UNA TERZA VIA PER SERVIRE LA PROPRIA COMUNITÀ
Come il mercato, è composto da enti privati. Come le istituzioni pubbliche, svolge attività di interesse generale. Il Terzo settore è sempre di più uno dei soggetti più importanti del nostro sistema sociale ed economico, interagendo con il pubblico e il privato nell’interesse collettivo. Solo nove anni fa, tuttavia, è stato regolamentato, e da meno di un lustro è in vigore anche un obbligo assicurativo per tutti coloro che svolgono un’attività al suo interno

09/06/2025
👤Autore:
Beniamino Musto
Review numero: 123
Pagina: 58-61
☁Fonte immagine: © Jacob Wackerhausen – iStock
Terzo settore è una definizione che racchiude un concetto ampio, nata per indicare chi si occupa del benessere della comunità agendo senza scopo di lucro. È terzo perché si affianca ad altri due soggetti, il pubblico e il privato: con il primo condivide la missione del perseguire l’interesse generale, con il secondo il fatto che è costituito da enti privati. Nonostante di Terzo settore si parli da decenni, è soltanto dal 2016 (legge delega 106 del 2016) che è stato riconosciuto e inquadrato giuridicamente con una riforma che ne ha tracciato confini e regole. Il pilastro di tale riforma è il Codice del Terzo settore (decreto legislativo 117/2017). Tra le principali novità spicca l’introduzione, all’articolo 18, dell’obbligo per gli enti che fanno parte del Terzo settore di assicurare i propri volontari. L’obbligatorietà della tutela assicurativa è stata pensata per proteggere tanto il volontario quanto lo stesso ente del Terzo settore, che potrebbe essere chiamato a rispondere in via diretta dell’attività posta in essere dai collaboratori. In particolare, i profili che devono essere oggetto di copertura sono due: gli infortuni e le malattie riconducibili allo svolgimento dell’attività del volontario, e la responsabilità civile verso terzi.
L’OBBLIGO ASSICURATIVO PER I VOLONTARI
Questo in linea generale. Ma, come accade regolarmente nel nostro paese, il decreto attuativo per disciplinare nel dettaglio questo obbligo è arrivato solo quattro anni fa, con il dm del 6 ottobre 2021 emanato dall’allora Mise e dal dicastero del Lavoro. Il provvedimento ha fatto chiarezza sia sulle modalità di tenuta del registro dei volontari che sulle specifiche forme con cui le polizze assicurative possono essere stipulate.
Il dm ha stabilito che tutti i volontari, anche quelli occasionali, sono soggetti all’obbligo assicurativo previsto nel Codice del Terzo settore. Quanto alle principali caratteristiche delle coperture assicurative di cui ci si deve dotare, il decreto ha stabilito che le polizze devono assicurare i volontari per tutta la durata della relativa attività, e che possono proteggere anche coloro che svolgono pro-tempore un’attività di volontariato. È stato inoltre stabilito che la documentazione assicurativa deve essere conservata per 10 anni da parte dell’Ente del Terzo settore.

© Halfpoint – iStock
QUALI CARATTERISTICHE DEVONO AVERE LE POLIZZE
Entrando più nel dettaglio, il decreto afferma che le polizze possono essere “collettive” o “numeriche”, e devono essere predisposte dalle imprese assicuratrici in modo da garantire “la massima trasparenza delle condizioni e l’assenza di discriminazioni nell’accesso dei volontari alla tutela assicurativa”.
Le polizze assicurative, si legge nel decreto, “in forza di un unico vincolo contrattuale, determinano una molteplicità di rapporti assicurativi riguardanti una pluralità di soggetti assicurati, determinati o determinabili”, e “garantiscono tutti coloro che prestano attività di volontariato in modo non occasionale per il tramite di un ente del Terzo settore”, così come “i volontari che prestano attività in modo occasionale, anche sulla base di polizze stipulate in forma numerica”.
Per i soggetti che prestano attività volontaria in modo non occasionale e che sono di conseguenza iscritti nel Runts (Registro unico nazionale del Terzo settore) successivamente alla data di stipula delle polizze, le garanzie assicurative decorrono dalle ore 24 del giorno di iscrizione nel registro. Inoltre, gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari occasionali, anche in caso di eventi o manifestazioni, stipulano apposite polizze la cui efficacia cessa alle ore 24 dell’ultimo giorno di servizio, che deve essere espressamente indicato nella polizza.
NON SOLO VOLONTARIATO
Il termine Terzo settore indica quell’insieme di enti privati che agiscono senza scopo di lucro in diversi ambiti, dall’assistenza alle persone con disabilità alla tutela dell’ambiente, dai servizi sanitari e socio-assistenziali all’animazione culturale. Spesso gestiscono servizi di welfare istituzionale e sono presenti per la tutela del bene comune e la salvaguardia dei diritti negati.
Gli Enti del Terzo settore (Ets) sono organizzazioni non commerciali o commerciali, costituite come Associazione, Comitato, Fondazione o impresa che, perseguendo finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, si caratterizzano per lo svolgimento in esclusiva o in via principale di una o più attività di interesse generale e per l’assenza di scopo di lucro. Sono regolamentati dal Codice del Terzo Settore che definisce anche l’elenco delle attività di interesse generale, lo svolgimento di attività diverse e le modalità di iscrizione al registro unico nazionale (Runts). Il Terzo settore non deve essere considerato un sinonimo di Non profit, cioè quel complesso di enti privati che agiscono senza redistribuire utili. Molti di essi ne fanno parte, ma non tutti gli enti non profit svolgono “una o più attività di interesse generale”, prerequisito essenziale per far parte del Terzo settore. Occorre poi precisare che agire senza scopo di lucro non significa non avere profitti, ma reinvestirli per finanziare le proprie attività, senza redistribuirli tra i membri delle proprie organizzazioni o ai propri dipendenti. Per questo motivo, fanno parte degli enti del Terzo settore anche imprese sociali, cooperative o anche semplici associazioni che svolgono attività commerciali.
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