DALLA RENDITA AI SERVIZI

Il valore sociale della mutualità assicurativa è il tema del futuro che richiede l’acquisizione di una professionalità diversa da parte di chi opera nella gestione dei sinistri, Dove è sempre più richiesto un modello multipilastro di sostegno alle vittime. Se ne è parlato a Roma all’Annual meeting dell’associazione Melchiorre Gioia

DALLA RENDITA AI SERVIZI
Spostare il focus dal risarcimento in denaro alla componente di servizio. Secondo giuristi, assicuratori ed esperti del settore, riuniti a Roma all’annual meeting della società medico giuridica Melchiorre Gioia, è questo il futuro nel danno alla persona.
In attesa dei decreti attuativi della legge Gelli (24/2017) e di norme e tabelle univoche sul danno non patrimoniale, l’evento annuale, giunto alla sua ventottesima edizione, è stata l’occasione per fare il punto su criticità, istanze ma anche best practice che vedono la gestione dei sinistri evolvere verso un modello multipilastro dove pubblico e privato si integrano in una sinergia al servizio del paziente.

UN’ASSISTENZA PERSONALIZZATA

Esiste oggi in Italia, ha ricordato il presidente dell’associazione, Giovanni Cannavò, un problema di cura e recupero delle attività quotidiane lavorative e sociali del cerebroleso, che richiede un cambio di paradigma. “È finita l’era del colpo di frusta, ora c’è da fare un percorso diverso, fondato sull’assistenza”. Non bastano dunque risarcimenti generosi: occorre mettere insieme organizzazione, tecnologia e un’assistenza personalizzata, basata sull’ascolto dei bisogni del danneggiato e della sua famiglia. 
Anche se in Italia le strutture all’avanguardia sono ancora poche, esistono già best practice che prevedono l’utilizzo di esoscheletri per la riabilitazione passiva, di teleassistenza per l’accompagnamento al domicilio, ma anche di terapia occupazionale. Tutto questo presuppone l’acquisizione di una professionalità diversa e una logica risarcitoria che preveda la facoltà di scegliere tra rendita vitalizia e accesso a un sistema integrato di servizi.

IL COSTO DELLE DISPUTE DOTTRINALI

Per giungere a un modello virtuoso è necessario prima di tutto agire su un piano giurisprudenziale e normativo. Servono regole chiare e univoche sulla definizione di danno non patrimoniale. Infatti, a partire dall’articolo 2059 del Codice civile (che afferma la risarcibilità come eccezione in caso di reato) la giurisprudenza ha detto “tutto e il contrario di tutto”: nelle sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione (2008) il danno morale diventava biologico in caso di conseguenze psico-fisiche, mentre oggi la giurisprudenza afferma che il danno morale è diverso da quello biologico, e va liquidato in modo autonomo in base alla personalizzazione del giudice. 
A tal riguardo si invoca da anni una tabella unica visto che, nel nostro Paese, gli indennizzi cambiano da regione a regione e da tribunale a tribunale: secondo le tabelle romane un 41enne con danno biologico al 90% viene indennizzato con 1 milione 690mila euro contro i 980mila euro delle tabelle milanesi. Per non parlare della dicotomia in sede europea: la morte di un 17enne viene liquidata 15mila euro in Inghilterra, contro 830mila euro dell’Italia.
Queste dispute dottrinali hanno un impatto sociale ed economico molto rilevante, che grava non solo sui bilanci delle compagnie, ma anche delle famiglie italiane: parliamo di quasi 11 miliardi di euro di risarcimenti per sinistri Rca di cui 7 miliardi per danni alla persona e 2 miliardi per le lesioni micropermanenti.



UNA FASE TRANSITORIA PER IL FONDO RISCHI

L’altra questione è quella normativa. Tra i punti da definire nei decreti attuativi della legge Gelli vi è quello riguardante i fondi per l’autoritenzione, ovvero la previsione nel bilancio delle strutture sanitarie di un fondo rischi e di un fondo a riserva, che produce due importanti criticità: la sostenibilità del sistema laddove si rende necessario coniugare la tutela del danneggiato con l’esigenza di allestire un complesso di coperture sostenibili in concreto; e poi l’inevitabile impatto sul bilancio delle strutture, in particolare quelle pubbliche, che oltre all’eventuale pagamento del premio assicurativo si vedono costrette a impiegare fondi per garantire la corretta quantificazione, alimentazione e gestione dei due fondi. Su questo si auspica una fase transitoria (da tre a cinque anni) per la messa a regime, da parte delle strutture sanitarie e socio sanitarie pubbliche e private, del fondo rischi.

SINERGIA TRA PUBBLICO E PRIVATO

Affrontate le questioni legislative e giurisprudenziali, il sistema deve tendere a una sinergia fra assicurazioni e strutture sanitarie per costruire un percorso di cura in forma diretta post evento grave. Sempre più numerose le best practice dove presa in carico, assistenza e liquidazione del danno si basano su un modello multipilastro di sostegno alle vittime. Nel pubblico emerge l’esperienza dell’Inail che fornisce gratuitamente ai propri iscritti un’intensa attività di prima cura, riabilitazione, assistenza polispecialistica, prevenzione e reinserimento sociale. Nel privato spicca l’iniziativa Ania Cares, della Fondazione Ania, che supporta i familiari delle vittime della strada con un team di 80 psicologi che seguono la persona per otto incontri personalizzati: a oggi un totale di 374 casi trattati e 940 interventi di sostegno. 
Per favorire questo modello multipilastro vanno però create partnership pubblico-private integrando il Ssn con i diversi attori sul territorio: serve dunque una cabina di regia comune a sostegno di quella mutualità assicurativa, di cui il nostro Paese ha un urgente bisogno. 

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