UNA DIRETTIVA ANCORA DA CAPIRE

L’importanza di solvency II non è stata ancora percepita e poco si è fatto in tema di integrazione del rischio nei processi aziendali. È necessario, secondo Capgemini, utilizzare il periodo di transizione e l’aiuto di Eiopa per integrare, con gradualità ed efficacia, i provvedimenti

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👤Autore: Laura Servidio Review numero: 7 Pagina: 46 - 47
Solvency II produrrà un importante processo di cambiamento e innovazione nel modello di business delle compagnie. La direttiva europea, basata sul requisito di solvibilità ovvero il capitale minimo richiesto a un’impresa di assicurazioni per far fronte alle obbligazioni assunte in qualsiasi tipo di condizione, è strutturata su tre pilastri, da implementare con gradualità: requisiti patrimoniali di solvibilità; risk management, corporate governance e vigilanza prudenziale; obblighi di trasparenza.

Tra i benefici attesi, la crescita delle competenze in tema di misurazione e controllo e di gestione integrata del rischio e la disponibilità di informazioni più accurate su cui basare le decisioni strategiche. Tra le preoccupazioni, l’incremento del capitale di vigilanza assorbito dalle nuove misure di rischio e la conseguente necessità di rafforzamento patrimoniale.

Quanto ai tempi, dal primo gennaio 2014 entrano in vigore le linee guida su alcune aree della direttiva (a condizione che Ivass ne confermi la totale adesione); l’implementazione, invece, potrebbe slittare al primo gennaio 2016, ma si saprà solo a conclusione dei negoziati, in corso a livello europeo, sulla bozza di direttiva Omnibus II, che contiene modifiche a Solvency II. Nel frattempo, le assicurazioni italiane si preparano. 

“Le implicazioni gestionali di Solvency II – spiega Andrea Scribano, managing consultant Fsi Insurance Practice Capgemini – devono ancora essere pienamente apprezzate. In particolare, è stato fatto ancora poco per garantire l’integrazione del rischio e del capitale nei processi decisionali. Non a caso, l’Eiopa punta sul Forward Looking Assessment nel periodo di transizione. Per cogliere a pieno la sfida, le compagnie dovrebbero utilizzare tale periodo di transizione per introdurre e/o sviluppare sistemi di gestione della performance risk based facendo leva su indicatori, quali il Rorac, al fine di monitorare, nel continuo, l’andamento del business in ottica di creazione di valore con l’obiettivo di reindirizzare tempestivamente le iniziative strategiche; ottimizzare l’allocazione del capitale sulle iniziative a maggior valore aggiunto; ridurre i costi gestionali dell’impresa”.

L’obiettivo è quello di accrescere la dinamicità del processo di pianificazione strategica “fornendo un modello target fruibile al management, ai vari livelli, che sia basato su misure credibili, e un processo rigoroso per agevolare la tempestività nell’utilizzo delle leve gestionali”.
differenze di approccio

Ma come vivono, oggi, le assicurazioni, l’attesa direttiva? La percezione di Solvency II non è omogenea tra le compagnie. Da un lato, abbiamo i grandi gruppi assicurativi che hanno colto con maggiore enfasi l’opportunità derivante dal nuovo contesto regolamentare e hanno spesso optato per lo sviluppo di un modello interno, accelerando la diffusione della cultura del rischio a tutti i livelli e favorendo gli investimenti.
Dall’altro vi sono compagnie di dimensioni più ridotte che hanno, invece, focalizzato la propria attenzione ai soli aspetti di compliance con la norma. Per queste ultime, i programmi di adeguamento sono spesso finalizzati alla realizzazione di quanto è strettamente richiesto, determinando maggiore difficoltà a coinvolgere attivamente tutti i livelli dell’organizzazione.


UN'INTRODUZIONE GRADUALE

A seguito del posticipo di Solvency II, i diversi Paesi hanno iniziato a definire percorsi tra loro non coordinati. “Le linee guide di Eiopa – precisa Scribano – rappresentano una risposta a questa esigenza, al fine di garantire armonizzazione. La decisione di puntare sul secondo e sul terzo pilastro offre un’opportunità alle compagnie in quanto consente di gestire in modo graduale aspetti, come il sistema di governance, l’Orsa e la disciplina sulla trasparenza, che richiedono sforzi e tempi di implementazione significativi. In questo modo, le imprese possono valutare in modo più accurato gli impatti e, quindi, i relativi investimenti”.
In particolare, l’Orsa è un processo altamente pervasivo i cui risultati devono essere integrati nelle decisioni strategiche a partire dal cda, “ma perché questo avvenga – spiega Scribano – è necessario superare alcune aree critiche, quali la gestione della sovrapposizione tra le funzioni attuariato, risk management e finanza, il coinvolgimento del business nell’utilizzo degli indicatori di rischio o l’identificazione delle modalità più appropriate attraverso cui coinvolgere il cda”.

Infine, con riferimento al terzo pilastro, occorre, invece, affrontare il tema della capacità dei sistemi e dei processi aziendali di gestire e produrre numerosi dati in tempi brevi, “nonché la capacità del business – conclude Scribano – di comprendere l’impatto della comunicazione al mercato di tali informazioni”.

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