È IL CYBER IL PRODOTTO DEL FUTURO

Ogni fase storica ha visto emergere un ambito assicurativo strettamente connesso alle problematiche economiche o sociali del tempo. La pervasività delle forme di connessione porterà alla prevalenza sul mercato dei rischi tecnologici, e del cyber risk in particolare

È IL CYBER IL PRODOTTO DEL FUTURO
Per il settore assicurativo italiano, il mercato delle imprese rappresenta ancora un ambito da esplorare prima che da conquistare. I dati forniti da Orazio Rossi, country president di Chubb, spiegano chiaramente cosa si intende quando si parla di sottoassicurazione delle imprese: il mercato property e casualty vale circa 10 miliardi di euro: la maggiore linea di business vale 3,5 miliardi ed è l’Rc auto. Le Pmi sono circa 1,3 milioni e valgono circa quattro miliardi euro di premi, di cui una metà per l’auto e l’altra per la polizza globale impresa. Da una simile fotografia, afferma Rossi, “le auto sembrerebbero essere l’asset più importante da proteggere. Il problema non è quindi solo quello della sottoassicurazione ma piuttosto di una cattiva assicurazione”, che trascura danni importanti come quelli da terremoto, quelli indiretti e, oggi, quelli tecnologici.

LE QUATTRO FASI DELLA STORIA ASSICURATIVA

Storicamente però i prodotti di protezione hanno sempre avuto per oggetto il bene strutturalmente più rilevante per la società, e ogni fase dello sviluppo del settore assicurativo è partita da rischi di cui si è presa coscienza. È stato così nell’epoca in cui le assicurazioni sono nate, legate ai trasporti navali, mentre la seconda grande fase è iniziata in seguito all’incendio di Londra del 1666. Rossi identifica la terza wave del mercato assicurativo con la fine della seconda Guerra Mondiale e il concomitante sviluppo di forme di governo democratiche, incentrate sulla protezione dei cittadini e con essa sui diritti della persona: un approccio che nei decenni successivi ha visto la crescita in ambito assicurativo dei rami della responsabilità civile.
Gli ultimi anni hanno dato il via a un altro importante cambiamento socio-economico, e Rossi si dice convinto che i rischi cyber, trattati oggi come una specialty, stiano in realtà definendo la quarta fase dello sviluppo assicurativo: “siamo all’inizio di una trasformazione digitale le cui ricadute sono solo parzialmente intuibili. Alla dimensione fisica del nostro agire si sovrappone una dimensione virtuale sempre più pervasiva”.

IL VALORE DI UN MERCATO POTENZIALE

Lentamente, i cyber risk hanno scalato la graduatoria dei grandi rischi nella percezione di top manager e grandi aziende: se cinque anni fa ancora non rientravano tra i primi dieci più temuti, oggi sono al terzo posto per probabilità di accadimento. Ciò nonostante le imprese italiane, e in particolare le Pmi, risultano essere in ritardo nell’adozione di misure di tutela: secondo i dati di Chubb forniti da Rossi, il mercato delle polizze cyber vale in Italia circa 20 milioni di dollari, contro i 400 dell’Europa e i due miliardi degli Usa. Anche per favorire una maggiore presa di coscienza da parte degli operatori e delle aziende, Chubb ha realizzato il Cyber Risk Index, un repository accessibile online in cui ha reso pubblica la propria esperienza sui sinistri cyber degli ultimi 20 anni, suddividendo gli eventi a cui un’impresa può essere esposta secondo il settore di appartenenza e il fatturato. 

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