STUDIO, INGEGNO E TANTA GAVETTA

La carriera professionale iniziata da zero. Le battaglie politiche. Le sfide che il Paese ha di fronte a sé. Senatrice della Repubblica e agente assicurativo, Laura Puppato parla con Insurance Review dei molti temi caldi del momento: dal problema della sostenibilità del welfare allo stallo delle trattative con le imprese per il rinnovo dell'ANA, rivelando di essere al lavoro per una proposta di legge sulle coperture delle catastrofi naturali

STUDIO, INGEGNO E TANTA GAVETTA
I più, probabilmente, l’hanno conosciuta perché è stata tra i candidati alle primarie del centrosinistra per la scelta del premier di coalizione nel 2012. Pur sfidando personaggi di primissimo piano nel panorama politico nazionale (Pierluigi Bersani, Matteo Renzi, Nichi Vendola e Bruno Tabacci), Laura Puppato in quell’occasione è comunque riuscita a incassare endorsement di peso, come quello del regista e attore Nanni Moretti.
È stata sindaco di Montebelluna (Treviso) per due mandati, poi consigliere della Regione Veneto, e attualmente siede in Senato, tra le fila del Partito Democratico.

In politica come nella sua professione, Laura Puppato è riuscita a centrare importanti traguardi partendo praticamente da zero. Agente con mandato di Groupama Assicurazioni e Das, ha iniziato la propria carriera professionale come semplice impiegata in una piccola agenzia Lloyd Adriatico. A Insurance Review la senatrice Pd racconta la sua dura gavetta professionale e le battaglie politiche, ma parla anche da agente assicurativo, sottolineando le criticità che attualmente coinvolgono il settore e le sfide che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi anni: la non autosufficienza, la sostenibilità del welfare, la sottoassicurazione delle famiglie italiane. Senza tralasciare argomenti più tecnici, come il rinnovo dell’Ana e le relazioni tra l’Ania e la categoria degli agenti.


Senatrice Puppato, qual è stato il percorso professionale che l’ha portata a diventare agente di assicurazioni?

La mia storia assicurativa nasce per caso, come presumo sia accaduto a molti colleghi. Ero giovane, avevo terminato gli studi superiori, mi ero iscritta all’università e cercavo un lavoro per mantenermi. L’ho trovato come impiegata, l’unica, in una minuscola agenzia Lloyd Adriatico nella città di Montebelluna, era il 1975.
Il titolare era spesso assente, mentre suo figlio, facente funzioni, mi lasciava molto spazio. Così, nulla sapendo e non potendo contare su colleghi o altro, passai mesi, interessanti e difficili, a studiare i contratti accatastati in agenzia. Una specie di autodidatta e topo d’archivio contemporaneamente. Il tempo, lo studio e il buon rapporto con la clientela hanno fatto il resto, finché nel ruolo di coadiutore dei produttori nel 1988 ho ricevuto l’offerta dell’allora Phenix Soleil (ora Groupama) a diventare loro agente. Piano piano, ma non troppo, perchè avevo investito la mia vita e non avevo risparmi, per cui dovevo solo vincere questa scommessa, ho trasformato un portafoglio iniziale malandato di 190 milioni di lire (95mila euro di oggi) in un portafoglio da agenzia media, intorno ai 2,5 milioni di euro. Oggi la mia non è più un agenzia individuale, ovviamente, perché dal 2002, cioè dopo aver avuto il mandato di sindaco della mia città, non mi è più stato possibile dedicare il tempo necessario al lavoro. Si è costituita una società la Planet Snc, con mia figlia Annagiulia e uno dei collaboratori più fidati, Pietro Laveder. Loro hanno dimostrato di essere capaci di gestire al meglio clientela e rapporti con l’azienda, secondo i dettami del rispetto e della correttezza che ho sempre loro indicato.
Soprattutto hanno saputo superare un periodo pesante per la nostra realtà economica che è durato dal 2007 al 2014, mantenendo e ampliando, con grande fatica e ingegno, struttura e portafoglio. Siamo agenti Groupama e Das, e abbiamo collaborazioni con diversi intermediari e compagnie.


All’interno della sua professione di agente, quali ruoli ha avuto in veste associativa tra il Sindacato nazionale agenti e il Gaa aziendale?

Fin dai primi anni di lavoro come agente, seguendo la mia indole, mi sono occupata dei problemi della categoria iscrivendomi allo Sna e al gruppo agenti, consapevole dell’importanza di stare insieme per risolvere i comuni problemi e fare massa critica. Poco dopo ho assunto incarichi nel sindacato agenti, inizialmente come responsabile Triveneto fino a entrare in giunta nazionale, combattendo con onestà e trasparenza le doverose battaglie a favore dell’autonomia dell’agente, dell’obiettività di trattamento rispetto alla casa madre e della qualità dei prodotti. Insomma, un’esperienza bella e impegnativa, che mi ha insegnato molto. Devo anche dire, a onor del vero, che oltre a non avermi mai fatto pesare la scelta di fare il sindaco, pur mantenendo il ruolo di agente, la mia dirigenza Groupama Assicurazioni ha ancora oggi un rapporto di ottima relazione con me.


Come è arrivata alla sua carica attuale di senatrice? Dopo quali battaglie e quanta gavetta?

In effetti, se considero il percorso fatto nella mia vita, devo prendere atto che le battaglie destinate a gettare il cuore oltre l’ostacolo sono state la cifra di ogni passaggio. E anche la gavetta è stata tanta e utile, sia professionale sia culturale. Competenze che mi hanno permesso di vivere l’esperienza di sindaco di una media città con molte aspettative, e capo-comprensorio, con una certa serenità amministrativa e gestionale. Ma l’aspetto umano, quello certo si è forgiato anche grazie alla tipologia di attività svolta con la gente, e tra la gente e al volontariato che ho sempre portato avanti come un desiderio di sentirmi utile a chi ha meno e a chi soffre. Dopo l’esperienza da sindaco di centrosinistra in una città storicamente di destra, per due mandati, sono stata eletta consigliere regionale in Veneto con il massimo delle preferenze, oltre 26mila.
Da capogruppo Pd in regione Veneto per tre anni, ho investito nella folle battaglia per le primarie nazionali del 2012 per portare all’attenzione dell’Italia un diverso modo di fare politica, francescana e concreta. Ho raccolto quasi il 3% in una battaglia sostanzialmente a due, tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi), senza esclusione di colpi. Sono stata successivamente eletta in Senato della Repubblica come capolista Veneto per il Partito democratico.

L’Onu ha lanciato l’allarme sul rischio di longevità, arrivando a prevedere, su scala mondiale, una vita media di oltre 90 anni entro il 2100. Secondo lei questo è un problema sottostimato? Sarà possibile, in futuro, coinvolgere le imprese italiane, l’Inps e il Governo in un progetto coordinato per farsi carico dell’intera collettività?

Una vita media così lunga implica un alto livello di qualità di vita anche nelle aree della terra oggi molto sofferenti, con quasi la metà degli abitanti che muoiono ancor giovani di stenti, fame e banali malattie correlate. Questa sarebbe decisamente una vittoria dell’umanità. Che però ha un rovescio della medaglia.
L’umanità dovrà dotarsi di sostenibilità economica e gestionale, acquisendo uno stile di vita necessariamente improntato a sobrietà e qualità alimentare, motivato anche da ragioni fisiche, cioè dai limiti del pianeta Terra, che altrimenti imploderebbe. Credo si debbano attivare queste sensibilità per vincere una sfida così grande, cui si associano una migliore cura anche farmacologica delle malattie tipiche della terza età e un diverso sistema di welfare, anche misto pubblico e privato, capace di sostenere per 30 anni i singoli cittadini, senza che producano reddito.
Il tema è grave. Già oggi il deficit che l’Inps sta accumulando, pari a ben 12 miliardi di euro l’anno, costringe a ripensare il modello, se si vorrà garantire un’equa pensione a chi l’ha maturata o la sta maturando. Avremo una generazione, che di contributi ne sta versando molto pochi al punto che i versamenti non riusciranno a garantire loro una dignitosa vecchiaia. E questo è un altro problema urgente. Su questo fronte, le polizze long term care per la non autosufficienza possono risultare certamente una risposta aggiuntiva per talune categorie. Ma, ovviamente, i conti devono tornare e possibilmente per tutti non solo per una percentuale della popolazione. La sfida è aperta, ed è ardua da far tremare i polsi. Ma dobbiamo farcela.


Anche se gli italiani oggi utilizzano sempre di più i siti web e i call center delle compagnie, secondo i dati Ania circa il 70% degli utenti assicurati nei rami elementari si recano ancora in agenzia. Diverso è il dato per la Rc auto, dove più del 43% degli assicurati si rivolge al web, e dove la competizione si gioca su minor costo, poche garanzie e poco servizio. In questo contesto, crede che le liberalizzazioni abbiano apportato vantaggi o anche qualche discriminazione?

Le liberalizzazioni devono poggiare sulla trasparenza senza cartelli, ovvero accordi dietro le quinte tra i competitor. Altrimenti diventano un danno e non un beneficio per il cittadino. Spesso chi si avvale del solo stimolo del prezzo per definire un acquisto, qualunque sia, alla prova dei fatti finisce per sentirsi deluso se non frodato. Il caso del mercato Rc auto, erroneamente ritenuto semplice e adatto anche ai non addetti ai lavori, ha molte incognite e conseguenze anche gravissime in caso di incidente. Il sistema migliore potrebbe consistere nel rendere più informati gli acquirenti e nel far comprendere loro il reale valore di un servizio individuale e diretto. Altri mercati europei hanno avuto lo stesso battesimo del fuoco, motivo in più per puntare sia sulla professionalità delle agenzie e degli agenti, sia sull’incremento della conoscenza media dei cittadini.
Il prezzo è solamente una tra le componenti di una polizza. Le garanzie offerte, le scoperture eventuali e la modalità di scrittura nei contratti di assicurazione, oltre al rating di liquidazione dell’azienda, sono componenti da conoscere altrettanto bene, per decidere cosa acquistare.

Nel corso dell’ultimo forum di Ferma (Federazione europea risk manager) sono stati trattati temi relativi ai cambiamenti climatici, alle catastrofi naturali, alle minacce tecnologiche. Argomenti di interesse pubblico che andrebbero valutati concretamente da parte del Governo, così come dall’Ania. Quali evoluzioni prevede su questo fronte?

Molte, ma almeno una capace di essere portata avanti in tempi rapidi. Diciamo entro la fine di questa legislatura.
Tanto che sto pensando a una proposta di legge capace proprio di portare all’attenzione del Governo una possibile soluzione che contribuisca a standardizzare una copertura nazionale per gli eventi di particolare rilevanza, quali terremoti ed effetti catastrofali frutto di cambiamenti climatici violenti. In questo caso ipotizzo che si debbano mettere a disposizione, come base di partenza, i costi che le Istituzioni italiane nel loro complesso pagano a seguito dei danni provocati annualmente da questi eventi. Insieme con premi a scalare in relazione all’effettivo rischio possibile, potremmo immaginare di coprire larga parte dei danni subiti dalla popolazione civile e dal settore industriale.


Il contratto nazionale imprese/agenti (Ana 2003), è ormai scaduto da tempo. Sono state apportate alcune modifiche legislative, ma restano aperte voragini sia sul fronte normativo, ad esempio sul tema della rivalsa, sia su quello economico, con provvigioni sempre più basse. Come sarà possibile riportare l’Ania al tavolo della trattativa per arrivare a un rinnovo capace di garantire una reciproca soddisfazione?

Il tema che ho potuto intravvedere durante la difficile trattativa per il Fondo pensione agenti è che in Ania si scontrano due blocchi di pensiero: da un lato coloro che considerano importante non solo la soddisfazione della clientela ma anche quella degli agenti e dei lavoratori delle agenzie, e dall’altro coloro che ritengono gli agenti come imprenditori da far correre secondo il solo principio produttivo, senza considerare le agenzie per quello che sono: cioè vere e proprie aziende gestionali e di rappresentanza nei territori, dove servono persone formate e competenti, e anche molta serietà amministrativa.
C’è un tema di irriverenza e sfruttamento che rischia di portare l’intera categoria a forme anche pesanti di protesta, e a un clima che forse non si è mai vissuto. Il Governo, ovviamente, non può entrare nei rapporti tra privati quali sono i contratti tra imprese e agenti, ma sarà necessariamente vigile laddove un servizio pubblico importantissimo come questo dovesse scadere, a causa di contratti capestro e ripetute tensioni. L’Ania deve far vincere la parte più responsabile e lungimirante, soprattutto per garantire un futuro di qualità al comparto assicurativo italiano, premiando di più i contratti complessi e riducendo gli oneri delle rivalse, talvolta impossibili da pagare, in recessione.


Qual è la sua valutazione a proposito dell’uscita dall’Ania di un grande gruppo assicurativo come UnipolSai?

Pessima. Per due ragioni prima di tutto. La prima perché, nei fatti, UnipolSai si stacca da un’associazione di categoria che ne risulta così indebolita nei confronti dell’esterno e del Governo, indebolendo a sua volta anche se stessa. La seconda perché mi preoccupa la situazione del loro comparto agenzie, senza una controparte istituzionale: è molto facile scadere nei rapporti privilegiando non più le regole date ma la soggettiva applicazione di scelte, anche solo per dimostrare la forza di cui dispone la mandante e la propria dirigenza.

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