UNA DOMANDA ANCORA LATENTE

Dati e interesse in crescita non sono sufficienti a far decollare le coperture welfare tra gli italiani che, dal canto loro, dispongono di una "coperta" finanziaria ancora troppo corta con la quale sostengono il presente a scapito di una protezione futura

UNA DOMANDA ANCORA LATENTE
Affrontare il tema della protection è come cercare di risolvere un rompicapo, alla ricerca della mossa decisiva capace di far registrare, dopo anni di positivi auspici, lo sviluppo atteso. 
La relazione di luglio di Ania parla di una ripresa dei rami danni non auto ma il quadro generale non fa pensare a un concreto e diffuso aumento di consapevolezza da parte degli italiani. I dati forniti rispecchiano un settore in trend moderatamente positivo, che sta forse beneficiando della leggera ripresa economica del Paese e di un moderato ottimismo: l’incidenza dei rami danni non auto sul complessivo del comparto danni è aumentata dell’1,5%, arrivando quasi a pareggiare il settore auto (49,4% contro 50,6%). Come quote di mercato, i rami più significativi sono gli infortuni (9,4%), la Rc generale (9,1%) e i danni ai beni (8,6%), ma nel 2016 sono cresciuti, tra gli altri, anche i contratti malattia (+9,6%), assistenza (+6,3%) e tutela legale (+3,8%). Inoltre, nei primi sei mesi del 2017 anche il vita sta recuperando sull’anno precedente.


UN RUOLO SOCIALE CHE VA CONQUISTATO

Sono segnali positivi per la protection ma se anche indicano un interesse crescente dei cittadini rispetto all’utilità di forme di protezione alternative o integrative del welfare, non sono ancora sufficienti a colmare il divario con altri Paesi europei: rispetto al Pil la raccolta premi danni non auto non arriva all’1%, contro il 2,5% della Germania, il 2,4% della Francia e il 2% della Spagna. Ania ha sottolineato la disponibilità a costruire forme di collaborazione tra pubblico e privato finalizzate a coprire le esigenze di protezione delle famiglie, soprattutto nelle aree critiche di previdenza, sanità e calamità naturali. È una cooperazione che va trovata in una forma di mutualità, con la consapevolezza che la disponibilità economica delle famiglie è limitata e non potrà migliorare nel futuro se non si opereranno scelte di politica del lavoro più attente ai giovani. 
Per ora, il settore assicurativo sta aumentando l’interesse e gli investimenti alla ricerca del cliente da proteggere: tecnologia, servizio e flessibilità di prodotto sono le chiavi in mano alle compagnie per ridurre il gap di protezione delle famiglie, senza contare la componente prezzo che, secondo la ricerca Financial services’ global distribution & marketing consumer survey presentata da Accenture, rimane una variabile significativa per il 50% degli intervistati.





DALLA SOCIETÀ UN QUADRO CRITICO PER IL FUTURO

Scelte politiche ed evoluzione demografica sono i trend che determinano i gap di protezione degli italiani. L’invecchiamento della popolazione è una delle principali criticità per il futuro: l’Istat prevede che tra vent’anni la percentuale di popolazione con età superiore ai 64 anni passerà dall’attuale 22% al 31%, corrispondente a 4,8 milioni di persone in più. La conseguenza è una quota di popolazione giovane e attiva in calo e parallelamente un aumento delle risorse da destinare alla spesa sociale, soprattutto previdenziale e sanitaria. Quello della sanità è un ambito in cui pare potenzialmente più efficace una collaborazione con il settore assicurativo per riuscire a sgravare le finanze statali: nel 2016 la spesa sanitaria ha sfiorato i 150 miliardi di euro, incidendo per l’8,9% sul Pil. In un suo studio, Prometeia rileva come la voce dell’assistenza sanitaria a lungo termine sia quella che dovrebbe risentire maggiormente dell’incremento del numero di anziani. La stessa indagine sottolinea che nel 2016 settore pubblico e assicurazioni obbligatorie hanno coperto il 75% della spesa sanitaria, mentre il 25% è stato coperto da assicurazioni volontarie. 

Recentemente, Bnp Paribas ha stimato che la spesa in sanità privata ammonta in Italia a 37 miliardi di euro ed è sostenuta per il 90,9% direttamente dalle famiglie. I dati sopra esposti vanno letti alla luce di un trend confermato anche dal recente rapporto dell’Ocse (Preventing aging inequality), che associa i danni di una popolazione che invecchia a quelli di una crescente diseguaglianza di ricchezza tra le generazioni. In Italia questo si manifesta con un trasferimento di ricchezza all’interno della famiglia, dove gli anziani, pur disponendo di pochi mezzi, risultano essere un supporto economico e organizzativo fondamentale per la generazione successiva, alle prese con rapporti di lavoro poco stabili e scarsamente remunerati che ritardano l’indipendenza dei figli. 


LA NECESSITÀ DI UN’OFFERTA FLESSIBILE

Giovani in cerca di indipendenza, famiglie con figli piccoli, single, famiglie con figli grandi, anziani, malati: il target della protezione è troppo variegato per trovare soddisfazione in un’offerta rigida che non incontra se non degli interessi mediani. E anche all’interno dello stesso gruppo non è detto che le esigenze siano coerenti. Quella della protection è una domanda latente che va stimolata ma è crescente il numero di persone che ricerca informazioni in rete: la già citata ricerca di Accenture conferma che i canali online sono tra le fonti preferite per la ricerca di informazioni su prodotti e servizi assicurativi, con una quota di utilizzatori che è passata dal 54% del 2013 al 68% del 2016. Anche secondo un’indagine Prometeia–Ipsos è aumentata la domanda delle famiglie per servizi di consulenza, con la voce screening dei bisogni assicurativi citata spontaneamente dal 20% degli intervistati. Dal raccogliere notizie sulla rete ad aprire la porta di un’agenzia per chiedere informazioni il passo è però lunghissimo, e la sfida per le compagnie è proprio quella di raccogliere esigenze latenti e convogliarle verso scelte consapevoli di copertura che non siano vissute come una spesa a fondo perduto ma come un concreto strumento di protezione. Comunicazione, tecnologia e dialogo con il cliente, se combinate tra loro in modo costruttivo, possono essere le chiavi per dare alle compagnie il concreto ruolo sociale a cui ambiscono.

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