BREXIT, UN IMPATTO SUL FUTURO DI TUTTI

Dopo lunghi anni di negoziati e polemiche, l’Ue e il Regno Unito hanno finalmente raggiunto un’intesa per disciplinare il recesso della gran bretagna dall’Unione. A sancire l’accordo in Italia è il decreto legge n.183 del 31 dicembre 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore nello stesso giorno. Esso è ora all’esame del Parlamento italiano e sarà convertito in legge entro 60 giorni dalla sua pubblicazione

BREXIT, UN IMPATTO SUL FUTURO DI TUTTI
Il progetto dell’accordo, che verrà ratificato dal Parlamento e dal Consiglio Ue, prevede tre punti principali:
  1. Il regolamento che normerà gli scambi di merci e servizi, nonché i trasporti, gli investimenti, la protezione dei dati, i contratti, la concorrenza e moltissimi altri aspetti della vita economica e sociale dei cittadini e delle aziende.
  2. Un accordo in materia di governance, in grado di proteggere le imprese, i consumatori e tutti i cittadini in caso di controversie, perché questi soggetti possano godere di condizioni paritarie.
  3. Un accordo per garantire la sicurezza di tutti i cittadini.
In breve, le tappe principali della fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione sono riassumibili come segue:
  • 23 giugno 2016, i cittadini britannici hanno votato per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
  • 29 marzo 2017, il Regno Unito ha comunicato ufficialmente all’Unione la volontà di uscire dall’Ue.
  • Dopo varie proroghe, il 29 gennaio 2020 il Parlamento Europeo ha approvato l’accordo di recesso.
  • Il Regno Unito è quindi uscito dall’Unione Europea il primo febbraio 2020, diventando “Paese terzo”, con un periodo di transizione che è terminato il 31/12/2020.
A partire dal primo gennaio di quest’anno, dunque, il Regno Unito ha lasciato il mercato unico e l’unione doganale dell’Ue, il che comporta una serie di cambiamenti importanti sul piano degli accordi internazionali fin lì esistenti. 
L’Ue e Uk costituiscono ormai due mercati distinti dal punto di vista normativo e giuridico: i loro rapporti non saranno più regolati dalle regole comunitarie, ma da questo accordo tanto faticosamente raggiunto, il che, come vedremo, non è certo cosa da poco. Attendiamo ancora, inoltre, l’approvazione definitiva del Parlamento e del Consiglio, che dovranno autorizzarlo formalmente all’unanimità, con la firma di tutti i 27 Stati membri.
A questo punto, le problematiche che interessano tutti noi cittadini e le imprese che operano nell’Unione non sono certo di poco conto: cercheremo di analizzarne solo alcune, per dare un’idea di quanto esse possano impattare il futuro di tutti, con un occhio particolare all’ambito assicurativo.


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COME CAMBIANO GLI SCAMBI DI PRODOTTI

Dal primo gennaio 2021 le imprese dell’UE che acquisiscono merci nel Regno Unito e le immettono sui loro mercati interni hanno assunto il ruolo di importatori: quelle che invece distribuiscono i loro prodotti nel Regno Unito hanno il ruolo di esportatori. 
Questo implica che tali imprese debbano ottemperare agli obblighi imposti agli importatori ed esportatori, sia in base alle norme Ue che a quelle del Regno Unito. 
L’accordo di cooperazione non prevede l’imposizione di dazi, imposte o altri oneri, ma tutti gli scambi commerciali sono ora assoggettati all’espletamento delle procedure doganali e a tutte le verifiche di conformità alla normativa o ai diversi standard tecnici e omologativi introdotti in Uk.
Non sono più valide per il mercato Ue le autorizzazioni alle immissioni in commercio rilasciate dalle autorità del Regno Unito. Non sono più conformi al diritto Ue la marcatura o l’etichettatura delle merci effettuate dagli organismi Uk e non possono essere vendute sul mercato dell’Unione merci certificate dagli organismi aventi sede nel Regno Unito.
Lo scorso settembre il governo del Regno Unito ha annunciato la creazione del marchio UKCA e, per consentire alle aziende di ottenere la conformità dei propri prodotti ai nuovi requisiti, la marcatura CE potrà essere utilizzata al massimo fino al primo gennaio 2022, a condizione che i requisiti per la legislazione dell’Ue e del Regno Unito continuino a essere gli stessi. 
Il governo del Regno Unito non riconoscerà più il marchio CE per l’accesso al mercato britannico: i prodotti che avranno sia il marchio CE che il marchio UKCA saranno accettati a condizione che siano conformi alle norme britanniche in materia. 
Se il prodotto è commercializzato solo in Gran Bretagna, lo stesso deve essere marcato UKCA ed è soggetto all’intervento obbligatorio di un organismo autorizzato UKCA. Per i contratti di fornitura, distribuzione e somministrazione di merci già in corso, è presumibile che le clausole contrattuali siano state concordate e redatte senza tenere in considerazione le verifiche e i controlli doganali ora necessari, la necessità di verifica degli standard qualitativi etc.
Si porrà dunque la necessità di adeguare i prezzi, tenendo conto dei nuovi e maggiori oneri derivanti per ciascun fornitore di prodotti venduti a un’impresa operante nel territorio dell’altra parte. Bisognerà poi tener conto degli eventuali ritardi causati dalle procedure doganali e dalla necessità di ottenere nuove certificazioni, etichettature etc. Il tutto tenendo in considerazione quale legge sia applicabile e quale sia il foro competente.
Senza parlare delle problematiche che stanno già affrontando tutti i produttori su entrambi i lati della Manica, non è difficile pensare alla confusione che interesserà, ad esempio, eventuali sinistri transfrontalieri, sul piano della responsabilità da prodotti difettosi.

IL TRADE COOPERATION AGREEMENT

Come si è accennato, il Tca (Trade cooperation agreement), ovvero l’accordo commerciale concluso tra l’Ue e il Regno Unito, comprende essenzialmente un accordo di libero scambio che copre una gran quantità di settori, tra cui: 
a) commercio di beni e servizi; 
b) commercio digitale;
c) proprietà intellettuale;
d) appalti pubblici;
e) trasporto aereo e stradale; 
f) energia;
g) pesca;
h) coordinamento della sicurezza sociale.
Il Tca si occupa anche dell’applicazione della legge e cooperazione giudiziaria in materia penale, ed è sostenuto da disposizioni che garantiscono parità di condizioni e rispetto dei diritti fondamentali di tutti i cittadini.
Esso contiene disposizioni rilevanti per i servizi e gli investimenti finanziari, come quelle relative ai sussidi per la ristrutturazione di banche, istituti di credito e compagnie di assicurazione, le disposizioni in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo e quelle su movimenti di capitali, pagamenti, trasferimenti e misure di salvaguardia temporanea.
Si tratta di regole volte a stabilire una cooperazione normativa strutturata sui servizi finanziari, con l’obiettivo di avviare una relazione duratura e stabile tra giurisdizioni autonome e con l’impegno di preservare la stabilità finanziaria, l’integrità del mercato e la protezione di investitori e consumatori. Entro il prossimo mese di marzo verrà concordato un memorandum d’intesa che istituirà il quadro per questa cooperazione, fatto sempre salvo il processo decisionale unilaterale e autonomo di ciascuna parte.
In pratica, un fornitore di servizi finanziari del Regno Unito o dell’Ue non gode più del diritto di creare stabilimenti o fornire servizi transfrontalieri nel territorio dell’altra Parte, sulla base di un’autorizzazione ottenuta in base alla propria legge. Gli investitori e le imprese di ciascuna parte potranno creare stabilimenti e fornire servizi nel territorio dell’altra, nel rispetto dei requisiti di autorizzazione locali. Il Tca prevede inoltre che, una volta autorizzati, tali società e investitori beneficeranno di un trattamento non meno favorevole di quello più favorevole accordato da ciascuna parte ai propri investitori e imprese.
Per quanto riguarda il diritto di entrare e soggiornare nel Regno Unito o nell’Ue per motivi di lavoro e il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, il Tca contiene disposizioni relative specifiche, che prevedono, ad esempio, un accordo speciale per i cittadini dell’Irlanda, in base alla cosiddetta Common travel area (Cta), esistente da prima che il Regno Unito aderisse all’Ue. Tra le altre cose, il Cta consente ai cittadini irlandesi e britannici di circolare liberamente e risiedere in entrambe le giurisdizioni e godere di tutti i diritti associati, come l’accesso al lavoro, all’assistenza sanitaria, all’istruzione, ai benefici sociali e il diritto di voto in determinate elezioni. 
Per quanto attiene alle qualifiche professionali, i rispettivi governi si impegnano nel memorandum d’intesa “a garantire che all’interno delle rispettive giurisdizioni continuino a sussistere misure globali per consentire il riconoscimento di tali qualifiche, coprendo tutte le professioni pertinenti, in conformità con le loro leggi nazionali”.


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COSA ACCADE IN AMBITO ASSICURATIVO

I paragrafi 6-9 dell’articolo 22 del decreto legge n.183 del 31 dicembre 2020 regolano l’attività in Italia in regime di libera prestazione di servizi e di stabilimento (FoS e FoE) delle imprese di assicurazione con sede legale nel Regno Unito, riprendendo le stesse disposizioni già previste dall’articolo 9 del decreto legge n. 22/2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2019 n. 41.
Tutte queste compagnie sono state cancellate dall’elenco Ivass delle imprese di assicurazione a partire dal primo gennaio 2021 e saranno autorizzate a svolgere la propria attività esclusivamente nei limiti della gestione dei contratti assicurativi già in corso al 31/12/2020, senza possibilità di stipulare nuovi contratti o di rinnovare quelli esistenti.
Sarà l’Ivass a concedere il permesso per l’eventuale temporanea prosecuzione dell’attività svolta.
Le compagnie assicurative del Regno Unito devono informare gli assicurati del regime operativo loro applicabile in relazione alla gestione dei contratti in corso, anche mediante comunicazione sul proprio sito istituzionale, entro il 15 gennaio 2021. Entro il 31 marzo 2021 esse dovranno presentare all’Ivass un piano contenente le misure adottate per eseguire correttamente i contratti assicurativi in ​​vigore al 31 dicembre 2020, compreso il pagamento dei sinistri, e a fornire una relazione annuale sullo stato di avanzamento dell’attuazione del piano.
Durante il periodo di continuazione temporanea dell’attività, le compagnie assicurative del Regno Unito restano soggette al disposto del Codice delle assicurazioni italiano, in particolare per quanto attiene all’autorità di vigilanza dell’Ivass e a ogni altra disposizione in materia assicurativa, comprese le disposizioni del Titolo XVIII riguardo alle ammende. 
In caso di bisogno, è comunque previsto che l’Ivass scambi informazioni con le autorità competenti di Stati non appartenenti all’Unione Europea e dunque anche con il Regno Unito.
Gli assicurati possono recedere dai contratti assicurativi di durata superiore a un anno senza alcun addebito, previa una semplice notifica scritta all’assicuratore. Il recesso avrà effetto alla scadenza della prima annualità successiva alla data di esercizio del recesso. Le clausole di tacito rinnovo non saranno più applicabili.

DISPOSIZIONI RELATIVE AL TRASFERIMENTO DEI DATI

Una questione particolare riguarda le problematiche legate al Gdpr, ovvero al trasferimento e trattamento dei dati personali tra le Parti.
Il Tca contiene disposizioni provvisorie a tale riguardo, in base alle quali l’Ue ha acconsentito alla continuazione dei flussi di dati fino alla fine del prossimo giugno, in attesa di prendere una decisione formale di adeguatezza sul regime legislativo adottato dal Regno Unito. Allo stesso modo, Gran Bretagna ha deciso di disporre su base transitoria di un quadro per la protezione dei dati personali che vengono trasferiti al suo esterno. La possibilità di continuare a trasferire i dati da una parte all’altra si applicherà anche agli enti pubblici e alle forze dell’ordine.
Il trasferimento dei dati sarà regolato da decisioni di adeguatezza prese unilateralmente da ciascun Paese. Per gestire il lasso di tempo previsto prima dell’adozione delle decisioni di adeguatezza, il Tca ha previsto una bridging clause (o clausola ponte), che consente il libero flusso di dati personali dalla Ue a Uk, fino all’entrata in vigore di queste e per un periodo massimo di sei mesi.
I Titolari e i Responsabili del trattamento europei che ne abbiano bisogno, potranno dunque trasferire dati in Uk, purché rispettino la normativa del Regno Unito in materia di protezione dei dati al 31 dicembre 2020 e sempreché il Regno Unito non decida di esercitare il potere di adottare le disposizioni regolamentari di cui al Data Protection Act 2018, che, ricordiamo, non è allineato al disposto del Gdpr, e consentirebbe a Uk di:
a) emettere un nuovo documento che specifichi nuove clausole di protezione dei dati;
b) approvare un nuovo progetto di codice di condotta che possa essere invocato per fornire garanzie adeguate, per trasferire dati personali a un Paese terzo;
c) approvare nuovi meccanismi di certificazione e nuove norme vincolanti d’impresa;
d) autorizzare nuove clausole contrattuali standard e nuovi accordi amministrativi da parte dell’Autorità garante britannica per la protezione dei dati (l’Information commissioner’s office).
Ove Uk esercitasse tali poteri, la Ue non avrebbe facoltà di bloccarla, ma in caso di sua opposizione l’efficacia della clausola ponte cesserebbe.
In pratica, la clausola ponte manterrà la situazione di libero trasferimento dei dati verso la Gran Bretagna sostanzialmente inalterata, in attesa del riconoscimento del Regno Unito come paese adeguato sotto il profilo della privacy, da parte della Commissione Europea.
La Commissione sta già lavorando alle decisioni di adeguatezza già dallo scorso marzo, ma per procedere alla loro adozione formale sarà necessario il parere dell’European data protection board (Edpb) e il via libera degli Stati Membri.
Nell’ipotesi in cui entro i sei mesi previsti (cioè entro il 30 giugno 2021) la decisione di adeguatezza non dovesse essere adottata, il trasferimento dei dati in UK verrebbe gestito alla stregua di quanto avviene per tutti gli altri Stati per i quali una adequacy decision manca.
Si dovrà quindi ricorrere alle clausole contrattuali standard o alle norme vincolanti di impresa e assicurarsi che venga sempre richiesto il consenso dell’interessato. 
Ciò risulterà più complesso da gestire e difficoltoso da ottenere, poiché è verosimile che lo stesso non acconsenta al trasferimento dei suoi dati in un Paese ritenuto non adeguato sotto il profilo della privacy. 
Le disposizioni provvisorie stabilite nell’accordo, non esonerano comunque le imprese dall’obbligo di nominare un rappresentante autorizzato, laddove esse forniscano servizi o debbano monitorare il comportamento di individui, che si tratti dell’Ue o nel Regno Unito.

GOVERNANCE: QUALE DIRITTO È APPLICABILE

Nella maggior parte delle grandi controversie commerciali, il diritto applicabile è scelto liberamente dalle parti mediante una clausola contrattuale definita governing law
Il riconoscimento delle clausole di Governing Law non sarà influenzato dalla Brexit e i tribunali dell’Ue continueranno a riconoscere i contratti disciplinati dalla Common law, in base ai regolamenti Roma I e Roma II, che obbligano i tribunali dell’Ue (fatta solo eccezione per quelli della Danimarca) a riconoscere le clausole del diritto applicabile, indipendentemente dal fatto che la scelta provenga da uno Stato membro dell’Ue o da uno esterno all’Unione.
Dal canto loro, i tribunali britannici continueranno a riconoscere anche i contratti disciplinati dal diritto dei paesi appartenenti all’Ue.
Per quanto attiene alla giurisdizione, la stessa determina quale tribunale potrà decidere su una controversia. I tribunali dell’Ue continueranno a riconoscere i contratti che includono una clausola di competenza esclusiva dei tribunali del Regno Unito, ma è possibile che cessino di riconoscere le scelte di non-exclusive jurisdiction spesso imposte dai tribunali britannici, quando uno o più convenuti siano domiciliati nell’Ue.
Al contrario, i tribunali del Regno Unito continueranno a riconoscere le clausole di competenza esclusiva dei tribunali dell’Ue, aderendo alla Convenzione dell’Aia.
Tutto questo potrebbe causare problemi di giurisdizione ai soggetti Ue, in tutti i casi in cui la clausola contrattuale di giurisdizione non sia espressa come exclusive jurisdiction. Bisognerà quindi controllare come funzionano i contratti in corso sotto questo aspetto.
Infine, per quanto riguarda le clausole di arbitrato, che certamente possono interessare i contratti assicurativi, c’è da tener conto che la Brexit non pregiudica il riconoscimento e l’esecuzione delle convenzioni e dei lodi arbitrali, dal momento che questo aspetto è disciplinato dalla Convenzione di New York, alla quale aderiscono sia l’Ue che il Regno Unito. 

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