ASSICURAZIONI PROTAGONISTE DI UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO

Nell’Italia divorata dall’incertezza va delineato un rinnovato piano di crescita, in cui il comparto assicurativo può e deve giocare un ruolo di primo piano: nel welfare come negli investimenti in economia reale. Per farlo, le compagnie devono ricorrere a una comunicazione efficace che superi i pregiudizi. A ribadirlo è Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis

ASSICURAZIONI PROTAGONISTE DI UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO
👤Autore: Laura Servidio Review numero: 71 Pagina: 30
L’incertezza sul futuro è lo stato dominante in Italia. Ne è affetto il 69% dei cittadini, mentre il 17% si dichiara pessimista e solo il 14% è ottimista. In questo scenario, è cruciale il ruolo del comparto assicurativo che, in questo 2020, dovrà contribuire a dare risposte concrete a problemi che oggi lo Stato può fronteggiare solo in sinergia con il privato.
È questo il quadro che emerge dal 53° rapporto Censis sulla situazione sociale italiana. Il sistema di welfare pubblico non è più in grado di soddisfare, da solo, i bisogni di sanità, assistenza e previdenza: “basti pensare – spiega il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii – ai 40 miliardi di euro che le famiglie spendono di tasca propria per la salute, ma anche all’allungamento dell’età di pensionamento e allo tsunami demografico che registra il più basso numero di nascite della nostra storia”. 
L’altro aspetto che preoccupa è la rottura dell’ascensore sociale che ha portato alla fine del patto intergenerazionale, “quella tacita promessa che le nuove generazioni avrebbero goduto di un benessere migliore di quello dei loro genitori, e che oggi è andata in pezzi”.
A questo si unisce la rinuncia degli italiani ai due perni del tradizionale modello di sicurezza familiare: il mattone e i Bot che oggi non offrono più le rivalutazioni e i rendimenti di un tempo. 
In definitiva, “avendo perso le certezze del passato e non intravedendo gli elementi di un nuovo modello, si genera insicurezza”. E “in un Paese divorato dall’incertezza, cosa può esserci di meglio delle assicurazioni?, si domanda Valerii. 



DA RITARDO A OPPORTUNITÀ

Eppure, l’Italia sconta ancora un gap sottoassicurativo, qualificandosi tra i Paesi europei in cui i soggetti di intermediazione svolgono un ruolo minore. “Un ritardo che può diventare, al tempo stesso, una grande opportunità”, secondo il direttore generale. Ad esempio in sanità dove già oggi esiste un’enorme spesa privata che potrebbe essere efficientata e offerta a una platea più vasta se intermediata da un soggetto privato. 
Stesso dicasi per l’assistenza. Oggi i non autosufficienti sono 3,5 milioni (+25% dal 2008) e le famiglie sono costrette a ricorrere a soluzioni fai da te attraverso “personale spesso non preparato, reperito in modo informale e da retribuire di tasca propria”. 
Analogamente, sul fronte pensionistico occorre un sistema multipilastro visto che il 53,6% delle pensioni erogate è inferiore a 750 euro mensili; nonostante ciò, a fine 2018, gli iscritti alla previdenza complementare erano il 34,3% degli occupati (il 27,5% tra i lavoratori millennial) e solo il 23,3% degli italiani dichiara di conoscerla bene.


SUPERARE IL PREGIUDIZIO IDEOLOGICO

La causa di questo ritardo è “un pregiudizio ideologico in base al quale il ricorso al privato minaccia l’universalismo del sistema pubblico”. La realtà però è che “già oggi il welfare statale non è universale e favorisce le disuguaglianze, ad esempio tra i sistemi sanitari regionali che hanno una qualità molto diversa fra loro”. 
Per superare questo pregiudizio si è innescato il welfare aziendale, che si sta sviluppando soprattutto grazie agli incentivi fiscali, e che vede nelle grandi aziende un’offerta ampia di servizi di socialità. Qui è prevalsa la consapevolezza che il welfare aziendale “non è né elargizione padronale né il cavallo di troia per rompere l’universalismo del welfare pubblico: semplicemente vanno riorganizzati, a livello aziendale, i servizi che il sistema pubblico non offre più”. Quello che serve ora è estendere questa socialità anche alle piccole imprese e ai lavoratori atipici, “agendo su base territoriale e di filiera”. 



UNA CAMPAGNA PER PRENDERE CONSAPEVOLEZZA

Il successo del welfare aziendale dimostra che il “pregiudizio ideologico si può vincere e si sta superando”. Qui un suggerimento per le assicurazioni potrebbe essere quello di “realizzare, in occasione del periodo di dichiarazione dei redditi, una campagna di comunicazione per informare gli italiani su quanti soldi spendono per la sanità e su quanto potrebbero risparmiare se la spesa fosse gestita in modo più efficiente. Si tratta di far prendere consapevolezza di ciò che già è così”. 
Le assicurazioni, ammette Valerii, hanno un “fardello di social reputation” che li identifica come soggetti che speculano e fanno utili, ma “questo è un limite che le compagnie possono superare utilizzando una comunicazione che abbia due requisiti: deve essere fondata sull’oggettività dei dati, ma non in termini allarmistici, e deve essere più calda”, per far intravedere che “dietro al valore economico delle assicurazioni c’è un valore sociale”. 
Nella nostra società, conclude Valerii, “l’incertezza non potrà durare a lungo e dovremo disegnare, in tempi rapidi, un nuovo modello di sviluppo in cui le assicurazioni avranno un ruolo predominante. Perchè potranno farsi carico di tutti i bisogni di quella parte alta della piramide italiana, che oggi è completamente rovesciata”.

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