IL COSTO DEL RISCHIO CLIMATICO

Gli effetti del cambiamento climatico si faranno sentire anche a livello economico: in assenza di interventi adeguati, spiega Antonio Navarra della Fondazione Cmcc, la perdita di ricchezza per l’Italia potrà essere ingente. Le assicurazioni possono ricoprire un ruolo fondamentale

IL COSTO DEL RISCHIO CLIMATICO
👤Autore: Giacomo Corvi Review numero: 91 Pagina: 38
Il clima è un sistema fragile e complesso. Piccoli cambiamenti possono avere effetti rilevanti. E tradursi in eventi climatici estremi che possono avere conseguenze devastanti per la popolazione. Se ne è avuto prova anche in Italia, divenuta negli ultimi anni teatro di tempeste, nubifragi e lunghi periodi di siccità. Nel 2019, stando ai numeri dello European Severe Weather Database, si sono verificati in Italia ben 1.665 eventi climatici estremi. Nel 1999, giusto per avere un’idea, erano stati appena 21. Da 21 a 1.665 nel giro di soli vent’anni, non di un secolo. Basterebbe questo a comprendere la portata del cambiamento climatico.
“L’area mediterranea, stretta com’è fra la zona sub-tropicale e le medie latitudini, risulta particolarmente sensibile agli effetti del cambiamento climatico”, osserva Antonio Navarra, presidente della Fondazione Cmcc. “Basta poco – prosegue – per avere effetti localizzati rilevanti come la diminuzione delle precipitazioni”. Alcune analisi, a tal proposito, stimano che, in assenza di interventi di rilievo, si potrà registrare in Italia un calo del 10-15% delle precipitazioni entro la fine del secolo. “La distribuzione degli eventi ad alta frequenza – dice Navarra – è molto sensibile al cambiamento climatico, mentre gli eventi cosiddetti estremi risultano più frequenti”.

UN PERICOLO PER L’ECONOMIA

Il cambiamento climatico si fa sentire anche sull’economia. Lo scorso ottobre, in occasione del G20 di Roma, la Fondazione Cmcc ha lanciato l’allarme sulle ricadute economiche del cambiamento climatico: nello scenario peggiore, senza interventi urgenti per la riduzione delle emissioni di carbonio, la perdita del Pil imputabile ai cosiddetti “danni climatici” nei Paesi del G20 arriverà al 4% annuo entro il 2050 e potrebbe superare la soglia dell’8% entro il 2100. Per capirsi, sarebbe il doppio delle perdite economiche causate dal lockdown per l’emergenza coronavirus.
Anche l’economia italiana risulta a rischio. “La scelta di non fare niente si tradurrebbe in perdite per decine di miliardi di euro”, commenta Navarra. Il settore agricolo risulterebbe particolarmente colpito, con perdite fino a 30 miliardi di euro in caso di un aumento delle temperature di 4° C. Più in generale, nello scenario più avverso, l’Italia arriverebbe a perdere l’8,5% del Pil entro la fine del secolo. Perdite economiche a cui si sommerebbero poi, dice Navarra, quelle relative a un “tessuto sociale e paesaggistico che risulterebbe inevitabilmente alterato dagli effetti del cambiamento climatico”.



L’IMPEGNO DELLE ASSICURAZIONI

Numeri di questo genere fanno ben comprendere l’attenzione che tutto il mondo (o quasi) sta prestando alle misure di contenimento del cambiamento climatico. Anche le assicurazioni, almeno a giudicare dagli annunci degli operatori del settore, sembrano pronte a fare la propria parte. “Negli ultimi dieci anni ho potuto constatare che l’attenzione delle compagnie sugli effetti del cambiamento climatico, prima limitata soltanto a qualche grande gruppo, è diventato un valore diffuso all’intera totalità del mercato”, dice Navarra. 
Il presidente della Fondazione Cmcc è convinto che le assicurazioni possano svolgere un ruolo fondamentale in questo ambito. E ciò soprattutto in ragione di un fatto quasi scontato. “Il cambiamento climatico è ormai un problema di gestione del rischio – osserva – e le compagnie, con le loro competenze, sono forse il soggetto più qualificato per gestire gli effetti dell’aumento generalizzato delle temperature globali”. Non a caso, Navarra parla a più riprese di “rischio climatico”, utilizzando una formula ormai nota nel lessico delle assicurazioni. “Credo – afferma – che il modo migliore per affrontare il problema del cambiamento climatico sia assimilarlo a una fonte di rischio e, di conseguenza, inserirlo in modelli di gestione che possano contribuire a prevenirne le conseguenze”.

INVESTIMENTI E RICERCA

A ciò si aggiungono poi le risorse che le assicurazioni, in qualità di investitori e assuntori di rischio, possono mettere in campo per gestire le conseguenze del cambiamento climatico. Magari attraverso forme di partenariato con il sistema pubblico. “È chiaro ormai che le risorse per affrontare questo problema non possano venire soltanto da fondi pubblici”, afferma Navarra. “Penso – aggiunge – che partnership fra pubblico e privato possano essere un efficace strada da percorrere in questo ambito”.
C’è poi, infine, un ultimo punto su cui, secondo Navarra, le compagnie possono fare qualcosa in più: investire nella ricerca sul clima. “Credo che sia arrivato il momento di una più stretta relazione fra compagnie assicurative e mondo della ricerca”, dice il presidente della Fondazione Cmcc. Su quest’ultimo elemento, prosegue, “c’è ancora moltissimo che si potrebbe fare”. Anche perché “il clima non è una materia statica, ma cambia continuamente: non possiamo pensare che un giorno troveremo una formula magica in grado di risolvere per sempre tutti i nostri problemi. Siamo di fronte – conclude – a un processo che cambia continuamente e che deve essere costantemente monitorato per evitare che conseguenze catastrofiche, magari oggi evitate, possano ripresentarsi domani in forme diverse”.

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