AFFIDERESTE I VOSTRI RISPARMI A UN ROBO-ADVISOR?

Chi lo fa, spesso, non solo ha meno conoscenze finanziarie ma paradossalmente ha più fiducia nelle proprie capacità d’investimento rispetto a chi si affida a un consulente in carne e ossa. La limitata trasparenza degli algoritmi, inoltre, può impedire agli investitori di comprendere appieno i processi alla base della consulenza

AFFIDERESTE I VOSTRI RISPARMI A UN ROBO-ADVISOR?
I robo-advisor, ovvero la fornitura di consulenza finanziaria elaborata da algoritmi attraverso piattaforme digitali, offrono un grande potenziale per aumentare la partecipazione dei privati ai mercati. Tuttavia, come ogni altra innovazione in ambito tecnologico (e finanziario), le opportunità comportano anche dei rischi e delle sfide. 
Il contesto italiano lo conosciamo bene: il cliente dei servizi finanziari e assicurativi è per lo più una persona pienamente adulta, con un reddito stabile e con capacità di risparmio. Preferisce interloquire con un intermediario in carne e ossa, essere consigliato da un professionista che sappia anche toccare certe corde emotive, per certi versi intime. Messo di fronte a uno schermo, la diffidenza cresce, così come il rischio di non saper bene a chi affidarsi. 
Detto ciò, sulla base di una recente indagine su 5.000 individui, intitolata L’uso dei robo-advisor in Italia: approfondimenti da una nuova indagine, i ricercatori di Banca d’Italia, Massimiliano Stacchini e Pietro Vassallo hanno condotto un’analisi sulle caratteristiche di chi, invece, utilizza il robo-advisoring in un paese come l’Italia, dove la partecipazione ai mercati finanziari è tradizionalmente bassa. La ricerca ha anche valutato l’influenza di questa tecnologia sulla propensione a effettuare investimenti finanziari. 

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PRO E CONTRO DEL CONSULENTE ROBOTICO

Se da un lato, in effetti, i robo-advisor influenzano positivamente la propensione all’acquisto di attività finanziarie, come azioni, obbligazioni e fondi di investimento, dall’altro è emerso che chi ne fa ricorso sono soprattutto individui con maggiori competenze digitali, ma con limitate conoscenze finanziarie. 
Secondo i ricercatori, ci sono “tendenze comportamentali” che compromettono le decisioni di investimento individuali: ad esempio, la difficoltà di concentrazione, la limitata capacità di raccogliere le informazioni e l’eccessiva paura delle perdite possono portare a scelte troppo conservative, mentre l’eccesso di fiducia può indurre a fare trading inutilmente. I robo-advisor, in questo senso, possono contribuire a mitigare questi effetti offrendo una guida finanziaria automatizzata, e nei sistemi più evoluti, possono incoraggiare gli individui ad adottare comportamenti più razionali. Di contro, la limitata trasparenza dei sistemi algoritmici può impedire agli investitori di comprendere appieno i processi alla base della formulazione della consulenza. Inoltre, gli algoritmi possono essere addestrati su set di dati che riflettono delle distorsioni, oppure potrebbero non essere in grado di tenere conto degli sviluppi di mercato più recenti.

IL PARADOSSO DELL’IGNORANZA CHE GENERA FIDUCIA

Venendo ai principali dati della ricerca, è emerso che i robo-advisor sono stati adottati in Italia da circa il 15% della popolazione adulta, più frequentemente da uomini con redditi elevati e persone con solide competenze digitali. È interessante notare, commentano gli specialisti, che il loro utilizzo è più diffuso tra le persone con livelli bassi di alfabetizzazione finanziaria e tra coloro che segnalano difficoltà nel gestire shock finanziari inaspettati. 
Nello studio della relazione tra l’utilizzo di robo-advisor e l’alfabetizzazione finanziaria degli individui, è misurata la capacità dell’investitore a rispondere correttamente a tre domande su tassi di interesse, inflazione e diversificazione del rischio, oltre che rispetto a ulteriori dimensioni della conoscenza finanziaria, come la comprensione del rapporto rischio-rendimento. L’analisi empirica ha mostrato che tra chi ha risposto correttamente a tutte e tre le domande, l’11,7% ha utilizzato un robo-advisor, mentre questa percentuale sale al 15,6% tra coloro che hanno risposto in modo errato ad almeno una domanda. Inoltre, i dati mostrano che gli utenti di robo-advisor non solo hanno meno conoscenze finanziarie ma, paradossalmente, hanno più fiducia nelle proprie capacità d’investimento (19,5%) rispetto alle altre persone che si affidano a un consulente in carne e ossa.

RISCHI DIFFICILMENTE QUANTIFICABILI

Nonostante i robo-advisor siano in grado di supportare le persone con conoscenze finanziarie limitate nella gestione più efficace delle proprie finanze, incoraggiando comportamenti disciplinati e promuovendo decisioni più razionali, permangono delle preoccupazioni circa i potenziali rischi del delegare acriticamente le decisioni finanziarie agli algoritmi, in particolare per coloro con una bassa alfabetizzazione finanziaria. 
Questi rischi, tuttavia, non possono essere quantificati, giacché non si dispone di controprove relative ai risultati degli investimenti finanziari effettivamente realizzati tramite l’utilizzo di robo-advisor. 
Da una prospettiva più pratica, invece, i risultati della ricerca evidenziano la necessità di migliorare l’educazione sia rispetto ai vantaggi e ai limiti del robo-advisoring, sia rispetto all’alfabetizzazione finanziaria in generale. Rafforzando le conoscenze finanziarie delle persone si può consentire un processo decisionale più consapevole, garantendo che chi interagisce con i robo-advisor possa massimizzarne il potenziale e mitigarne i rischi.

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