INTERMEDIARI SODDISFATTI, MA PER QUANTO ANCORA?

Agenti, subagenti e compagnie nell'era digitale: in una ricerca di Gfk, i particolari di una relazione che resiste e potrà ulteriormente rafforzarsi, a patto che il confronto tra le parti si basi su una reale capacità di ascolto

INTERMEDIARI SODDISFATTI, MA PER QUANTO ANCORA?
Il supporto commerciale e la motivazione della compagnia verso la rete è il driver più importante che condiziona la soddisfazione delle reti di vendita delle imprese di assicurazioni. Seguono poi la fedeltà e l’attaccamento alla compagnia da parte di agenti e subagenti, supporti tecnici e operativi e, infine, gli incentivi e le provvigioni.
Questo, in estrema sintesi, il quadro delineato dalla seconda edizione dell’Insurance agent monitor, la ricerca di Gfk che ha come obiettivo quello di fotografare e monitorare nel tempo la soddisfazione di agenti e subagenti rispetto alla propria compagnia di riferimento.
I dati raccolti in oltre 5600 interviste ad altrettanti intermediari mostrano anche che i driver ritenuti più importanti sono in crescita rispetto anche alla prima edizione. 
Questo primo dato, abbastanza sorprendente, conferma che, al pari di altri settori, come la consulenza finanziaria, le reti di agenti e subagenti hanno bisogno soprattutto di sentirsi supportate e motivate dalla compagnia e di avere con essa un rapporto fiduciario. Solo successivamente figurano gli aspetti più tangibili e operativi, condizione necessaria ma non sufficiente per la soddisfazione della rete.


GLI INTERMEDIARI SONO MENO CONTENTI 

Sono cinque i driver della soddisfazione delle reti distributive, rilevate da un’analisi fattoriale su oltre 40 variabili. Al primo posto, come detto, il supporto commerciale e la motivazione da parte della compagnia: questi sono importanti per il 25% del campione, in aumento rispetto al 24% della prima edizione dello studio; seguono fedeltà e attaccamento alla compagnia (24% contro il 23% della prima edizione); il supporto operativo nei processi (17%, in calo dal 19%); il supporto tecnico e informatico (confermato dal 17%) e gli incentivi e provvigioni (sempre al 17%).
E veniamo dunque alla soddisfazione: in generale, la seconda edizione dell’Insurance agent monitor mostra, rispetto alla prima edizione, una riduzione della soddisfazione complessiva di agenti e subagenti verso la propria compagnia di riferimento. Questo è un segno evidente della difficoltà di questo tipo di attività e, più in generale, dei cambiamenti che sta attraversando il settore assicurativo che, oltre a registrare una riduzione dei margini, fa segnare anche un calo dei ricavi, cui si aggiungono sempre più importanti fenomeni di concentrazione, sia a livello di compagnia sia a livello di agenzie.


L’AGENTE AL CENTRO… O NO?

Ma quali sono i punti di forza e quelli di debolezza nel rapporto intermediario/compagnia?
Partiamo dai punti di forza. Orgoglio, senso di appartenenza e fiducia nel proporre a un cliente la propria compagnia sottolineano un forte attaccamento al marchio di appartenenza che, in alcuni casi, è anche superiore a quello del management: il tutto si riflette in una dichiarazione di fedeltà piuttosto elevata in assoluto, ma soprattutto se comparata ad altre figure professionali, come quella dei consulenti finanziari.
Qualità della formazione, ampiezza dei prodotti e sistemi di pagamento messi a disposizione dei clienti sembrano altri punti di forza nella relazione agente/subagente e compagnia. Anche dal punto di vista operativo, tempi di gestione dei sinistri e facilità di utilizzo degli applicativi (preventivi, emissione delle polizze, apertura e gestione del sinistro), le reti appaiono mediamente soddisfatte da quanto offerto dalla compagnia.
Le maggior criticità, ovvero gli aspetti su cui converrebbe investire per migliorare la relazione riguardano alcuni fattori intangibili, quali la capacità di fare sentire l’agente al centro dell’attenzione della compagnia (impegno e attenzione alla rete): elemento che trova nella comunicazione top-down, nelle convention e, in genere, in tutte quelle occasioni di contatto tra chi governa la compagnia e la rete sul territorio la propria massima espressione. Agenti e subagenti chiedono poi a gran voce maggior competitività delle tariffe, soprattutto del ramo auto, e un maggior supporto nell’organizzazione dell’agenzia e nella gestione della rete secondaria: pensiamo ai contributi erogati all’agente e che questi versa al subagente per i costi locativi, gestionali, oppure quelli per l’insegna. 





INVESTIRE PER COMUNICARE

Gli intermediari chiedono anche maggiori investimenti in comunicazione, intesa sia come pubblicità classica sui media tradizionali, sia in termini di contributi per iniziative locali, commerciali e di marketing. Questo aspetto conferma che, in un mercato di fatto guidato dall’offerta, il contributo di campagne pubblicitarie efficaci, cioè in grado di orientare concretamente la domanda, sono più che apprezzate, ma anche che quando non si investe, o si investe meno del passato in comunicazione, il rapporto tra la rete e la compagnia si fa più critico.
Altri aspetti piuttosto critici su cui prestare attenzione sono il supporto nelle procedure di assunzione, e la digitalizzazione dell’agenzia: dall’utilizzo del web al posto della carta, alla digitalizzazione delle procedure amministrative, fino alle dotazioni informatiche di software e materiale per lavorare (computer, stampanti, ecc.). Anche in questo caso non si tratta di aspetti da sottovalutare. La velocità delle procedure di assunzione e la digitalizzazione dell’agenzia molto spesso significano per la rete la capacità di stare sul mercato in modo efficace: non progredire su questi aspetti implicherebbe un forte aumento dell’insoddisfazione presso la rete.
Infine, parlando di compensi economici, se si rileva una soddisfazione mediamente buona per incentivi e provvigioni, un aspetto più critico sembra essere legato ai contest, monetari e non (viaggi incentive). In altri termini, incentivi e provvigioni sono necessari ma da soli non bastano a rendere una rete soddisfatta, se non sono accompagnati da un contatto costante e da logiche di coinvolgimento diretto e personale. 



@ Robert Kneschke – Fotolia.it

GLI STILI DI GIOCO: ATTACCANTI GIOVANI E ISTRUITI

In questo contesto c’è una grande differenza anche nell’approccio al proprio lavoro. La ricerca ha evidenziato tre stili molto differenti in cui ha raggruppato gli intermediari, dividendoli, sostanzialmente in parti uguali: Attaccanti, Centrocampisti e Difensori. 
Gli Attaccanti rappresentano il 34% del campione. Sono gli agenti e subagenti più proattivi e intraprendenti: vanno più spesso dai clienti; si sentono più imprenditori; molti di loro hanno fatto la gavetta, avendo un’esperienza pregressa come subagente; utilizzano in misura maggiore i device digitali e i social network sia per lavoro (LinkedIn) sia per uso personale. Questi hanno mediamente un portafoglio medio-alto e più diversificato tra danni e vita; sono mediamente più giovani e istruiti; considerano l’andamento della propria agenzia in una prospettiva più ottimistica in termini di ricavi e utili; pensano che nel futuro il settore si focalizzerà sui mercati ad alta marginalità, su business diversi dell’auto; sono più sensibili all’ingresso di nuovi player non convenzionali (utilities, telco e Google, soprattutto) e credono nella digitalizzazione per recuperare efficienza in agenzia. 





CENTROCAMPISTI, GESTIONE E VISIONE

Il 33% sono invece Centrocampisti, cioè agenti e subagenti che sono bravi gestori di clienti attuali ma anche in grado di acquisirne di nuovi. Hanno in media un’anzianità superiore; sono più fedeli alla compagnia e hanno mediamente più esperienza nella vendita. Pur essendo generalmente più anziani degli Attaccanti e con un livello di istruzione media, sono comunque sufficientemente digitalizzati. Gestiscono agenzie con ricavi stabili, e sono più convinti della necessità di ridisegnare i processi gestionali dell’agenzia per aumentare il tempo a disposizione dell’attività commerciale. Sono però più pessimisti e convinti che si assisterà a un’ulteriore riduzione del numero di agenti e agenzie, anche perché aggregatori e compagnie dirette acquisiranno maggiori quote di mercato. I Centrocampisti si sentono più manager e rappresentano spesso la capacità di scaricare a terra la strategia e la vision della compagnia.



@ Jürgen Fälchle – Fotolia.it

NON ESISTE UNA FORMAZIONE IDEALE

La terza e ultima categoria è rappresentata dalla quota del 33% di Difensori. Questi, secondo la ricerca di Gfk, sono buoni gestori dei clienti già acquisiti, ma poco proattivi e poco inclini a uscire dalla loro zona di conforto (ricevono i clienti in agenzia). Si percepiscono più come consulenti autonomi; hanno un portafoglio esiguo rispetto alle altre due categorie e più sbilanciato nel ramo auto, e dichiarano ricavi in diminuzione. Hanno però una visione idilliaca della realtà futura, ritenendo che l’integrazione delle attività delle agenzie con i canali virtuali vedrà al centro l’agente cui sarà canalizzata la clientela. Infine, i difensori non temono il digitale, anche perché lo conoscono meno delle altre due categorie. 
Rispetto alla prima edizione della ricerca, la seconda ha evidenziato un aumento degli Attaccanti rispetto a Centrocampisti e Difensori, soprattutto tra i subagenti (+5%) ma anche tra gli agenti (+1%).
Un dato sorprendente emerso dalla ricerca è che non esiste una formazione ideale. Ogni compagnia si caratterizza per una differente composizione della propria squadra di agenti e subagenti. Ci sono compagnie di successo basate su formazioni prevalentemente in difesa e altre, altrettanto di successo, più sbilanciate in attacco.
La differenza nella cultura e nel tipo di formazione la fa sicuramente il dna e il posizionamento della compagnia, ma anche quello dei suoi clienti; non va comunque sottovalutato il rischio di avere agenti appartenenti a una sola delle tre tipologie. Una squadra vincente dovrebbe avere, magari all’interno della stessa agenzia, un buon mix di attaccanti, centrocampisti e difensori. La ricerca ha altresì evidenziato che nell’ambito dello stesso gruppo assicurativo, frutto di incorporazioni e fusioni tra altre realtà, possono esistere tipologie di agenti e subagenti con diverse culture in quanto, e non solo, provenienti da realtà diverse: in questo caso la sfida per chi guida la compagnia è quella di cercare di governare le diverse componenti, amalgamandole in un’unica realtà, ma anche salvaguardando le specificità.





LE COMPAGNIE DEVONO ASCOLTARE DI PIÙ

Il senso ultimo della ricerca è riattivare l’attenzione delle compagnie: l’ascolto della rete, oltre che dei propri clienti, è condizione fondamentale per il successo. Il confronto con il mercato consente di non dormire sugli allori, ammesso che si siano meritati, ma di essere sempre sul pezzo. A volte un bagno di umiltà e un po’ di sano confronto con il mercato possono ridurre il rischio di perdere grandi opportunità, in un mercato che sta cambiando a una velocità che pochi sanno cogliere, e ancora meno sanno cavalcare. 
Una volta, un rappresentante di una nota compagnia assicurativa ha detto: “noi sappiamo di essere i migliori e lo vediamo dalla fila di agenti e subagenti che bussano alla nostra porta. Il confronto con gli altri non ci interessa finché andiamo così bene”. Questo atteggiamento ricorda quello del produttore leader delle vecchie pellicole fotografiche (i cosiddetti rullini) quando apparirono sul mercato le prime macchine digitali, costose e complesse. Disse: “rimarranno una nicchia e noi saremo sempre i leader”. A distanza di anni, sappiamo che la storia è andata diversamente.


* business director di Gfk Italia, membro del Global finance team, responsabile delle attività finance and insurance in Italia, Belgio, Olanda, Francia, Spagna e Portogallo

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