LA TECNOLOGIA CHE PREVIENE IL RISCHIO

Non solo indennizzatori di sinistri, ma anche risk manager degli assicurati. La telematica è da tempo una straordinaria leva di trasformazione dell'offerta, ma è con l'internet of things che si potrà cambiare ancora più in profondità il rapporto tra compagnia e cliente, grazie alla possibilità di fare analisi predittive

LA TECNOLOGIA CHE PREVIENE IL RISCHIO
In molti ne sono affascinati, e qualcuno ne è spaventato. Ma è piuttosto evidente che la trasformazione digitale sia il marchio distintivo di una svolta epocale nel mercato assicurativo. L’impiego delle nuove tecnologie sta garantendo alle compagnie un miglioramento dell’efficienza dei processi e una maggiore facilità di approcciare la multicanalità senza dover ricorrere necessariamente al canale diretto. E se la telematica rappresenta, da tempo, una straordinaria leva di trasformazione dell’offerta, è con l’internet of things che si potrà cambiare ancora più in profondità il rapporto tra assicuratore e cliente.
 

DA INDENNIZZATORI A RISK MANAGER

“Fino a ora la trasformazione digitale ha rappresentato più un elemento interno alle compagnie che esterno”, ha osservato il direttore generale di Groupama Assicurazioni, Yuri Narozniak, intervenendo nel corso del 19° Annual Assicurazioni del Sole 24 Ore. Secondo Narozniak, è essenziale sottolineare due grandi opportunità generate dalla digitalizzazione: il miglioramento dell’esperienza del cliente e la qualità dell’offerta da parte delle compagnie. Su molti aspetti il mercato italiano è all’avanguardia rispetto al resto del mondo, in particolare nella telematica. Ma, come accennato, è soprattutto con l’Internet of things che sta cambiando il rapporto tra l’assicuratore e l’assicurato, “perché gli oggetti connessi consentono di poter fare prevenzione dei rischi e analisi predittive”. Secondo Narozniak l’esperienza del cliente non riguarda solo la liquidazione: “oltre che indennizzatori di sinistri – ha affermato – dobbiamo essere anche risk manager dei nostri clienti”. Fabio Carniol, amministratore delegato di Helvetia Vita e Chiara Assicurazioni ha messo fortemente l’accento sul servizio al cliente. Carniol ha citato i dati dell’ultimo Osservatorio del Politecnico di Milano secondo cui in Italia il mercato della smart home vale attualmente 185 milioni di euro, ma solo il 5% è legato alle assicurazioni. Sono 124 le start up avviate nel 2016 legate all’ecosistema casa. Il 26% dei clienti ha nella propria abitazione almeno un oggetto intelligente. E il 79% del campione d’indagine ha dichiarato di essere interessato ad avere a disposizione più oggetti connessi. “Questi – ha sottolineato Carniol – dati dimostrano che c’è interesse verso questi temi. L’offerta casa è un formidabile veicolo di sviluppo. Se i nostri canali distributivi sapranno diventare i risk manager dei clienti, individuando i loro reali bisogni, riusciremo ad aumentare la value proposition”.





UN INVESTIMENTO CHE GENERA VALORE

Ogni trasformazione, ovviamente, ha bisogno di essere supportata da investimenti. Tradotto in termini tecnologici, significa acquistare start up innovative o stringere delle partnership. È la strada scelta dal gruppo Helvetia che ha costituito un fondo di 55 milioni di franchi svizzeri per individuare le migliori realtà insurtech. Tra le iniziative realizzate dal gruppo svizzero, l’aver fatto da apripista su una nuova frontiera, la chatbot, come ha ricordato Carniol: “siamo stati il primo assicuratore europeo a permettere di sottoscrivere prodotti attraverso questo sistema: lo sviluppo di questo mercato ha grandi potenzialità”. 
Ma andare alla ricerca di start up innovative non è necessariamente una strada obbligata. Almeno, non per Groupama Assicurazioni, che ha scelto di investire innanzitutto al proprio interno “cercato di ottimizzare i sistemi esistenti e lavorando sull’efficientamento della rete”, ha detto Narozniak, aggiungendo che la digitalizzazione dei sistemi di distribuzione della compagnia ha garantito un significativo impatto in termini di produttività ed efficienza: il numero di affari gestiti è incrementato del 10-12%. Secondo il dg della compagnia, “le start up sono già all’interno delle nostre aziende. Dobbiamo riuscire potenziarle, piuttosto che spendere centinaia di milioni di euro per acquistare insurtech in California o in Israele”. Di diverso avviso Alberto Minali, amministratore delegato di Cattolica Assicurazioni, secondo cui “è giusto riuscire a sfruttare tutte le competenze presenti al nostro interno, ma non è sufficiente. Pertanto è necessario guardare fuori da noi, facendo attenzione a individuare le realtà davvero innovative”. In questo momento Cattolica sta costruendo i Kpi per valutare l’impatto del digitale”. Questo sarà uno dei pilastri del nuovo piano industriale del gruppo veronese, in cui il digital “porterà a un recupero di efficienza più che contenimento del costi operativi”.


L’IRRUZIONE DEI GIGANTI DELL’HI-TECH

In termini di competitività gli assicuratori potrebbero dover fare i conti anche con i grandi player digitali non tradizionali. Come Google e Amazon, che hanno già fatto irruzione nel settore assicurativo. “La sfida – ha evidenziato il dg di Groupama Assicurazioni – si vince se si utilizza la trasformazione digitale come fattore abilitante”. Minali, invece, ha sottolineato di non essere preoccupato dalla concorrenza dei colossi dell’hi-tech. “Operare in un mercato come quello assicurativo per questi player potrebbe non essere così facile”. Vendere i prodotti in base alla profilazione dei clienti non basta. “Esiste tutta la sfera di gestione del sinistro dove chi non ha esperienza non può riuscire a competere. Io sono convinto del fatto che la forza di Cattolica consista nella sua rete liquidativa. Quindi – ha sottolineato – le polizze come Amazon Protector non mi spaventano. La vendita della polizza è solo uno dei tanti punti della catena del valore che ha molti altri aspetti importanti.

 
NUOVE FIGURE PROFESSIONALI

Accanto alle opportunità, la trasformazione digitale presenta anche una certa dose di preoccupazione. A cominciare da quella relativa all’automatizzazione di alcune mansioni, che minaccia di far scomparire molte professionalità. Secondo Minali, “in alcuni casi ciò avverrà, ma è altrettanto vero che la digitalizzazione offrirà l’opportunità di creare nuove professionalità. Avremo sempre più bisogno persone in grado di interagire con il cliente sui canali virtuali: i comunicatori digitali, figure non ancora presenti all’interno delle aziende”. Tuttavia, secondo Carniol, si può già partire guardando al proprio interno: “dobbiamo riuscire dare voce alle persone in azienda attraverso iniziative che permettano di valorizzare le loro idee. La sensibilità di alcune fasce giovani di popolazione aziendale possono essere un grande stimolo”. 

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