OCCHI PUNTATI SULLA REVISIONE DI SOLVENCY II

Le compagnie italiane e l’Ivass si scagliano contro il volatility adjustment, risultato inefficace. L’Eiopa reclama a sé più poteri per monitorare le attività cross-border. Se alcune cose hanno funzionato, molte altre vanno riviste al più presto. La terza conferenza annuale dell’Ivass è stata l’occasione per fare il punto sul percorso di rinnovamento del regime prudenziale europeo

OCCHI PUNTATI SULLA REVISIONE DI SOLVENCY II
Gli occhi degli assicuratori europei sono puntati su Solvency II. La normativa, a meno di due anni dalla sua entrata in vigore, è già sottoposta a un processo di revisione. Un percorso marcato da due passaggi, nel 2019 e 2020, che dovrebbe concludersi nel 2021. La terza conferenza annuale organizzata dall’Ivass su Solvency II, che si è svolta lo scorso 1° ottobre a Roma, è stata l’occasione per fare il punto sul regime prudenziale, nel corso di un evento di respiro internazionale che ha visto la partecipazione di un prestigioso panel: erano presenti tra gli altri, Gabriel Bernardino, presidente dell’Eiopa, e Nathalie Berger, head of insurance and pension unit presso la Commissione Europea.

VOLATILITY ADJUSTMENT SOTTO ACCUSA

Solvency II funziona, ma potrebbe funzionare meglio. E nel corso dei lavori sono stati messi sotto i riflettori quei meccanismi di Solvency II che, a giudizio unanime di tutti gli operatori assicurativi italiani, si sono rivelati inefficaci: su tutti, quel volatility adjustment che ha dimostrato di avere le armi spuntate di fronte all’innalzamento dello spread dei titoli di Stato italiani. Il presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, lo ha sottolineato nel suo intervento di apertura: “i rapporti annuali dell’Eiopa dimostrano chiaramente che, sebbene queste misure siano state ampiamente utilizzate in tutta Europa, hanno avuto sulla situazione di solvibilità un impatto assai variabile a seconda del Paese in cui sono state applicate”. In altre parole, il volatility adjustment non sta funzionando come dovrebbe. “L’evidenza da noi raccolta – ha evidenziato Rossi – ne ha messo in luce i limiti, ed è nostra intenzione collaborare attivamente con l’Eiopa e la Commissione Europea per un loro superamento”. Ad ogni modo, è già in calendario un intervento sul volatility adjustment, nel 2020, nell’ambito di una più ampia rivisitazione delle garanzie di lungo termine (Ltg). Ma le critiche dell’Ivass riguardano anche altri aspetti di Solvency II, a partire dall’eccessiva complessità della misurazione del requisito di capitale, soprattutto per le piccole compagnie. Rossi ha detto di aspettarsi che vengano anche attenuati “alcuni oneri normativi eccessivamente gravosi per gli investimenti in particolari classi di attivi”, come ad esempio le obbligazioni prive di rating o i titoli azionari non quotati. Criticità sono state rilevate anche su un altro fronte: quello dell’operatività trans-frontaliera delle compagnie europee, che viene trattata in modo diverso a seconda delle varie autorità di vigilanza nazionali, “con livelli differenti di tutela degli assicurati”. L’Ivass vede nell’attuale fase di revisione delle norme europee di vigilanza bancaria, assicurativa e di mercato (Esa), “una buona occasione per dotare l’Eiopa di strumenti preventivi supplementari, come la possibilità di un intervento tempestivo, qualora imprese autorizzate intendano operare esclusivamente o prevalentemente cross-border”.


EIOPA RECLAMA PIÚ POTERI PER LE ATTIVITÀ CROSS BORDER

Il fronte dell’operatività cross-border è uno degli aspetti su cui si è concentrato anche l’intervento di Gabriel Bernardino. L’Autorità europea ha messo in cima alle sue priorità la convergenza della supervisione. In Europa, ci si è mossi sulla base del convincimento che la libera concorrenza condotta senza distorsioni avrebbe portato benefici, anche per i consumatori. “Per questo – ha detto Bernardino – dobbiamo impegnarci sull’armonizzazione della vigilanza e sugli accantonamenti a tutela dei consumatori”. Ma nel quadro regolamentare attuale esistono delle limitazioni sui poteri della vigilanza comune: su questo aspetto Bernardino ha ribadito che “i poteri dell’Eiopa vanno rafforzati, ad esempio con strumenti pratici di intervento sulle attività transfrontaliere, in modo tale da garantire una vigilanza coerente. Dobbiamo impegnarci – ha aggiunto – per l’armonizzazione della vigilanza e sugli accantonamenti a tutela dei consumatori”.


ABUSI CHE NON DEVONO RIPETERSI

La giornata di lavori si è poi articolata in due panel: il primo focalizzato sulle esperienze internazionali, il secondo sulle specificità del mercato italiano. Ad aprire la discussione sulle esperienze internazionali è stata Nathalie Berger, la donna a capo dell’unità che si occupa di assicurazioni e pensioni nella Commissione Ue. Berger ha detto che la Commissione attualmente sta lavorando sull’eliminazione delle incoerenze e delle barriere agli investimenti: “ora siamo in una fase finale di revisione degli atti delegati, in prospettiva 2020”. Così come Bernardino, anche Berger ha sottolineato la necessità di dare più poteri all’Eiopa, soprattutto alla luce di alcuni abusi cui si è assistito negli ultimi anni. “Ad esempio – ha ricordato – sono state chieste licenze di attività di assicurazione in un dato Paese da parte di operatori che però intendevano svolgere la loro attività prevalentemente in un altro Stato. Questi episodi possono dare l’impressione sbagliata su quello che effettivamente è il mercato unico, che non è certamente stato creato a beneficio di gente senza scrupoli”. In questo senso l’Eiopa deve poter ottenere più informazioni, in modo tale che “quando riscontra un possibile abuso – ha detto Berger – possa usare le varie piattaforme per facilitate la cooperazione”. Negli altri interventi, Alban de Mailly Nesle, chief risk officer e head of insurance office del gruppo Axa, ha sottolineato la necessità di “una revisione complessiva delle tutele per gli assicurati”, mentre Tom Wilson, chief risk officer del gruppo Allianz, ha ribadito che Solvency II ha avuto “un effetto positivo sulla public disclosure”, aspetto che è invece giudicato “da migliorare” per Sandro Panizza, chief risk officer del gruppo Generali: “bisogna intervenire – ha detto – sul lato della domanda, investire in una sottoscrizione migliore”. In questo senso, una delle sfide principali riguarda “la necessità di trovare un punto di equilibro tra il giusto prezzo del prodotto e la necessità di sostenibilità a lungo termine”.



SEMPLIFICARE LE REGOLE

Nella tavola rotonda focalizzata sul mercato italiano, la presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, ha invocato una maggiore proporzionalità in Solvency II, criticando duramente il volatility adjustment. “Si parla di rivedere questo meccanismo entro il 2020, ma non possiamo aspettare – ha detto Farina – perché al momento questo strumento è troppo basso e troppo lento. Se quel meccanismo mira ad attutire l’impatto della volatilità di breve periodo, non c’è dubbio che il motivo per cui è pensato di fatto non funziona”. Per quanto riguarda invece il risparmio e i prodotti di lungo termine, secondo Farina “bisognerebbe trovare una formula, per le gestioni separate, di valutare un assorbimento di capitale diverso, un qualcosa che vada a premiare di più il matching. Se da un lato abbiamo prodotti che assorbono tanto capitale, dall’altro gli investimenti hanno requisiti complessi e pesanti in termini economici, e il volatility adjustment non ci toglie il rischio della volatilità di breve periodo, obbligando le compagnie a variare il capitale costantemente”. Altrettanto netto il giudizio di Carlo Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol: “così com’è il volatiliy adjustment non coglie la finalità per cui è stato creato”. Il matching adjustment potrebbe avere degli effetti di mitigazione dei picchi di volatilità derivati dallo spread: “si potrebbe fare meglio – ha detto Cimbri – ma bisognerebbe togliere alcuni vincoli che oggi lo rendono di fatto inapplicabile”, come nel caso dei prodotti di ramo I che hanno un’opzione di riscatto anticipato. Secondo l’ad di Unipol, “il regolatore non si limita a proteggere la stabilità del mercato, ma fa politica economica. La fa ad esempio mettendo un capital charge sui titoli di Stato, che di conseguenza sposta la domanda da un Paese a un altro”. E poi c’è un tema di sostenibilità della regolamentazione, che a detta di Cimbri “schiaccia le compagnie”. Secondo il professor Francesco Saita, ordinario del dipartimento di Finanza presso l’Università Bocconi di Milano, “il fatto che il sistema preveda la possibilità di modelli interni è di fondamentale importanza. Occorre riuscire a garantire che ci sia un’omogeneità della valutazione dei modelli”. Questo dovrebbe riuscire a dare credibilità al sistema. Cimbri ha sottolineato la necessità di lavorare sulla semplificazione, perché “una regolamentazione che entra in modo pesante in ogni singolo dettaglio non va a vantaggio del mercato”. Sulla stessa lunghezza d’onda le parole di Alberto Minali, amministratore delegato del gruppo Cattolica, che ha chiesto una regolamentazione “chiara, senza ulteriori sovrastrutture, che rappresentano un significativo costo per le compagnie in termini di compliance”. Minali e Cimbri hanno mosso entrambi anche altri rilievi a Solvency II, ad esempio sul fatto che le coperture prudenziali sui sinistri catastrofali vadano effettuate sulla somma assicurata e non sull’effettivo massimale di indennizzo. Secondo Minali “questa è una norma che sembra prudenziale ma che in definitiva si scarica sui costi a carico dei consumatori”, mentre è più duro il giudizio di Cimbri: “così si scoraggia la vendita dei prodotti catastrofali che, paradossalmente, diventano non convenienti da vendere, perché richiedono un assorbimento di capitale incongruo”.


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