REGOLAMENTAZIONE, QUANTO MI COSTI?

Crescita della complessità normativa, parziale applicazione del principio di proporzionalità, scarsa trasparenza nei criteri sanzionatori. Le compagnie italiane, secondo una ricerca Ania-AmCham, risultano appesantite da oneri e spese eccessive

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👤Autore: Laura Servidio Review numero: 17 Pagina: 52 - 53
L’operatività delle imprese è rallentata da eccessivi vincoli e adempimenti che incidono sui costi di gestione. 
Questa la principale evidenza che emerge da un’indagine Ania-American chamber of commerce in Italia, dal titolo La regolamentazione nel settore assicurativo: analisi costi e benefici, condotta su 59 imprese assicuratrici e riassicuratrici iscritte all’Ania (il 25% in termini di numerosità rispetto al totale delle imprese operanti in Italia). 

“Il 94% delle imprese partecipanti alla ricerca (l’82% in termini di quota di mercato) – spiega Sergio Desantis, responsabile attuariato, statistiche e analisi banche dati di Ania – giudica notevole o elevato il carico regolamentare e il 66% (il 40% in termini di quota di mercato) lo ritiene estremamente superiore rispetto al passato”. 

Un dato cruciale dell’indagine riguarda l’applicazione del principio di proporzionalità dell’onere regolamentare, solo parzialmente realizzato: “oltre il 70% del campione (il 50% in termini di quota di mercato) ritiene che il principio di proporzionalità non sia declinato nella regolamentazione; inoltre, circa l’80% considera il tempo investito per la compliance uno sforzo non banale, l’84% ritiene che l’adeguamento alle normative, in termini di risorse umane coinvolte, incida in modo rilevante sull’operatività, il 70% percepisce in modo negativo l’agenda di regolamentazione e i provvedimenti fiscali sono giudicati impropri dall’85% del campione.

Per dare respiro alle imprese e agevolare l’entrata in vigore di Solvency II, l’Ania chiede una moratoria di tre anni sull’emanazione di nuove norme diverse da quelle connesse alla direttiva europea, prevedendo “solo normative di riconosciuta emergenza”.




SANZIONI POCO CHIARE

Altro tema di rilievo dell’indagine, le procedure sanzionatorie: “in una scala da uno (non sono trasparenti) a cinque (sono trasparenti), nessuna delle imprese rispondenti reputa chiare e trasparenti le regole di determinazione del quantum delle sanzioni da parte dell’Autorità di Vigilanza, mentre l’introduzione di una sanzione autonoma che contempli l’ipotesi di più fattispecie sanzionabili reiterate e ricorrenti è giudicata più o meno necessaria da oltre l’85% delle compagnie (69% in termini di quota di mercato)”.
L’area maggiormente interessata dall’Autorità di Vigilanza è quella della produzione, la meno sanzionata, l’area di bilancio. “La complessità del sistema regolamentare è particolarmente avvertita dalle piccole e medie imprese, che – sottolinea Desantis – sono indispensabili per l’innovazione e per un’offerta diversificata sul mercato assicurativo, ma che la regolamentazione rischia di eliminare”.


GOVERNANCE E INTERMEDIAZIONE

Andando nello specifico, sul Regolamento 20, che riguarda la governance, il 27% ritiene che l’onere sia alto, ma il 60% pensa che abbia prodotto benefici importanti anche se, in termini di investimenti, metà del campione ritiene che vi sia stato un impatto non banale riferito alle spese informatiche. “Il Regolamento, però – avverte Alberto Corinti, consigliere Ivass – deve essere visto, non come un costo, ma come un investimento, che darà ritorni in termini di trasparenza e governance”.
Il 66% delle compagnie giudica efficiente il Regolamento 5, riferito all’intermediazione assicurativa, ma oltre un quarto del campione ritiene che, rispetto al raggiungimento della tutela del consumatore, il beneficio sia assente o poco rilevante.


IL CONFRONTO CON L'EUROPA

Parallelamente alla ricerca Ania-AmCham, è stata condotta un’indagine comparativa con alcuni Paesi europei sull’approccio delle Autorità di Vigilanza nell’emanazione della regolamentazione, da cui emerge una situazione non uniforme, già sul fronte dei Regulator, dove si riscontra una disomogeneità di funzioni e poteri: “l’Autorità francese, Acpr (Autorité de contrôle prudentiel et de résolution) – conferma Desantis – non ha poteri per emanare regolamenti, come accade per l’Ivass, bensì vigila affinché la normativa di settore sia applicata, attraverso linee guida o best practice a tutela del consumatore, impartendo istruzioni per definire atti e informazioni che le compagnie devono trasmettere, pena una procedura sanzionatoria. Altra difformità, in tema di adozione di sanzioni, in Gran Bretagna, l’Autorità di Controllo (Fca), prima di avviare un procedimento pubblica una warning notice per condividere con le imprese la natura della propria preoccupazione e prevenire comportamenti che possano originare procedure sanzionatorie”.
Sempre sul fronte inglese emerge un dato interessante da un’indagine su Solvency II: “i tre quarti delle imprese ritengono che la nuova direttiva stia distogliendo l’attenzione del management dal core business e – conclude Desantis – solo il 6% ritiene che il costo di Solvency II sia ragionevole”. 

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