QUANDO L’OFFERTA È IOT BASED

L’applicazione ai servizi assicurativi delle tecnologie più evolute rappresenta un successo quando il cliente ne riconosce il valore ed è disposto a pagare una fee per poterne usufruire. Secondo Matteo Carbone, fondatore dell’IoT Insurance Observatory, sul mercato globale sono presenti numerosi casi di successo in ambito retail, qualcuno nel vita, mentre nelle commercial lines l’applicazione è ancora a livello sperimentale

QUANDO L’OFFERTA È IOT BASED
👤Autore: Beniamino Musto Review numero: 66 Pagina: 58
Il mondo dell’integrazione di servizi basati sull’Internet of things nell’offerta assicurativa è una delle aree in cui stanno lavorando molti gruppi assicurativi a livello globale. Ma i casi di successo riguardano quei player che il servizio riescono a farselo pagare. “Chi, con questo tipo di tecnologie, è riuscito a far crescere un prodotto con un portafoglio di dimensioni significative e livelli di penetrazione interessanti, ha avuto un approccio molto specifico nell’utilizzo dei servizi, che in primis consente di raccontare ai clienti uno storytelling interessante che giustifica delle fee aggiuntive”. A tracciare un quadro sullo stato dell’arte dei servizi IoT based è Matteo Carbone, fondatore del think tank IoT Insurance Observatory (vedi box). Secondo Carbone, i casi di successo “sono stati capaci di vendere un servizio ai clienti, consentendo di coprire ampiamente i costi della tecnologia”. È il caso, ad esempio, della telematica auto, che rappresenta in Italia la best practice in termini di penetrazione a livello internazionale: “il cliente si trova a comprare un prodotto che offre assistenza stradale assieme a un ampio ventaglio di servizi, e che ha un suo costo annuale che include anche il noleggio della black box”, spiega Carbone.
 


UNA VALUE SHARING CON I CLIENTI

In quest’ottica i dati che una compagnia utilizza per erogare i servizi hanno in molti casi un impatto sugli aspetti tecnico-assicurativi. “Nella telematica auto, ad esempio, i dati sono necessari per offrire un’assistenza proattiva, per dare informazioni sul traffico, o per fornire il ritrovamento dell’auto”. Ma questi stessi dati possono essere usati per gestire meglio i sinistri ed evitare le frodi, per influenzare lo stile di guida del cliente, o per stabilire pricing più granulari. “Se si vendono a un certo cliente alcuni servizi tagliati su misura, automaticamente c’è un’autoselezione di chi accetta questo prodotto”, osserva Carbone, secondo cui “tutti i prodotti che sono riusciti ad affermarsi a livello internazionale con un approccio IoT hanno una significativa componente di value sharing con i clienti”. 



PREMI DINAMICI IN BASE AL COMPORTAMENTO

Nel settore vita il discorso è diverso. “A oggi il mio osservatorio ha mappato 15-20 iniziative nel corso del 2018, e – ammette Carbone – si contano più insuccessi che successi”. C’è comunque qualche best practice che è riuscita a integrare i dati provenienti dai dispositivi wearable, con dati contestuali sul comportamento dei clienti che vengono raccolti con diverse modalità. “Le best practice, come la sudafricana Discovery, sono riuscite a creare dei prodotti vita puro rischio a vita intera dove il premio del cliente cresce di anno in anno a causa dell’età, ma viene corretto a seconda del livello di attività fisica e dei parametri misurati dalla compagnia”. Carbone cita il caso di una compagnia statunitense che è riuscita a portare avanti questo approccio con un focus preciso sul pricing: “l’idea è che il cliente che chiede una quotazione si trovi l’opzione di poter condividere i dati che ha raccolto sulla propria attività fisica”. 

COMMERCIAL LINES ANCORA A LIVELLO SPERIMENTALE

Tornando ai rami danni, molti degli approcci di successo di servizi IoT based del mercato retail possono essere replicati sulle commercial lines. Tuttavia l’applicazione in questo ambito è ancora a livello sperimentale. Carbone osserva un’attenzione molto più forte sull’IoT per le Pmi da parte delle compagnie statunitensi. “Nel mondo americano mi aspetto che dalle sperimentazioni si arrivi a prodotti completi, ma ci vorrà qualche anno prima che si arrivi a portafogli significativi”. Le aree dove si presentano gli esperimenti più interessanti sono quella degli infortuni sul lavoro e quella delle commercial property. “Nel mondo delle Pmi – evidenzia – bisognerà lavorare nella specializzazione dell’offerta per singoli sub-settori: una cosa è parlare di scuole, un’altra di grattacieli residenziali, un’altra di uffici”. Un ulteriore ambito in cui Carbone sta osservando una certa dinamicità riguarda il mondo manufactoring. “Qui il megatrend si chiama Industria 4.0. Un trend tecnologico che non è ancora pienamente maturo. Ma ci sono già alcuni membri del nostro osservatorio che stanno facendo uno scouting delle tecnologie 4.0, e le possibilità di poterle utilizzare in ambito assicurativo sono estremamente rilevanti”. Siamo però ancora solo alla teoria. “È un tema nuovo. In questo contesto la necessità di installazione e personalizzazione delle componenti tecnologiche e di servizio nei locali di un’azienda sarà uno degli aspetti chiave”, afferma Carbone.

IL MONDO DEGLI ECOSISTEMI

Secondo Carbone, uno degli ambiti che i grandi gruppi assicurativi internazionali stanno monitorando con più attenzione è quello degli ecosistemi. “L’IoT – spiega – attualmente rappresenta un’opzione su un prodotto esistente venduto con i canali esistenti di una compagnia, con dei servizi pagati dai clienti. La tecnologia – aggiunge – è un’opzione chiusa fatta dalla compagnia che sceglie la propria black box, il set di sensori, la app, lo specifico wearable”. Ciò consente di poter erogare i servizi che la compagnia ha scelto conoscendo bene la fonte dei dati. Oggi il concetto di ecosistema si estende a cinque ambiti: mobilità, casa, welfare-famiglia, leasure, lavoro, a cui si aggiunge l’ulteriore ambito del saving/asset management. Capire come una compagnia potrà sempre più interagire con gli ecosistemi emergenti è una delle tematiche chiave da affrontare nei prossimi anni: “molto più che immaginarsi quale prodotto assicurativo – conclude Carbone – si tratta di pensare a come vendere ai clienti dei prodotti relativi a offerte che provengono dagli ecosistemi”. 

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