UN PAESE DI SONNAMBULI

È così che il Censis, nel suo ultimo rapporto, descrive la situazione sociale di una popolazione che appare ormai rassegnata. Impotenti, sconfortati e impauriti, gli italiani si scoprono sopraffatti da dinamiche strutturali che potrebbero avere esiti funesti. E si rifugiano nei piccoli piaceri della vita

UN PAESE DI SONNAMBULI
Neppure le sirene d’allarme di un mondo in sempre più rapida evoluzione sembrano in grado di destare la popolazione italiana dal sonno profondo in cui è precipitata. Fragili, disillusi, rassegnati, sconfortati, addirittura “sonnambuli” nella metafora a cui è ricorso il Censis, nell’ultima edizione del Rapporto sulla situazione sociale del Paese, per descrivere un’Italia in cui “l’insipienza di fronte a cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza”. Il sonno della ragione genera mostri. E di sicuro non aiuta a sconfiggere quei mostri che sono già qua fuori: l’esperienza della pandemia, l’inverno demografico, la stagnazione economica, la crisi della globalizzazione, l’incubo della guerra, magari persino quello della terza guerra mondiale.
L’Italia è ormai “irrimediabilmente in declino”, secondo l’80,1% della popolazione (l’84,1% se si considerano solo i giovani). E nessuno appare nelle condizioni di poter fare qualcosa per evitare l’inevitabile. Anzi, la maggioranza silenziosa degli italiani (56%) è convinta di contare poco e nulla nella società. E allora tanto vale prendersela comoda, rifugiarsi nel sonno e magari sognare le “mille meraviglie” del nostro paese con cui possiamo ancora consolarci.

LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA

“La società italiana sembra affetta da sonnambulismo, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe invece per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti”, scrive il Censis. Sono tante le dinamiche strutturali con cui l’Italia deve fare i conti. Nell’epoca delle grandi transizioni (digitale, ecologica ed energetica), l’istituto di ricerca si concentra in particolare sul quella demografica. Nel 2050, secondo le previsioni del rapporto, ci saranno 4,5 milioni di residenti in meno in Italia: giusto per avere un’idea, è come se Roma e Milano scomparissero completamente. A eclissarsi saranno soprattutto i giovani, stretti in una morsa fatta di bassa natalità ed emigrazione alla ricerca di migliori condizioni di vita e lavoro: il rapporto stima 3,7 milioni di under 35 in meno nel 2050, a fronte di un incremento di 4,6 milioni di persone con più di 65 anni di età.
Il risultato di questo inverno demografico sono otto milioni di potenziali lavoratori in meno alla metà del secolo. E dunque pure un’inedita pressione sul nostro sistema sociale e produttivo che si scaricherà inevitabilmente anche sul sistema di welfare. Il 73,8% degli italiani, a tal proposito, teme che in futuro non ci sarà un numero sufficiente per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti avranno la possibilità di curarsi, perché la sanità pubblica non avrà risorse idonee a garantire prestazioni adeguate.


© Bela Zamsha - shutterstock

L’INCUBO DELLA GUERRA MONDIALE

Il sonno degli italiani non è comunque tranquillo. Sono tanti infatti gli incubi che disturbano il letargo della popolazione. A cominciare dalla prospettiva di una guerra che, dopo essere tornata a popolare le prime pagine dei giornali, è di nuovo presente anche nel nostro immaginario collettivo. Quasi il 60% degli italiani teme che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà il nostro paese. Una percentuale analoga è convinta che l’Italia non sarebbe in grado di proteggersi da eventuali attacchi terroristici di stampo jihadista. E metà della popolazione, più in generale, non giudica l’attuale apparato militare capace di rispondere a una possibile aggressione.
La paura si impone così come un tratto caratteristico della società italiana. L’84% dei cittadini è spaventato e impaurito dal “clima impazzito”, il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, per il 73% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi, il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato. In pratica, uno scenario da crisi permanente in cui tutto è emergenza. E dunque niente è emergenza.

ALLA RICERCA DI PICCOLI PIACERI

Un simile panorama, come già accennato, richiederebbe uno sforzo collettivo per sanare le criticità diffuse e garantire un sano e coerente sviluppo economico e sociale. Invece, stando alle conclusioni del rapporto, gli italiani preferiscono rifugiarsi in desideri minori. Non più la corsa irrefrenabile al consumo, ma una più pacata ricerca di piaceri consolatori. E non più l’ossessione del lavoro come strumento per l’acquisizione di una condizione di agiatezza, ma la ricerca di momenti quotidiani da dedicare a se stessi. L’81% degli italiani, in questo contesto, afferma di dedicare molta attenzione alla gestione dello stress e alla cura delle relazioni, ponendo il proprio benessere psicofisico al vertice delle priorità.
È in quest’ottica che va forse letta l’onda delle rivendicazioni sociali che emerge dalle pagine conclusive del rapporto: se non si può cambiare il mondo, che si possano almeno ottenere misure e interventi per vivere più serenamente la propria quotidianità. Il 74% si dice favorevole all’eutanasia, il 70,3% approva l’adozione di figli da parte dei single, il 65,6% si schiera a favore del matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso, il 54,3% è d’accordo con l’adozione di figli da parte di persone dello stesso sesso. Piccole conquiste per sopravvivere a un mondo in rapida evoluzione. 

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