L’Istat ha rivisto al rialzo il Pil italiano, che cresce sopra la media della zona euro. Le previsioni di un periodo sfidante si materializzeranno nella seconda parte dell’anno, quando l’impatto dell’aumento dei tassi raggiungerà il picco. Le aziende dovranno guardare all’export, facendo attenzione al rischio insolvenze

LUCI E OMBRE PER LE IMPRESE
👤Autore: Maria Moro Review numero: 106 Pagina: 62-63
L’anno in corso si sta rivelando più positivo per l’Italia dal punto di vista economico rispetto alle attese. Il contesto complessivo però affievolisce l’ottimismo nella prospettiva dei prossimi mesi. Sono tre le sfide, finanziarie ed economiche, che attendono i paesi, in particolare quelli occidentali, e i sistemi produttivi: il tema energetico, ancora non risolto, le difficoltà del settore bancario e il rialzo dei tassi. Sono fattori presenti già da tempo, ma che probabilmente sono stati mitigati da un sistema che fino a ora è riuscito a essere resiliente. 
L’economia italiana ha vissuto nel biennio 2021-22 una buona ripresa, che ha superato del 2,4% i livelli pre-pandemia e i cui effetti si sono protratti in questi primi mesi del 2023, tanto che l’Istat, così come altri istituti, ha rivisto in crescita le previsioni del Pil collocandolo tra il +1 e +1,2%. Il dato è condiviso da Allianz Trade, che nello studio L’Italia delle imprese 2023 prevede un aumento del prodotto interno lordo nazionale attorno all’1% in un contesto di crescita del prodotto globale a +2,2%. Come per i mesi precedenti, l’economia italiana potrebbe registrare quest’anno risultati superiori alla media dell’Eurozona, che nel primo trimestre ha segnato una crescita nulla (tra 0 e 0,1%) rispetto al +0,6% dell’Italia. 
Un secondo elemento di positività potrebbe essere la decelerazione dell’inflazione (8,2% in aprile, 7,6% a maggio, 6,4% a giugno), che si attesterebbe al 5,6% medio quest’anno e al 2,2% il prossimo: a influire favorevolmente è il calo dei prezzi dei beni energetici, mentre potrebbe incidere in senso contrario la crescita dei prezzi di beni e servizi, che non pare attenuarsi. A questo proposito, Allianz Trade fa riferimento alla possibilità di un’inflazione da margini, osservando come in tutta Europa lo scorso anno i margini delle imprese siano cresciuti; in Italia l’aumento è stato dell’1,5% e ha portato il valore aggiunto lordo al 43,1%, il più alto dal 2018.

I FATTORI DI ALLARME

L’impressione è che questi primi sei mesi dell’anno abbiano rappresentato un passaggio più lento del previsto verso un contesto in cui emergeranno gli effetti dei fattori avversi alla crescita. 
Dopo un periodo di risultati positivi, le condizioni finanziarie, che si sono fatte più restrittive con l’aumento dei tassi, stanno avendo un impatto sensibile sugli investimenti e sui consumi, con una disponibilità economica di famiglie e imprese che si mostra in calo. 
Gli effetti dell’inasprimento di una politica monetaria possono manifestarsi sulla produzione anche con un ritardo di 18 mesi dall’avvio del ciclo dei rialzi, il che significa che l’impatto delle azioni fin qui intraprese dalle banche centrali raggiungerà il massimo negli ultimi mesi di quest’anno e si protrarrà per tutto il prossimo. Il credito a famiglie e imprese ha già segnato una contrazione, e questo ha comportato un maggiore ricorso all’uso della liquidità accantonata per spese e investimenti. Nel caso delle imprese, la liquidità in eccesso è valutata in circa 120 miliardi di euro, 10 in meno rispetto alla fine del 2021; per quanto riguarda le famiglie, a fine 2022 il tasso di risparmio è sceso al 7,3% del reddito disponibile, quando la media storica era del 12,7%. Per il momento, non pare che questa situazione possa ancora avere impatti incisivi sull’occupazione, che comunque è data in lieve calo, mentre sono attesi in aumento i salari, in risposta all’inflazione.



GUARDANDO ALL’EXPORT, CON MODERATO OTTIMISMO

Il commercio estero rimane un punto di riferimento per le aziende italiane, anche se a partire dallo scorso ottobre gli scambi a livello internazionale sono diminuiti. Questo riduce la fiducia delle imprese, che sembrano nel complesso preferire un maggiore impegno sui mercati consolidati piuttosto che affrontarne di nuovi. 
In ogni caso, seppur leggermente, a livello globale le vendite continueranno a crescere in termini di volumi (+0,7% rispetto a +3,8% dello scorso anno), mentre non sono attesi incrementi sui valori (-0,1% rispetto al +9,7% del 2022). Per l’Italia il report prevede una crescita dell’export pari a 50 miliardi di euro di valore, per il 43% realizzati sui mercati storici di Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera e Usa. 
Un sondaggio effettuato da Allianz Trade nell’aprile scorso su 3.000 imprese di sette economie, Italia inclusa, ha evidenziato che il 70% del campione si attende un aumento del fatturato generato dalle esportazioni, una quota ancora positiva ma ben al di sotto dell’80% registrato solo lo scorso anno e ancor più del 94% di prima della guerra in Ucraina. Il cauto ottimismo, o sostanziale realismo, traspare anche dalle attese sul fatturato, che per un’azienda su due aumenterà tra il 2% e il 5%, quando solo lo scorso anno era cresciuto in doppia cifra.

TRA LE SFIDE, INSOLVENZE E SUPPLY CHAIN

Orientarsi ai mercati esteri è una scelta consapevole, nonostante le difficoltà che si intravedono. Quella principale è l’aumento del rischio di insolvenze, che sono stimate in crescita del 21% a livello globale, con i principali mercati di sbocco europei che segnano tassi importanti. Nel complesso, si ritiene probabile che nel 2023 la metà dei paesi analizzati supererà i livelli di insolvenza pre-pandemia.
Sempre stando alla rilevazione, tra le criticità attese dalle imprese italiane al secondo posto c’è “la mancanza di informazioni”, alla pari con la carenza di forza lavoro. Tra i principali problemi da affrontare permangono quelli legati alle catene di approvvigionamento, in particolare i tempi di consegna e i costi dei trasporti.

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