LA SFIDA DELLA GENDER DIVERSITY

Ecco come, puntando sulla mescolanza di genere, ma anche di culture e metodi di lavoro, le aziende possono crescere scoprendo che il successo passa anche dal cambiamento dei modelli di leadership. L’imperativo è quindi, finalmente, colmare il gap culturale: oltre percentuali, statistiche, quote rosA e buone intenzioni

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👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 5 Pagina: 26 - 27
Immaginiamo una specie di imbuto a cerchi concentrici. Nella parte più larga entrano tutti i dipendenti delle assicurazioni in Italia: il 47% di questi è donna. Subito l’imbuto si restringe e i quadri femminili sono al 36%. Sempre più stretta la strada dei dirigenti, di questi il 26% è donna. Femminile il 22% dei primi riporti al ceo. Alla fine dell’imbuto lo spazio per le donne è a dir poco misero: solo il 6% dei ceo non è un uomo. 

Questo dato, così visuale, è solo uno dei principali rilevamenti tratti dalla ricerca che McKinsey ha realizzato per Valore D, l’associazione che riunisce oltre 80 grandi imprese per la valorizzazione dei talenti femminili e per promuovere la parità di genere. Insieme al gruppo Axa e a Capgemini, l’associazione ha organizzato un forum a Milano proprio su questo tema, dal titolo Il settore assicurativo di fronte alle sfide di genere. Nonostante la situazione, come si vede, non sia entusiasmante, dallo studio è emerso come da qualche anno, la sensibilità rispetto alla gender diversity, sia molto cresciuta. Qualche numero per capire meglio: le aziende che hanno applicato politiche di gender diversity mostrano migliori performance (un Roe più alto del 10%), miglior benessere organizzativo, diversi stili di leadership, maggior capacità di intercettare e orientare il consumatore e più spiccata innovazione. McKinsey ha sintetizzato in un toolkit, Mapping gender diversity, un riferimento di pratiche virtuose per le aziende che vogliono allinearsi ai campioni di parità di genere. Tra le 40 aziende coinvolte nel panel, ci sono otto assicurazioni.


COMPAGNIE CHE GIRANO A VUOTO

Anche nelle assicurazioni, le iniziative a sostegno della gender diversity sono presenti, ma sono poche quelle realmente implementate. Il 90% delle compagnie che hanno risposto al sondaggio ha in atto, al momento, qualche iniziativa di questo tipo. Ma se mettiamo a confronto il valore di queste azioni con la media degli altri settori si possono notare, in qualche caso, differenze profonde. Solo il 7% delle compagnie, contro la media del 23%, ha programmi coerenti di sviluppo per talenti femminili; simili le percentuali sull’attuazione di processi e politiche di human resources, 40% contro il 42%; infine solo l’8% delle assicurazioni attua servizi di supporto work-life balance, mentre la media tocca il 17%.
Eppure in questi anni si sono fatti molti passi in avanti. Per esempio, nelle compagnie è alta (60%) la percentuale di diffusione di network femminili interni; la politica delle quote rosa è prassi consolidata (oltre che legge); al 78% è la penetrazione tra le imprese di politiche di flessibilità di orari e logistica, che si sommano ai servizi per la cura dei figli. Tuttavia si ha la sensazione, confermata da McKinsey, che si stia girando un po’ a vuoto. Le compagnie non attuano in realtà le best practice più innovative sulla gender diversity: da programmi di sensibilizzazione indirizzati agli uomini a quelli di mentoring & coaching esterno, passando per il monitoraggio della soddisfazione per genere con follow up costanti e supporti alla mobilità internazionale, come il job search per il partner.



VERSO LA GENDER NEUTRAL

A questo si somma un’ampia dispersione di energie sulle azioni di sostegno alla diversità in azienda. Prendendo in considerazione il campione, la società di ricerca ha stabilito che solo il 20% delle iniziative in tal senso è pienamente attuato e comunicato, il 34% solo parzialmente, mentre il restante 46%, che abbiamo appena citato, non è proprio preso in considerazione. Cosa fare, quindi, per migliorare questi valori? Basta guardarsi intorno: i bisogni di chiunque stanno mutando, e così, ovviamente, anche quelli femminili. Ecco perché i miglioramenti più significativi, utili ad aumentare la presenza femminile ai vertici delle assicurazioni, riguardano un ripensamento del work-life balance, non solo per le donne con figli, ma per tutti. La richiesta è semplice: non avere niente di diverso rispetto ai colleghi uomini. Quella cosa che gli anglosassoni chiamano gender neutral: non agevolazioni, ma reali pari opportunità nell’ottica, però, di un ripensamento dei modelli di leadership che premino merito, talento, e non solo la presenza fisica in ufficio. Il 50% dei ceo del mondo assicurativo si impegna formalmente ad attuare azioni in questa direzione: le aspettiamo.


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