UNA STRADA DA PERCORRERE A PICCOLI PASSI

L’effetto prociclico, il Volatility balancer, l’attenzione al risk management e alla governance interna. Come prepararsi all’impatto di Solvency II secondo l’Ivass

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👤Autore: Laura Servidio Review numero: 7 Pagina: 44 - 45
Una direttiva importante, ma da introdurre con attenzione e gradualmente. Questa l’impostazione auspicata dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, in merito all’introduzione di Solvency II.
“Solvency I – spiega Alberto Corinti, consigliere Ivass – ha un impianto antiquato che risale agli anni ‘70. Pur avendo funzionato bene, presenta almeno tre ordini di limiti che è necessario superare: non è un regime risk sensitive, non essendo né i requisiti finanziari né l’intensità della vigilanza calibrati sui rischi effettivi sopportati dalle imprese; non presenta incentivi per una gestione interna dei rischi consapevole e oculata, cruciale per la solvibilità; è il risultato di tre ordini di direttive, con ampi spazi di discrezionalità per i Paesi membri, che hanno condotto a regimi nazionali molto disomogenei tra di loro”. 

Per superare questi limiti, arriva Solvency II. Gli obiettivi sono perseguiti attraverso requisiti finanziari armonizzati a livello europeo e calibrati sul profilo di rischio effettivo di ogni singola impresa; requisiti rigorosi in termini di risk governance; maggiore trasparenza sui rischi e sui valori finanziari delle imprese: i tre pilastri di Basilea, seppur con sostanziali differenze. 

In particolare, il primo pilastro raggiunge il suo obiettivo attraverso la definizione di requisiti finanziari risk sensitive. “La misurazione del requisito di capitale – continua Corinti – parte da una valutazione delle attività e passività coerente con il mercato (market consistency) ed è basata sulla misurazione della sensibilità del bilancio dell’impresa ai più importanti fattori di rischio cui la compagnia è soggetta (assicurativo, operativo, di mercato, di controparte)”. 
Vi è, però, un potenziale effetto indesiderato che deriva da questo approccio. “Gli indicatori di solvibilità potrebbero risentire troppo, specie in periodi di tensione generalizzata dei mercati, della volatilità temporanea e artificiale dei valori di mercato (pensiamo alla crisi del 2007-2008 e a quella dell’Eurozona) e mostrare livelli di solvibilità penalizzati in maniera eccessiva, specialmente in relazione al business di più lungo periodo. Questo è, ad oggi, il maggior difetto da correggere”.





AMMORTIZZATORI E AGGIUSTAMENTI

Servono, quindi, ulteriori aggiustamenti, oltre a quelli già esistenti, per ammortizzare quegli effetti del mercato che non rispecchiano la solvibilità delle imprese. “La discussione su questi aggiustamenti – sottolineano da Ivass – ha ritardato la negoziazione e finalizzazione di Solvency II, anche perché ogni Paese mira a introdurre aggiustamenti che meglio riflettano l’offerta di prodotti e le variabili economiche (ad esempio livello dei tassi di interesse) del proprio mercato”. In Italia, la misura più importante, in tale prospettiva, è quella che, incidendo sul tasso di sconto delle riserve, è volta a riflettere, attraverso l’aggiunta di premi, un eccessivo e anomalo incremento degli spread sugli attivi di bilancio: il Volatility Balancer. 
“Sulla base delle analisi effettuate fino a ora – precisa Corinti – questo meccanismo sembra andare nella giusta direzione soprattutto perché bilancia la necessità di apportare aggiustamenti con la semplicità e facilità di applicazione”. È necessario, però, lavorare ancora sulla sua formula e in particolare sui suoi parametri: “la calibrazione inizialmente proposta da Eiopa non è adeguata, sia per l’Italia sia per l’Europa. Si sta ora lavorando, in maniera collegiale, su un più adeguato disegno e calibrazione”.


IL PERICOLO DELLA DIRETTIVA

E, in ottica macroprudenziale? “Solvency II è un sistema trasparente che dovrebbe consentire l’individuazione dei rischi in modo più precoce e chiaro. Però, essendo basata su requisiti finanziari risk sensitive, il sistema corre il rischio di produrre effetti pro ciclici in caso di incrementi di rischi associati al sistema finanziario generale: richiede più capitale o una drastica diminuzione dell’esposizione quando tali rischi sono maggiori, inducendo a reazioni che possono finire per esacerbare le tensioni di sistema”. In questo contesto, le misure allo studio, insieme ad un’attenta azione di vigilanza nei casi di insolvenza, dovrebbero limitare gli effetti indesiderati.
In definitiva, la direttiva rappresenta un cambiamento del quadro regolamentare radicale che produrrà effetti sia sul mercato, sia sul modo di fare supervisione. In questo senso, è necessaria una graduale ma decisa preparazione al nuovo regime. A questo fine, uno stimolo può venire dalle recenti linee guida Eiopa, che raccomandano l’applicazione di alcuni aspetti del nuovo regime in anticipo rispetto alla formale entrata in vigore della direttiva. Si tratta di un’opportunità per correggere gli errori e incrementare la qualità dei dati e delle procedure interne. L’Ivass ha intenzione di sfruttare questa opportunità. “In questa ottica, gli aspetti più critici sono legati all’incertezza: le imprese possono iniziare ad applicare Solvency II solo se il quadro è sufficientemente chiaro”. 
Il punto focale per le imprese sarà, in ogni caso, l’attenzione al risk management e alla governance interna: cuore nevralgico di Solvency II. “A questo riguardo – conclude Corinti – è bene attrezzarsi al più presto”.

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