INVESTIRE AL TEMPO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO

L’aumento della temperatura di almeno due gradi centigradi è dato per certo. Due studi, uno di Oliver Wyman, l’altro di Mercer, provano a spiegare come affrontare questa nuova normalità, sia sotto il profilo della gestione del rischio, sia sotto l’aspetto degli investimenti

INVESTIRE AL TEMPO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Gli esperti da tempo ripetono che il cambiamento climatico è già avvenuto. Possiamo arginare un ulteriore innalzamento delle temperature, ma ad ogni modo dobbiamo attrezzarci per gestire la nuova situazione attuale che diventerà la nostra nuova normalità. Una situazione che ha non poche implicazioni finanziarie. Ne è un esempio il caso della principale utility californiana, la PG&E (Pacific gas and electric) azienda finita di recente sull’orlo del crac: il Wall Street Journal, lo scorso 18 gennaio, ha scritto che potrebbe essere “la prima bancarotta determinata dal cambiamento climatico, e probabilmente non l’ultima”. Due ricerche, una realizzata da Oliver Wyman e l’altra da Mercer, provano a tracciare le linee guida per affrontare questo cambiamento, sia sotto il profilo della gestione del rischio finanziario, sia sotto l’aspetto degli investimenti. 

MUTAMENTI RADICALI IN PROSPETTIVA

Secondo lo studio pubblicato nel 2019 da Oliver Wyman, Climate change – managing a new financial risk, l’impatto del cambiamento climatico porterà “sostanziali adeguamenti strutturali all’economia globale”. La portata di questo mutamento sarà “disruptive” per industrie che più di altre rappresentano l’economia del passato, come i settori del carbone e dell’acciaio. Altre industrie, come quella delle energie rinnovabili, conosceranno crescenti benefici. Ma il report sottolinea che i cambiamenti fondamentali avranno inevitabilmente un impatto anche sul bilancio e sul business dei servizi finanziari. Ad esempio “i portafogli ipotecari nelle aree costiere possono essere esposti all’impatto fisico dei cambiamenti climatici per via delle inondazioni conseguenti all’innalzamento del livello del mare, e saranno necessarie enormi quantità di capitale e nuovi prodotti per finanziare la transizione e la resilienza climatica”, creando quindi una nuova domanda. 

UN RISCHIO NON REPUTAZIONALE MA FINANZIARIO

Il report presenta le principali novità e prospettive del settore che derivano da un sondaggio globale condotto da Oliver Wyman in collaborazione con l’Associazione internazionale dei gestori di portafogli di credito (Iacpm). In un contesto in cui si attendono molti cambiamenti anche sotto l’aspetto normativo su questa materia, lo studio propone alcuni suggerimenti al mondo finanziario su come gestire il climate risk. Innanzitutto il rischio climatico, sottolinea il report, dovrebbe essere considerato come un rischio finanziario, “andando oltre gli approcci tradizionali incentrati sul rischio reputazionale”. Questo spostamento implica l’integrazione del rischio climatico nei quadri di gestione del rischio finanziario, estendendo il perimetro oltre la responsabilità sociale dell’impresa (Csr) per includere quindi anche i team di gestione del rischio. Inoltre, “le banche dovrebbero integrare le considerazioni sul clima nella gestione dei rischi finanziari all’interno della loro organizzazione”. 


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L’IMPATTO CLIMATICO SUL RITORNO DEGLI INVESTIMENTI

L’altro report sul tema del cambiamento climatico, pubblicato quest’anno da Mercer, si intitola Investing in a time of climate change – The sequel, e aggiorna i modelli e le proiezioni elaborati in un primo studio con lo stesso nome, realizzato nel 2015. 
“Abbiamo già sperimentato circa 1°C di riscaldamento medio sopra i livelli preindustriali – si legge nello studio – e sta aumentando la frequenza degli eventi meteorologici estremi, con significative conseguenze sugli aspetti umani e finanziari”. Gli esseri umani non hanno mai vissuto in un mondo molto più caldo rispetto a quello odierno, e l’attuale ritmo, che entro il 2100 minaccia di arrivare a un aumento di almeno 3°C al di sopra della media preindustriale, potrebbe portarci in un territorio fin qui inesplorato

PUNTARE SU UN’ECONOMIA A BASSE EMISSIONI

Mercer in questo report ha modellato tre scenari che seguono tre step di aumento della temperatura: da 2°C, a 3°C, per arrivare a 4°C, riassumendo le tappe principali e le ipotesi chiave, confrontandole con la situazione attuale. Vengono evidenziati i diversi livelli di rischio di danni fisici e le necessarie modifiche per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, quantificando la riduzione delle emissioni di combustibili fossili a seconda di ogni scenario di temperatura.
Una conclusione chiave dello studio è che investire già in vista dello scenario di aumento a 2°C è sia un imperativo, sia un’opportunità. “È un imperativo, visto che per quasi tutte le classi di business, aree geografiche e tempistiche, uno scenario a 2°C porta a rendimenti previsti migliorati rispetto agli scenari di aumento a 3°C o 4°C, e quindi un migliore risultato per gli investitori. È un’opportunità, perché, sebbene le attuali attività produttive potranno soffrire perdite in uno scenario di aumento di 2°C, esistono già molti investimenti e notevoli opportunità abilitate nella transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio”.
Secondo Mercer, “le opportunità di transizione emergono quindi già dallo scenario a 2°C, e la transizione dovrebbe rappresentare “un vantaggio dal punto di vista macroeconomico”. Lo studio offre agli investitori un quadro chiaro e gli strumenti per iniziare a sostenere attivamente la transizione in uno scenario di 2°C come produttori futuri, cogliendo “l’opportunità, e probabilmente, l’obbligo, di usare il loro portafogli e la loro influenza per guidarci verso dei risultati economicamente più sicuri”.

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