FARE BUSINESS CON IL WELFARE

E' possibile coniugare investimenti profittevoli e attenzione per il sociale? Secondo Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali le casse professionali e le compagnie di assicurazioni potrebbero cogliere ritorni interessanti da asset alternativi, come le residenze per l'assistenza agli anziani

FARE BUSINESS CON IL WELFARE
In un Paese con un tasso d’invecchiamento crescente, la tematica del supporto all’età anziana è ancora affrontata con superficialità. Spesso, quando si parla di previdenza e assistenza per la terza età, si guarda al futuro, ovvero ai giovani che oggi rischiano di non poter godere di una pensione adeguata. C’è invece un’esigenza diffusa, sempre più sentita, e che va affrontata già oggi con maggior pragmatismo. 
Con questo spirito, due importanti centri studi di settore, Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali, hanno redatto un quaderno il cui obiettivo è stato riflettere sulla possibilità di coniugare business ed esigenze sociali, a partire da chi oggi appartiene alla coorte, sempre più nutrita, della terza età. Una delle idee forti alla base dello studio, ha spiegato Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, a Insurance Review, è che “l’investimento in Rsa (residenze sanitarie assistenziali) possa essere una forma di investimento adatta a casse professionali e fondi di previdenza ma anche a compagnie che cercano un’alternativa interessante”. 

Il quaderno è stato redatto nell’ambito di una serie d’incontri dal titolo Welfare e investimenti a 360 gradi. “Ci siamo resi conto – ha detto Edoardo Zaccardi, ricercatore di Itinerari Previdenziali, intervistato da Maria Rosa Alaggio, direttore di Insurance Review – che c’è un’esigenza di trovare sempre più anelli di congiunzione tra business e welfare, soprattutto in questo contesto di bassi rendimenti e crescita globale in affanno. Esistono, concretamente, strumenti per garantire ritorni appetibili ai player di mercato e rispondere a esigenze sociali nate dalla crisi del modello di welfare pubblico e familiare italiano”. 

AVANZANO I GRANDI ANZIANI

L’Italia deve prendere atto che la propria popolazione è già oggi anziana e lo sarà sempre di più nei prossimi anni. Nel 2011 gli over 85, o Grandi Anziani, rappresentavano il 2,3% del popolo del Belpaese; nel 2034 queste persone supereranno il 5% e nel 2040 il 6%. Sappiamo bene come molto spesso l’invecchiamento si accompagni a solitudine e non autosufficienza: “inquadrando il fenomeno – ha continuato Zaccardi – non dobbiamo fermarci a considerare, come si faceva una volta, solo gli over 65, ma quella grossa fetta della popolazione (i Grandi Anziani, ndr) che vive sempre più a lungo seppur in precarie condizioni sociali e sanitarie”. Un altro dato indicativo riguarda il sud Italia: nella zona del Paese da Roma in giù, la quota di ultra 85enni raddoppierà nel 2040, a fronte di una scarsità di strutture adatte ad accoglierli. Oggi tre quarti dei posti letto nelle Rsa si trova al Nord. 


RITORNI FINO AL 6%

Gli investimenti in residenze per anziani risponderebbero anche a esigenze di sicurezza. Sono note le difficoltà degli operatori nel trovare extra rendimento dopo che gli impieghi tradizionali hanno lasciato per strada molta della loro classica attrattività. “In quest’ambito – ha ribadito il presidente di Assoprevidenza – si collocano gli investimenti nelle Rsa che possono dare ritorni intorno al 6%. La realizzazione di residenze per anziani – ha spiegato Corbello – porta un risultato reddituale che può essere incanalato verso gli investitori istituzionali, come le casse professionali ma anche le compagnie di assicurazioni”. 
Tante le modalità: una di queste, per esempio, possono essere dei convenzionamenti con gli enti, ottimizzando così la certezza delle entrate. Il fatto che casse ed enti investano in questo settore ed eroghino servizi in forma specifica, ha sottolineato Zaccardi, “rappresenta quell’anello di congiunzione tra Stato, che non è più in grado di sostenere il fabbisogno di welfare, e mercato puro, il quale, altrimenti, resterebbe precluso a chi non può permettersi di sostenere il costo delle prestazioni. Il Tesoro, infine, si garantirebbe risparmi considerevoli proprio grazie a questo meccanismo di sostituzione e condivisione di vantaggi pratici”.

LA LTC È L’RC AUTO DELLA PROPRIA VECCHIAIA

Alla luce di quello che si è detto, una delle issue centrali della società dei prossimi anni sarà la non autosufficienza di una larga parte della popolazione. Su questo tema, Assoprevidenza ha da tempo una posizione chiara: esiste una polizza assicurativa, la long term care, che aiuterebbe Stato e famiglie a far fronte a questo problema. “Esattamente come l’Rc auto – ha sottolineato Corbello –, la polizza Ltc risponde a un bisogno di sicurezza sociale, soprattutto quando il trattamento di previdenza pubblica diventa insufficiente. L’invecchiamento sano fa sì che le esigenze dell’anziano non siano così dissimili da quelle delle altre coorti: tuttavia è necessario aggiungere eventuali necessità di cure e sostegno a lungo termine. La previdenza complementare non è ancora così diffusa e quindi la Ltc obbligatoria diventerebbe uno strumento di supporto indispensabile”. Assoprevidenza punta sulla mutualità, concetto, però, che negli ultimi anni sta svanendo anche dall’orizzonte assicurativo. D’altra parte, se la Ltc fosse obbligatoria potrebbe offrire a premi molto bassi anche una serie di servizi aggiuntivi alla rendita di carattere assicurativo. “L’offerta integrata di prestazioni supplementari – ha concluso Corbello – amplierebbe anche la platea degli occupati, rispondendo alle esigenze più specifiche dell’anziano; inoltre si aprirebbe la strada a una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, puntando sulla qualità dei servizi, sul controllo e sulla distribuzione sul territorio”.  
La polizza long term care obbligatoria non sarebbe neanche un inedito: già esistono alcuni comparti contrattuali che la prevendono, ed esperienze da cui trarre le buone pratiche.


I COSTI DI UNA CAMERA

La sostenibilità del sistema attuale di assistenza agli anziani è più incerta che mai, anche perché il pilastro del welfare familiare è messo a dura prova da passaggi generazionali spesso traumatici. “Nell’ambito della ricerca – ha spiegato Edoardo Zaccardi, ricercatore di Itinerari Previdenziali –, abbiamo notato che, nonostante la crescita della quota di anziani, il numero degli ospitati dalle Rsa è diminuito. A fronte di un fabbisogno più evidente, si tende a tenere in casa l’anziano, con tutte le problematiche che questo comporta”. Secondo i dati del centro studi, dal 2009 al 2013 gli anziani non autosufficienti ospitati nelle Rsa sono passati dal 12,8% al 10,8%: ciò significa che, paradossalmente, si è contratta la domanda anche laddove le necessità sono maggiori. Guardando ai numeri sulle pensioni, si trovano alcune spiegazioni: “13,5 milioni di pensionati su 16,3 – ha continuato Zaccardi – percepiscono una rendita che arriva a 2000 euro netti al mese. Tra questi, però, sette milioni ricevono soli 1000 euro lordi. Considerando che una retta mensile in Rsa, in media, è di 106 euro al giorno, di cui 50 euro circa è a carico del Sistema sanitario nazionale, si raggiunge tranquillamente un esborso di 1500 euro al mese. È evidente – ha chiosato – l’ampiezza del gap da colmare”. 





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